Il simposio
martedì 24 Giugno, 2025
Il Nobel per la Medicina William J. Kaelin a Trento: «In alcune parti del mondo la scienza è sotto attacco. Non vogliamo tornare al Medioevo»
di Marco Ranocchiari
Lo studioso, che si è esposto in prima persona firmando un appello con altri 1.900 scienziati contro gli attacchi di Trump alle università statunitensi, ha inaugurato il Simposio della Fondazione Pezcoller

Anche il mondo della lotta contro il cancro è entrato nell’era dell’intelligenza artificiale. Perché la più dirompente delle nuove tecnologie possa fare la differenza anche nell’oncologia, però, la strada è ancora lunga: serve una mole di dati enorme e difficile da ottenere, per una malattia tanto varia quanto lo sono gli individui che colpisce. Ma soprattutto una ricerca libera e aperta: qualità sempre più precarie in un mondo dilaniato da guerre e dove la scienza diventa anch’essa un campo di battaglia.
È in questo clima insieme di speranza e preoccupazione che si è aperto ieri al Dipartimento di Lettere dell’università di Trento il 36esimo Simposio Pezcoller, il seminario internazionale organizzato dall’omonima fondazione che porta a Trento per due giorni il gotha dell’oncologia internazionale. Il tema di quest’anno è «Intelligenza artificiale e big data: studiare il cancro con le nuove tecnologie». Tra i protagonisti, William J. Kaelin, premio Nobel per la medicina nel 2019, docente a Harvard e da tre anni direttore scientifico del Simposio. Lo studioso, che si è esposto in prima persona firmando un appello con altri 1.900 scienziati contro gli attacchi di Trump alle università statunitensi, sin dalla conferenza di apertura ha messo l’attualità al centro. «L’utilizzo dell’informatica e dell’intelligenza artificiale sta diventando sempre più importante e fondamentale per la conoscenza del cancro» ha spiegato, aggiungendo preoccupato che «in alcune parti del mondo la scienza è sotto attacco. Spero che sempre più persone si rendano conto di quello che sta succedendo: siamo davanti ad un periodo difficile ma certamente non vogliamo tornare al Medioevo». Kaelin ha ribadito che l’urgenza della lotta contro le malattie e quella per la libertà della ricerca sono collegate: «Il cancro è una cosa bruttissima, personalmente ho perso la moglie, l’unica strada che possiamo scegliere è approfondire la scienza e le nuove conoscenze. Per farlo dobbiamo continuare a finanziare la scienza e la ricerca, ed attirare i migliori cervelli. La mia speranza – ha aggiunto – è che la gente si ribelli, che ci sostenga, e cerchi di far cambiare la strada ed andare avanti per promuovere sempre di più la scienza».
Raggiunto da Il T, Kaelin ha rimarcato l’importanza del simposio e i suoi benefici per la città: «È come il Festival di Cannes», ha detto sorridendo, «una piccola città che per qualche giorno diventa centro del mondo grazie alla reputazione che si è costruita. Ma si parla di scienza, non di cinema. Scienziati di altissimo livello possono incontrarsi con giovani ricercatori, e il suo successo è una profezia che si autoavvera».
La tragica situazione internazionale si è manifestata in un altro modo tanto concreto quanto inaspettato, con la testimonianza in videoconferenza dell’immunologo israeliano Ido Amit. A causa del nuovo conflitto scatenato da Tel Aviv in Medio Oriente, lo studioso ha dovuto annullare il suo viaggio. Precauzioni che nulla hanno potuto per mettere al sicuro il suo lavoro: i suoi laboratori al Weizmann Institute sono stati colpiti da un missile iraniano lo scorso 15 giugno con danni gravissimi per le attrezzature ed esperimenti in corso, che ha mostrato in diretta al pubblico.
Nonostante la situazione difficile, sono i numeri a sancire la riuscita dell’evento: 195 partecipanti, molti dei quali giovani scienziati, hanno avuto modo di confrontarsi con 16 relatori e 7 moderatori internazionali su temi come la biologia computazionale, la diagnostica digitale e la sperimentazione clinica guidata dai dati. Per realizzare le promesse delle nuove tecnologie, però, il cammino non è breve. «Il problema è raccogliere abbastanza dati da ogni singolo paziente per identificare la malattia nella sua forma specifica e trovare la terapia giusta per quella persona, in quel momento», ha spiegato a Il T il presidente della Fondazione Pezcoller, Enzo Galligioni. «La medicina di precisione – ha continuato – è come un vestito su misura: serve sapere con esattezza taglia, forma, e materiale. L’intelligenza artificiale ci aiuta a fare proprio questo, ma i dati sono difficili da ottenere durante il decorso della malattia e vanno interpretati con grande rigore. Solo così si possono individuare quei “talloni d’Achille” che rendono efficace un farmaco per un gruppo ristretto di pazienti».
«In questo momento di incertezza – ha commentato Chiara Ambrogio dell’Università di Torino, tornando all’attualità – è la scienza a essere una certezza, Ma dobbiamo essere concreti per tramandare ciò che facciamo alle nuove generazioni e ai nuovi scienziati. È nostro dovere morale dimostrare che la scienza è un lavoro, serio e concreto, e i risultati arrivano da un lavoro di collaborazioni internazionali».
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