L'intervista

sabato 19 Luglio, 2025

I Punkreas a Massimeno: «Decreto sicurezza, clero, guerre, Trump: ciò che denunciavamo 30 anni fa vale oggi»

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La band è attesa a Rock in Cava. Gabriele Mantegazza (Paletta): «Alla fine i temi sono quelli di cui cantavamo anche allora in Paranoia e Potere»

Era il 1995 quando i Punkreas facevano uscire Paranoia e Potere, il loro secondo album (il terzo se si conta il demo Isterico) e il disco che li portò a entrare nei cuori e nelle orecchie di molti italiani. Vi erano contenuti brani come «La Canzone del Bosco», «Aca Toro» o «Venduto», diventati poi dei classici della band. E per la scena (anche se ai membri del gruppo non piace questo termine) underground fu una piccola rivoluzione, non si sentiva qualcosa di tanto potente in Italia dai tempi degli Skiantos. Tanto che da lì presero le mosse band come i Ministri, i Tre Allegri Ragazzi Morti, ma anche anche nomi più mainstream come i Finley. Tutti nomi che hanno partecipato all’uscita della versione revisited di Paranoia e Potere, pubblicata quest’anno per festeggiare i 30 anni del disco. E per festeggiare la ricorrenza la band composta da Cippa (voce), Noyse (chitarra), Endriù (chitarra), Paletta (basso) e Gagno (batteria) ha organizzato un tour estivo che farà tappa stasera a Massimeno (a due passi da Pinzolo), per il Rock in Cava. Ad anticipare l’appuntamento è il bassista Gabriele Mantegazza, in arte Paletta.
Paletta, ma com’è che i Punkreas sono sbarcati proprio a Massimeno?
«Negli ultimi anni abbiamo girato molto nella zona del Trentino, tra Trento, Rovereto e dintorni. Qui abbiamo trovato una realtà molto attenta alla musica dal vivo, quella bella e fatta bene. Il Rock in Cava ci è sembrato il posto giusto per noi ed eccoci qui».
E qual è il menù di stasera?
«Il tour nasce per festeggiare i 30 di Paranoia e Potere, un album che è rimasto un po’ una pietra miliare del genere e per noi è stato il grimaldello per riuscire a sfondare e andare dove fino a quel disco non si riusciva. La prima parte di scaletta sarà dedicata a quell’album, proprio nell’ordine del disco. La seconda, invece, includerà tutti gli altri successi che abbiamo scritto negli anni».
Restiamo un attimo sui 30 anni di Paranoia e Potere, che eredità ha lasciato quel disco?
«A me ha lasciato un po’ di amaro in bocca, sono cambiati un paio di nomi al potere, ma non è cambiato nulla di fatto. Ci ritroviamo col decreto sicurezza, col clero che sta facendo quel che sta facendo, con le guerre, Trump e tutto il resto. Alla fine i temi sono quelli di cui cantavamo anche allora. A livello personale noi sempre stati una band che ha sempre scritto le cose che gli arrivavano in modo diretto e ci portiamo nel cuore il fatto che siano arrivate anche alla gente».
Quest’anno avete pubblicato anche una versione rivisitata con molte collaborazioni, ce n’è qualcuna che lei ritiene più significativa?
«Abbiamo pensato fosse bello fare reinterpretare i nostri pezzi dagli amici con cui ci incrociamo sul palco da una vita, tutti hanno aderito alla stragrande e, anzi, ce ne sono un po’ che non siamo riusciti a coinvolgere. Magari lo si potrebbe rifare in futuro, chissà. Non c’è una collaborazione più significativa delle altre, ma è stato bellissimo vedere la copertina disegnata da Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, con questo Guernica in salsa Punkreas. Poi anche la loro versione della Canzone del bosco è una figata
E come vede lo stato del punk italiano tra le nuove generazioni?
«C’è in giro molto fermento, i Circus Punk per citare una band, spaccano alla grande. Il problema non è la mancanza di talento ma di spazi. Quando suonavamo noi nei centri sociali spesso il pubblico non conosceva nemmeno chi suonava e ci si faceva strada di concerto in concerto, oggi invece ci sono sempre spazi dove suonare. E se non hai modo di farti sentire è difficile emergere. Anche noi non riusciamo a scendere sotto Roma e dintorni. Per questo piccole realtà come Massimeno o Pinerolo vanno sostenute».
Ma chi è che la ha fatta innamorare del basso?
«Due persone, il primo è mio maestro Alberto Bollati, che aveva una band che si chiamava Ultratanfo e le zaffate. Il secondo é Carlo Ubaldo Rossi che è stato anche il fonico di Caparezza ed è venuto a mancare per un incidente nel 2015. Aveva un bellissimo studio in collina dove abbiamo registrato anche Pelle, che credo rappresenti la seconda vita dei Punkreas».
Il suo riff preferito?
«The trooper degli Iron Maiden, ho sempre amato Steve Harris e quando parte il basso in quel pezzo ti tira uno schiaffo incredibile».
Dagli Iron Maiden ai Black Sabbath, ha qualche pensiero sul concerto di addio di Ozzy Osbourne?
«È un addio forzato, purtroppo, ma lui è stato un fenomeno incredibile. E poi non c’è niente da fare, tutto quello che si sente oggi nel Metal, ma anche gli Iron Maiden, gli Aerosmith, i Wasp, non c’è niente che non sia nato dai Black Sabbath».