L'album dei ricordi

sabato 30 Settembre, 2023

Giuliano Battocletti: «Il Giro al Sass è duro, sembra una campestre Crippa? Non potrà molto»

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Vinse nel 1998, con 17 maglie azzurre e 6 titoli nazionali divisi tra pista, strada e cross
Giuliano Battocletti con la figlia Nadia Battocletti (Foto di Giancarlo Colombo)

L’albo d’oro del Giro al Sas è una sfilata dei grandi dell’atletica mondiale, dall’olimpionico di Atene 2004 Stefano Baldini (tre volte vincitore a Trento nel 2002, 2004 e 2006) a veri e propri miti degli altipiani africani come Paul Tergat, Kenenisa Bekele, Muktar Edris e Jacob Kiplimo. Ma a sfogliare l’album dei ricordi non puoi non soffermarti al 1998, quando a vincere fu l’eroe di casa, Giuliano Battocletti, trentino di Cles, uno con 17 maglie azzurre e 6 titoli nazionali divisi tra pista (10.000 m, 2005), strada (entrambi sulla mezza maratona: 2002 e 2007) e cross (2003, 2004 e 2007), nonché padre e allenatore di Nadia, stella del mezzofondo italiano: «Era l’addio di Francesco Panetta all’atletica, ma io dovevo pensare alla mia corsa e a vincere in casa. Ero in forma, quella vittoria rimane uno dei giorni più belli della mia carriera – sottolinea Giuliano Battocletti -. Il Giro al Sas è la corsa che mi ha dato di più, c’era un tifo da stadio a spingermi. Non è un campionato del mondo, ma vincere davanti alla tua gente che ti incita è qualcosa che ti rimane tutta la vita. Abitavo in Val di Non, ma dopo quel giorno a Trento la gente mi fermava per strada».

Battocletti, che corsa è il Giro al Sas?
«Detto che il rispetto a quando la facevo io il percorso del circuito si corre al contrario, è una corsa dura. Assomiglia a una campestre, tratti pianeggianti in pratica non ce ne sono e correre sui ciottoli è molto probante da punto di vista muscolare. In più, dieci giri del circuito sui sampietrini finiscono inevitabilmente per farsi sentire. È una classica che fa storia, e devi essere pronto».

È da anni terreno di caccia degli atleti africani, c’è qualcuno secondo lei che possa spezzarne il predominio?
«Nessuno. Sarà ancora un discorso tra gli etiopi e keniani. Il dominio degli africani è iniziato ai miei tempi; prima, c’era più spazio per gli atleti europei».

Yeman Crippa? 
«Mah… se lui stesso dice di essere al 50% della condizione non credo potrà fare molto, perché con una concorrenza del genere anche fosse al 100% farebbe fatica. Per poter pensare a un podio, loro dovrebbero essere al 50% e lui almeno al 90%. Chiaro che sarebbe molto bello vedere vincere un italiano, ma bisogna essere realisti. Non vedo come possano esserci chance».

Pare stia optando per la maratona la prossima stagione. Lei che ne pensa?
«Yeman è forte. Da esterno, perché lo conosco poco, dico che se uno decide di dedicarsi alla maratona, deve dimenticarsi la pista. Tutto dipende quindi da cosa vuol fare. Sì, forse è venuto il momento di dedicarsi alla maratona, ma bisogna vedere quali sono le sue motivazioni, e queste le conosce solo lui. Deve crederci».

Veniamo a sua figlia Nadia: che voto si sente di dare alla sua stagione?
«Un bel 9. L’unico neo è stata la finale dei 5000 metri ai mondiali di Budapest, dove ha pagato lo sforzo in qualificazione. Ci può stare. Io credo lei possa abbassare il suo limite (record italiano quest’anno a Londra col tempo di 14’41”30, ndr) e correre in 14’10” o 14’15”».

A Pescara ha appena battuto il record italiano nei 10 km su strada che durava da undici anni…
«È vero, ma non ha fatto nulla di eccezionale, può fare molto meglio, mi creda; al top vale un minuto e mezzo in meno. La vera Nadia la vedremo il prossimo anno; sta finendo l’università (si è trasferita a Trento per frequentare il corso di laurea in ingegneria edile e architettura, ndr) e avrà più tempo di dedicarsi all’atletica».

Obiettivi per la prossima stagione?
«Il 2024 prevede due grandi appuntamenti: i campionati europei in Italia a Roma, dove correrà i 1500 metri e le olimpiadi di Parigi dove invece oltre ai 1500 la vedremo ovviamente anche nei 5000 metri (è detentrice del record italiano e ai giochi di Tokyo del 2021 concluse al settimo posto, seconda azzurra di sempre con un tempo che in Italia mancava dal 1997, ndr). Nadia è giovane e può fare esperienza per crescere ancora molto».