La storia

mercoledì 20 Agosto, 2025

Giusy Poma, siciliana d’origine, è da trent’anni postina in Alta Val Rendena: «Io lavoro dove gli altri vanno in ferie»

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A venticinque anni vinse un concorso che la portò al cospetto delle vette del Brenta, delle quali si è innamorata: «Qui ho trovato marito e sono diventata un punto di riferimento per comunità e volontariato»

Trent’anni da portalettere tra paesi, frazioni e masi isolati della Rendena. Giusy Poma è arrivata a metà anni Novanta dalla sua Sicilia, per la precisione Valderice in provincia di Trapani.

Dalla Sicilia con passione
Frequentava l’università di Palermo, facoltà di psicologia, Giusy, quando ricevette la chiamata da Poste Italiane. Destinazione: Trentino. Dove arrivò nel 1995 pensando magari di fare un’esperienza lavorativa temporanea, diversa, originale. « Ma poi sono rimasta incantata dal territorio, dalle persone, il lavoro a contatto con la gente, consegnare lettere e corrispondenza mi piaceva molto e decisi che quella che era iniziata come un’ avventura poteva essere la mia nuova realtà». Giusy, pur lontana da casa, entrò subito nelle maglie della comunità, favorita anche dalla sua vocazione ad aiutare il prossimo e impegnarsi per il territorio che l’ha accolta.

Nuove radici in Trentino
Ha sposato un trentino, ha lavorato con sempre maggiore passione e dedicandosi al volontariato nelle file della Croce Rossa. «Il ruolo di postina mi ha permesso di integrarmi velocemente, tutti mi conoscevano e riconoscevano subito, e il fatto che lavorassi per l’ufficio postale è stata una garanzia di affidabilità quando ha dovuto cercare un alloggio». Al lavoro, come detto, seguì poco dopo l’amore: «Incontrai mio marito, un Trentino doc di Caderzone Terme, paese in cui attualmente vivo, e con il quale abbiamo avuto due figlie» racconta ancora Giusy Poma.

Il lavoro che cambia
In questi anni la postina arrivata dalla Sicilia ha lavorato in Bassa e Alta Val Rendena, ma anche ad Andalo, Fai della Paganella e Spormaggiore: oggi Pinzolo e Campiglio. In questi 30 anni il lavoro è cambiato parecchio. «Le lettere hanno cominciato a diminuire, a prendere il loro posto sono arrivati i pacchi. All’inizio pochi, poi sempre di più, fino a diventare parte centrale del mio giro quotidiano», spiega.

Un ruolo per la comunità
Anche il rapporto con le persone si è trasformato: «C’è meno tempo per le chiacchiere, ma la riconoscenza c’è sempre e il portalettere rimane un punto di riferimento per la comunità. Mi salutano tutti, due parole si scambiano con chiunque. Mi cercano, mi fermano, mi raccontano la loro vita» racconta. Giusy oggi ha 55 anni e mentre la si vede sfrecciare come una ragazzina tra le vie di Madonna di Campiglio, si può sentire il gestore della pensione che la chiama per offrirle un caffè o la titolare della pasticceria del posto che le dice: «Quando hai finito il giro passa da me che ti ho preparato una torta». Ci confida che in Rendena, già nell’ormai lontano 1995, si è sentita subito a casa, tutti l’hanno accolta come se fosse una di famiglia. «Pensavo di essere una “foresta” ma grazie al mio lavoro che amo tanto mi hanno ben presto detto “tu ormai sei una Cadarciùn” (una di Caderzone, ndr)» racconta con il sorriso Giusy, orgogliosa del suo lavoro, di essere al servizio della comunità e di quanto costruito in questi trent’anni in termini di servizio ai cittadini e di relazioni con il territorio. A Campiglio e in Alta Rendena tutti la conoscono e la chiamano per nome, non solo perché è la postina del paese, ma perché negli anni è diventata un punto di riferimento. C’è chi le scrive un messaggio per sapere se è arrivata la tanto attesa patente, chi mentre passa in macchina si ferma e le chiede al volo se c’è posta per lui e chi l’aspetta per ricevere un pacco: «Le persone ti aspettano e si fidano di te». E lei conosce loro: «Da Pinzolo fino ai masi più isolati sopra Madonna di Campiglio, ogni fermata per me ha un volto, un nome, un’abitudine: so quando i miei utenti ci sono e quando no. Ad esempio – racconta – quelli del maso sopra quel monte lì, la mattina portano sempre le mucche al pascolo. Se arrivo e non li trovo, so che devo passare più tardi». «E poi – aggiunge – questo lavoro mi ha permesso di conciliare l’impegno con la famiglia, e non è poco. Qui l’aria sa di bosco e io lavoro dove gli altri vengono solo in vacanza: credo sia una grande fortuna».