in aula
sabato 21 Giugno, 2025
In carcere da tre anni ma è innocente: sarà risarcito con oltre 230 mila euro
di Benedetta Centin
Lawrence Saribo nel 2016 era finito nell’inchiesta della squadra mobile di Trento su una tratta di esseri umani

Un risarcimento da oltre 230 mila euro per ingiusta detenzione, per gli oltre 900 giorni (circa due anni e otto mesi) che Lawrence Saribo ha trascorso in carcere, in attesa di riuscire a dimostrare la propria innocenza, arrivata solo sei anni dopo la pesante condanna di primo grado (a 12 anni di reclusione). È un maxi indennizzo quello riconosciuto ieri dalla Corte d’Appello di Trento che ha accolto la domanda di «riparazione per ingiusta detenzione» avanzata al Ministero di Giustizia da parte dell’avvocato Nicola Zilio che assiste il cittadino nigeriano residente in Alto Adige, che nel 2016 era finito nell’inchiesta della squadra mobile di Trento su una tratta di esseri umani. E con lui altri familiari, anche questi con un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Un’indagine, questa, chiusa a settembre dell’anno dopo con l’arresto di quattro cittadini nigeriani, tra cui Saribo appunto, scaturita sulla base della denuncia di una giovane connazionale sbarcata in Sicilia: al centro di accoglienza aveva detto di essere stata reclutata in patria come tante altre con la falsa promessa di un lavoro in Europa, di essere stata sottoposta a riti ju-ju (voodoo), quindi trasferita in Libia per arrivare in Italia. Con l’obbligo del pagamento del viaggio: un debito di migliaia di euro. E con quel vincolo, quello dei riti, che legava le giovani sia fisicamente che psicologicamente. Dietro tutto, per gli inquirenti, un’associazione a delinquere. Accusa che venne però ridimensionata dai giudici in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I due processi
Favoreggiamento di cui era stato ritenuto colpevole in primo grado, nel 2018, Lawrence Saribo, oltre che di riduzione in schiavitù — sempre di donne da sfruttare come prostitute, terrorizzate anche con riti voodoo — e violenza sessuale, nei confronti di una di queste. Al termine del processo con rito abbreviato, che ha concesso lo sconto di un terzo della pena all’operaio, era arrivata la sentenza del giudice per l’udienza preliminare di Trento, a 12 anni di carcere, con in più una prima trance di risarcimento, di 25mila euro, prevista per la donna. Una sentenza — le cui motivazioni erano state depositate quattro anni dopo — che aveva pesato come un macigno per lo straniero di 46 anni. Almeno fino a marzo dell’anno scorso, quando la corte d’Assise d’Appello di Trento lo ha assolto dalle contestazioni che riguardavano fatti per l’accusa avvenuti in Libia prima del 2015. E allora, alla lettura del dispositivo, la tensione dell’operaio si era sciolta in commozione. Lui che fin dall’inizio aveva dichiarato la sua innocenza e voleva gli fosse riconosciuta: per questo, anche dopo essere stato scarcerato, nel 2020, dopo una reclusione durata due anni e otto mesi, era voluto rimanere in Italia, determinato appunto a vedersi riconoscere l’estraneità a quelle infamanti accuse. Un’assoluzione, quella sentenziata in secondo grado, che nel frattempo è passata in giudicato, diventata quindi definitiva.
La richiesta dei danni
La difesa, sollecitando il maxi risarcimento per ciascun giorno passato dietro le sbarre, ha sostenuto davanti alla Corte che al tempo non c’erano i presupposti per tenere in carcere l’immigrato, e ha evidenziato che le dichiarazioni della connazionale persona offesa, che lo avevano fatto arrestare nel 2017, sono in realtà smentite dalle intercettazioni agli atti. Istanze, queste, evidentemente accolte dai giudici d’Appello che hanno appunto condannato il ministero di Giustizia a pagare per l’ingiusta detenzione. «È certamente una soddisfazione per il mio assistito il quale non potrà più riavere i quasi tre anni di libertà che ha perduto ma almeno avrà un risarcimento da parte dello Stato che gli consentirà di ricominciare una nuova vita — il commento dell’avvocato Nicola Zilio — Lawrence Saribo, nonostante la durissima condanna a 12 anni, pendente l’Appello, ha voluto rimanere in Italia proprio per dimostrare la propria innocenza e ristabilire la propria onorabilità». La sentenza depositata ieri non significa però che il 46enne possa incassare a stretto giro gli oltre 230mila euro: l’avvocatura dello Stato, nella persona del procuratore Gabriele Finelli, è invece dell’avviso che vi siano fondati elementi di colpevolezza a carico di Saribo, e ora valuterà se impugnare o meno il dispositivo.
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