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domenica 7 Settembre, 2025

In Trentino cresce la fame di laurea: più di un diplomato su due si iscrive all’università

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Schizzerotto, professore emerito di Sociologia all’Università di Trento: «Ancora in molti però non la finiscono. Investire su un ateneo professionalizzante»

Più di un neodiplomato trentino su due – il 54,4% – decide di iscriversi all’università. Un dato in forte crescita rispetto ai decenni scorsi e superiore alla media nazionale del 51,7%. È quanto emerge da un recente report della Fondazione Openpolis sulle disparità sociali nell’accesso all’università. «Ancora molti studenti, però, non finiscono il percorso universitario. Bisogna investire sulle politiche di diritto allo studio, sulle politiche di orientamento e, soprattutto, sull’istruzione terziaria non accademica», sostiene Antonio Schizzerotto, professore emerito di Sociologia all’Università di Trento e ricercatore dell’Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche (Irvapp) della Fondazione Bruno Kessler.

 

In trent’anni i trentini iscritti a un corso universitario sono aumentati del 40%: erano 11,1 mila nel 1993 e sono quasi 15,6 mila nel 2023 (di cui il 61% si è iscritto a un’università fuori provincia). Se in Trentino la quota dei neodiplomati iscritti all’università è del 54%, nel resto del territorio nazionale si va dal 57% delle Regioni del Centro al 47,4% del Sud, passando per il 53,5% del Nord. «In passato il Trentino — spiega Schizzerotto — non era un territorio nel quale le famiglie intendevano investire nell’istruzione dei propri figli, per varie ragioni: sia per il costo diretto, cioè una fetta non banale delle famiglie non poteva permettersi di mandare i figli all’università, sia per il costo indiretto (i figli che andavano all’università non accedevano subito al mercato del lavoro). Adesso la situazione è cambiata perché il mercato del lavoro, soprattutto dopo i pacchetti di deregolamentazione, offre maggiori situazioni di impiego incerte e temporanee, quindi il costo indiretto è diminuito. In generale, comunque, a partire dagli anni Settanta è aumentata la propensione della popolazione a investire nell’istruzione terziaria. La quota non cresce comunque in maniera consistente un po’ perché mancano serie politiche di diritto allo studio, un po’ perché mancano serie politiche di orientamento alle superiori e un po’ perché le imprese trentine sono in larga misura microimprese familiari, che non hanno una gerarchia aziendale».

 

Quanti sono oggi i laureati? Il 34,1% dei giovani trentini fra i 25 e 34 anni ha un titolo universitario: una quota superiore rispetto al Nord-est (32,3%) e alla media nazionale (30,6%), ma ancora inferiore alla media dei Paesi dell’Unione europea (43,1%). «Noi siamo indietro di 20 punti percentuali rispetto alla Germania — sottolinea il professore — Perché? La quota di laureati italiani, e quindi anche del Trentino, non è così diversa da quella della Germania. Ciò che ci manca è la componente di laureati dell’istruzione terziaria non accademica». Si arriva così al nocciolo della questione. «Il Trentino non ha investito abbastanza sull’istruzione terziaria non accademica, cioè quella orientata alla formazione professione di alto o altissimo livello — prosegue Schizzerotto — La stessa cosa è avvenuta a livello nazionale, ma il Trentino ha avuto la colpa di non mettersi al riparo da questa situazione. I rettori pensano di fare lauree professionalizzanti, ma l’accademia deve occuparsi di ricerca di base e avanzata, in tutte le discipline. Per quanto riguarda le esigenze specifiche del mercato del lavoro serve una sorta di ateneo professionalizzante parallelo».

 

In Trentino l’istruzione terziaria non accademica si chiama Alta formazione professionale, o meglio si chiamava così, perché presto sarà sostituita dall’Its Academy. Questo segmento dell’istruzione forma figure professionali con un’alta preparazione in ambiti specifici, in grado di svolgere un’attività professionale con significative competenze tecnico-scientifiche e livelli elevati di responsabilità e autonomia. Stiamo parlando di percorsi che durano due anni, con un monte ore di 2.200 ore, tra attività di lezione, laboratorio e praticantato. «Il Trentino, invece, di accodarsi agli Its nazionali, dovrebbe creare un proprio sistema di istruzione terziaria, un sistema organico, con un proprio ordinamento, una propria cornice giuridica», propone Schizzerotto, che punta il dito anche su altri aspetti.