Cold case

lunedì 23 Giugno, 2025

Il giallo della val di Non riaperto dopo anni: le risposte arriveranno dall’autopsia

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Artur Karaboja era stato trovato morto in casa a Cavareno 9 anni fa. I familiari non credono al suicidio: il caso a Chi l'ha visto

Una serie di testimonianze raccolte, per ricostruire gli ultimi giorni e ore di vita di Artur Karaboja, uno scrupoloso sopralluogo effettuato dai carabinieri del nucleo investigativo di Trento nella sua casa, a Cavareno, Alta Val di Non, in particolare nella mansarda dove il 31 luglio del 2016 l’artigiano e padre di famiglia, allora di 41 anni, era stato trovato morto. Ma anche l’autopsia già eseguita – quella che non era stata eseguita all’epoca – su quello che è rimasto della salma, riesumata. Con tanto di esami tossicologici, per verificare in che stato fosse Karaboja quel dannato giorno, per fugare ogni eventuale sospetto su possibili responsabilità di terzi.

 

Il pubblico ministero di Trento, Giorgio Bocciarelli, che a marzo, a distanza di quasi nove anni, aveva riaperto le indagini sulla morte del falegname, con un’inchiesta a carico di ignoti per omicidio volontario, non vuole lasciare nulla di intentato. Il magistrato sta lavorando su più fronti, delegando tutti i possibili accertamenti, pur di riuscire a risolvere un caso che al tempo era stato archiviato come suicidio. Quello che però per la famiglia non era, tanto che fin da subito aveva sollecitato un esame sul corpo che però l’autorità giudiziaria allora non aveva disposto. «Vogliamo verità e giustizia, mio fratello non si è suicidato, si deve scavare ancora, si deve procedere con l’autopsia» aveva sempre ribadito la sorella Hajrije, Elvira per i più, che nel 2017 aveva raccontato tutti i suoi dubbi e perplessità anche davanti alle telecamere della trasmissione Rai «Chi l’ha visto?» con i parenti. Ci è tornata anche nei giorni scorsi, raccontando il «calvario» vissuto. Asserendo: «Cerco la verità sulla morte di mio fratello». Il fatto che sia stato trovato appeso a una trave dall’allora compagna da cui si stava separando, per i familiari non significa per forza che sia stato un gesto estremo. A maggior ragione perché la mattina della tragedia il falegname era stato in paese, al bar, a comprare le sigarette, e a detta di un amico era apparso «normale come tutti i giorni, normalissimo». Niente, insomma, che facesse presagire il drammatico ritrovamento nel sottotetto, qualche ora più tardi, da parte della compagna che lo aveva sentito agitato al telefono.

 

«Mi aspetto luce, verità, giustizia e pace» ha dichiarato ora alla Rai la sorella che non ha mai smesso di battagliare per far emergere la verità, convinta che non si fosse indagato abbastanza, che quella morte avesse altre spiegazioni. Lei ha insistito negli anni, presentando esposti in Procura, denunciando i fatti in tv, chiedendo la riapertura del caso, delegando avvocati che si erano poi opposti alle due prime richieste di archiviazione del pm. Ancora, assumendo un detective privato, e nel 2023, delegando consulenze a un medico legale, il professor Luigi Papi dell’Università di Pisa, e alla criminologa Cristina Brondoni. Tutto per far riaprire il cold case, il caso irrisolto. E per battagliare poi un’ulteriore volta in aula, per scongiurare che il fascicolo finisse di nuovo sotto una pila di faldoni.

 

«Quello che lamenta la famiglia è la mancanza di protocolli che c’è stata nell’accertare la morte del loro caro, le modalità con cui è stata definita come suicidio. Il ritardo, il tempo passato, penalizza sempre l’accertamento della verità» ha dichiarato a «Chi l’ha visto?» l’avvocata di Hajrije Karoboja, la livornese specializzata in criminologia Silvia Mesturini.
Proprio i nuovi elementi investigativi forniti dalla legale e le consulenze di parte avrebbero convinto il giudice Marco Tamburrino a non mandare in archivio il fascicolo (rimasto sempre a modello 45, e cioè nel registro degli atti non costituenti notizia di reato). Giudice che quindi ha restituito gli atti al pm per nuove indagini. Accertamenti scrupolosi che sono in corso. E a breve dovrebbe essere depositata la relazione sull’autopsia da parte del medico legale Nicola Pagaiani dell’Università di Verona. E dalla scienza si aspettano risposte certe.