La maxi indagine

domenica 14 Dicembre, 2025

Inchiesta Romeo, la Procura chiede di archiviare l’associazione mafiosa. Ora le accuse si sgonfiano

di

Le posizioni dei principali indagati arrestati un anno fa (tra cui Hager, Signoretti e Fravezzi) si alleggeriscono: l'ultima parola spetta comunque al gip. Rimarrebbero in piedi solo singole ipotesi

Maxi inchiesta «Romeo» sugli intrecci tra affari, politica e appalti. A sei anni quasi esatti dall’apertura del fascicolo che è stato un vero terremoto giudiziario abbattutosi su amministratori, imprenditori e politici di un po’ tutta la regione, la Procura di Trento ha chiesto di archiviare la parte del procedimento con le accuse più gravi. Quella cioè di associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso assieme a una serie di reati-fine, finalizzati cioè al raggiungimento degli scopi. È la stessa pubblica accusa quindi a ridimensionare in modo sostanzioso il quadro indiziario. E ancora prima di arrivare a chiudere le indagini preliminari.

Le accuse sgonfiate
Ad essere stata stralciata, separata cioè dal resto dell’articolato fascicolo con 77 indagati e 107 capi di imputazione, è stata una corposa sezione degli atti, che riguarderebbe appunto diverse fattispecie di reato e decine di indagati, a partire dagli otto che giusto un anno fa — era il 3 dicembre 2023 — erano finiti agli arresti domiciliari su ordinanza di custodia cautelare. Si tratta cioè del commercialista altoatesino Heinz Peter Hager, dell’imprenditore arcense Paolo Signoretti, dell’ex sindaco di Dro ed ex senatore Vittorio Fravezzi, della allora sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi — rimessa in libertà dopo l’interrogatorio di garanzia, a pochi giorni dall’arresto — ancora degli architetti altoatesini Andrea Saccani e Fabio Rossa, della funzionaria del Comune di Bolzano Daniela Eisenstecken e poi del giornalista Lorenzo Barzon. Tutti nel frattempo tornati liberi. Nei confronti del tycoon austriaco René Benko, considerato presunto vertice dell’associazione, non era invece mai stata eseguita la misura, mai estradato (ma l’ex magnate del crac Signa venne portato in carcere in seguito nell’ambito dell’inchiesta della procura anti-corruzione di Vienna). Gli avvocati fin dalle prime istanze avevano contestato l’impianto accusatorio, convinti non vi fosse alcuna associazione a delinquere, tanto meno con metodo mafioso. Sostenendo che avrebbe dovuto esserci quanto meno un programma generale e un collegamento tra gli appartenenti del sodalizio, ma gli indagati non si conoscevano nemmeno tutti tra loro: i fatti contestati relativi all’Alto Adige, a detta dei legali, non si intersecavano nemmeno lontanamente con quelli trentini, di Riva e dintorni.
I difensori erano ricorsi al riesame per far venire meno le misure: allora il Tribunale della Libertà aveva confermato l’associazione riconoscendo però l’aggravante del metodo mafioso solo per i singoli episodi, in relazione ad alcuni reati-fine. E c’erano stati ricorsi fino in Cassazione, anche per ottenere dissequestri di quanto finito sotto sigilli.

I capi da archiviare
Tutto questo ora potrebbe essere archiviato. Per la Procura, nei confronti dei nove per i quali un anno fa erano scattate le misure, va spazzata via l’ipotesi che ci sia stata un’associazione a delinquere allo scopo di mettere in atto una serie di reati, in particolare contro la pubblica amministrazione (reati come corruzione, abuso d’ufficio, omessa denuncia di reato, rivelazione di segreti d’ufficio, falso ideologico di privato in atto pubblico, turbativa di gara, induzione indebita a dare o promettere utilità, ancora traffico di influenze illecite, finanziamento illecito ai partiti e fatture per operazioni inesistenti). Questo, era l’iniziale accusa, per riuscire ad ottenere il rilascio di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici o per arrivare a controllare determinate attività economiche, per conseguire profitti e vantaggi ingiusti per sé o per altri, spaziando tra Trento e Bolzano, passando per Arco, Riva e Rovereto. In più, per quanto riguarda il commercialista altoatesino Hager (difeso dall’avvocato Carlo Bertacchi), sulle prime considerato insieme a Signoretti promotore del sodalizio criminoso capeggiato da Benko, la richiesta è di far cadere anche l’ipotesi di corruzione e di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. Per l’imprenditore Signoretti (avvocato Giovanni Rambaldi) rimarrebbero invece alcune ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione e di natura fiscale. Quanto all’ex senatore Fravezzi (avvocati Alessandro Meregalli e Nicola Degaudenz), quello che si ipotizzava un partecipe all’associazione, rimarrebbe in piedi la sola contestazione di turbata scelta del contraente in merito a un affare con un’impresa. Per Barzon, presunto uomo di fiducia di Hager, cadrebbero tutte le accuse come per l’architetto Rossi, mentre per il collega Saccani resterebbero due contestazioni minori. Alleggerite quindi le posizioni, rimangono in piedi solo singole ipotesi, per le quali potrebbe essere invece chiesto il processo.

Deciderà il gip
La richiesta dei pm Alessandro Clemente e Federica Iovene è stata depositata il 26 novembre scorso: 24 pagine in tutto in cui si chiede appunto di archiviare «per infondatezza delle notizie di reato» e «per assenza di una ragionevole previsione di condanna», nella convinzione, quindi, che le ipotesi non potessero reggere alla prova dell’aula. Già nei mesi precedenti erano state stralciate alcune posizioni minori da parte della stessa Procura. L’ultima parola spetta però al giudice per le indagini preliminari: a lui la decisione di procedere con un decreto di archiviazione, oppure di ordinare ulteriori indagini o di disporre che la Procura formuli l’imputazione.