L'intervista

giovedì 25 Aprile, 2024

Il 25 aprile e la politica, Ianeselli incalza il governatore: «Fugatti si dichiara antifascista ma i suoi alleati non sono d’accordo»

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Il sindaco sulla festa della liberazione: «Data divisiva? Si rileggano Beppe Fenoglio»

Di essere antifascista, il sindaco di Trento Franco Ianeselli non ha nessun problema a dichiararlo: «Che però ci sia ancora qualcuno che fa fatica a dirsi tale, anche tra le massime istituzioni nazionali e provinciali, è inquietante. Perché è antifascista la nostra Costituzione, sulla quale gli amministratori pubblici sono chiamati a giurare fedeltà».

Spieghi che cos’è per lei l’antifascismo.
«L’antifascismo è la dignità di Giacomo Matteotti, di cui ricorre quest’anno il centesimo anno dalla morte, che anche a Trento celebreremo con la deposizione di fiori il 10 giugno nella via che in città porta il suo nome. Lui aveva capito, aveva denunciato. Non solo il fascismo, ma anche quelli, tra cui pure liberali, che guardavano a Mussolini come l’uomo forte che avrebbe portato ordine. Matteotti aveva capito che si sarebbe aperta la più brutta pagina della storia italiana, fatta di violenza e sopraffazione della libertà. È grazie a persone come lui, e ai partigiani che vent’anni dopo salirono sui monti, che l’Italia ha poi potuto vincere e risorgere».

Sa però che c’è chi dice che contro il nazifascismo abbiamo vinto solo grazie agli Alleati anglo-americani?
«Ma non sarebbe bastato vincere. Per quella dignità di cui parlavo prima, dignità che all’Italia è stata garantita dalla guerra partigiana, fatta da comunisti, cattolici, socialisti, azionisti. Un movimento di massa che per amore di patria ha salvato il futuro del Paese».

E cosa dice a chi afferma che la Resistenza è cosa di sinistra? Che il 25 aprile è divisivo?
«Si rileggano Beppe Fenoglio. Partigiano “azzurro”, autonomo, non certo comunista. Ma che sulla sua lapide, sull’epitaffio, ha voluto scolpita una sola parola: partigiano».

Ad ogni 25 aprile, però, la stessa polemica tra fascisti e antifascisti, tra data che unisce o che divide. Quest’anno alle solite polemiche si è aggiunta quella del monologo di Antonio Scurati, che la Rai non ha voluto fosse pronunciato. Si è trattato di censura?
«Beh, se non è censura è comunque qualcosa di inquietante. Con un misto di stupidità da parte dei vertici della Rai. Le indignazioni che ne sono seguite credo siano più che giuste. Ma, al di là della polemica, ho avuto modo di leggere l’ultimo libro di Scurati (Fascismo e populismo. Mussolini oggi, Bompiani, 2023) e ne condivido la tesi».

Quale?
«La questione non è il ritorno del fascismo inteso come metodo violento volto alla presa del potere a all’instaurazione di una dittatura che prevede la negazione di diritti e libertà. La questione è che la democrazia, conquistata con l’abbattimento di quel regime, viene data per scontata anche perché viene meno il ricordo di quegli anni. Ecco perché ha senso celebrare ogni anno la Liberazione».

Torniamo alle divisioni. Cosa pensa degli esponenti delle istituzioni che proprio non riescono a dirsi antifascisti?
«È terribile. E sono convinto che non ce la fanno non per chissà quali convinzioni politiche, ma perché non possono permetterselo».

In che senso?
«Devono lisciare il pelo a una parte del loro elettorato, che evidentemente esprime ancora valori di stampo fascista. Insomma, ci sono militanti e votanti dei partiti di cui fanno parte questi esponenti politici recalcitranti a dirsi antifascisti, che questa parola non la vogliono sentire».

La vicepresidente della Provincia Francesca Gerosa dice che l’antifascismo è anacronistico perché oggi il fascismo non c’è più.
«Secondo questo ragionamento non dovremmo nemmeno ricordare i tanti infoibati nel Giorno del Ricordo. Ma mi sembra che in quell’occasione gli esponenti di Fratelli d’Italia sono sempre in prima fila. Io rappresento le istituzioni in quanto sindaco e partecipo alla Giornata del Ricordo che commemora le Foibe, alla Giornata della Memoria che celebra il ricordo dell’Olocausto. E sono in piazza ad ogni 25 aprile, così come al 2 giugno, festa della Repubblica, che se non ci fosse stata la Resistenza nemmeno ci sarebbe».

Il presidente della Provincia Maurizio Fugatti però non teme di dirsi antifascista, e come lui anche altri. Partendo dalla considerazione che un autonomista non può che essere antifascista. Condivide?
«Certo, perché tra le tante malefatte del fascismo c’è stata anche la negazione dell’autonomia, dell’autogoverno. Ed è vero che chi si dice autonomista non può che dirsi antifascista. Ma la notizia non è che Fugatti si dice antifascista, è che nella sua parte politica c’è chi non lo dice. E non è cosa da poco, non basta derubricare queste persone come macchiette. La questione è seria e Fugatti dovrebbe porla alla sua coalizione».