Il protagonista

domenica 19 Marzo, 2023

Fondriest e la sua Milano-Sanremo: «Vinsi mentre nasceva mia figlia. Mi sentivo il più forte»

di

Il ciclista trentino si racconta e ricorda quel giorno indimenticabile in cui alla gioia di essere diventato papà si unì quella della vittoria nella classicissima

Nel giorno della «Milano-Sanremo» numero 116 (vinta da Van der Poel), cadono i 30 anni del successo di Maurizio Fondriest. L’ex campione noneso vinse l’edizione di questa gara, conosciuta come la Classica di Primavera o la Classicissima, il 18 marzo del 1993. Anche allora era un sabato. Fu il secondo trentino a vincere quella gara dopo il trionfo di Francesco Moser nel 1984.
Una vittoria, ovviamente, non si dimentica ma quella vittoria è praticamente impossibile anche solo che si possa sbiadire nella mente di Fondriest perché alle sette di quel sabato mattina, di fatto sulla linea di partenza dal capoluogo lombardo, venne raggiunto dalla notizia che pochi istanti prima era venuta al mondo la sua primogenita.
«Una notizia che mi scaricò di qualsiasi tensione poteva esserci. Una novità assoluta nella mia vita che mi sollevò di ogni stanchezza, fisica e mentale, e che mi fece sentire il più forte di tutti. In quel momento. Una sensazione che non ho mai più provato nella mia vita e chi mi lanciò dritto verso la vittoria».
Vittoria, appunto, così come avete poi chiamato vostra figlia: Maria Vittoria. In onore a quel traguardo o cos’altro?
«Fu solo un caso (ride). Il nome lo avevamo già scelto in precedenza. E dire che ero certo che sarei stato accanto a mia moglie al momento della nascita perché il termine era dato per il giorno dopo. Invece ha anticipato tutti e tutto. Anche il nome era già anticipato. Sono stati i vostri colleghi giornalisti a ricamarci sopra poi (ride ancora)».
Che gara è la «Milano-Sanremo»? Com’è cambiata negli anni?
«Il percorso non è mai cambiato, se non in alcuni casi particolari. Dal punto di vista altimetrico è la classica meno impegnativa in termini di dislivello. Caratterizzata da molta pianura ma è lunghissima, sono quasi 800 km. Sono cambiate le condizioni fisiche del tracciato: negli anni di Fausto Coppi e di Gino Bartali le strade erano sterrate. Le difficoltà maggiori potevano nascere da lì. Per il resto La “Cipressa” e il “Poggio” nel finale hanno sempre fatto e fanno anche oggi la scrematura decisiva. Dopo il “Poggio” si rimaneva sempre in pochi corridori, trenta o al massimo in quaranta e lì si decideva il podio».
Che ricordo ha di quella vittoria, 30 anni fa?
«Andavo a mille. Avevo alle spalle una squadra fortissima (la Lampre ndr) che spingeva e che mi spingeva. La strategia era arrivare alla “Cipressa” nelle prime posizioni e infatti riuscii ad arrivare alla salita in terza posizione. Questo mi fece gioco e mi permise di chiudere in volata senza problemi sul traguardo di Sanremo».
Quest’anno, invece, secondo lei come andrà a finire?
«Dipende molto da come le squadre sono organizzate. Di pretendenti al titolo credo ce ne siano diversi ma se devo ripetermi in una scommessa fatta con un amico qualche giorno fa ipotizzo una sfida a tre fra Mads Pedersen (Trek-Segafredo), Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck) e Arnaud De Lie (Lotto Dstny). Non sono i favoritissimi, magari, ma se si arriva in volata questi potrebbero esserci».
E per i trentini in corsa come Daniel Oss e Matteo Trentin lei vede possibilità di podio?
«Uhm… direi di no. A meno che non succedano delle cose imprevedibili loro verranno schierati a fare da gregari. Daniel lavorerà per Peter Sagan, immagino, mentre Matteo sarà a rinforzo della gara di Tadej Pogačar».
Trent’anni dopo quel trionfo Maurizio Fondriest che fa nella vita?
«Oggi sono brand Ambassadors (testimonial ndr) per alcune aziende e sono procuratore di diversi corridori. In totale ne seguo 25 di cui 10 professionisti».
Segue anche le sorti di ciclisti trentini?
«Si: Nicola Conci, i fratelli Marco ed Elia Andreaus, Thomas Capra, Christian Piffer e Riccardo Lucca».
E per tornare, invece, a quel 1993 immaginiamo che sua figlia Maria Vittoria glielo ricorderà ogni istante.
«Indubbiamente. Festeggiamo il suo compleanno e chiaramente quel giorno viene sempre alla mente e se ne parla. Ne parlo con lei che oggi vive a Monaco e lavora per una multinazionale americana ma ne parlo molto anche alla seconda mia figlia, Carlotta».
Perché ne parla con lei?
«Perché è quella che mi somiglia di più. È la più sportiva nel vero senso della parola: è fisioterapista e corre in bici per un team della Toscana. Con lei parliamo di gare ma anche di allenamenti, di preparazione. Il fatto che lei pratichi uno sport, a certi livelli, l’aiuta poi moltissimo anche nella professione».
Poi c’è il terzo figlio, Lorenzo…
«Si anche lui uno sportivo ma più a tutto tondo. Sta per compiere 18 anni ma ha già gareggiato da agonista sugli sci ed ora si allena, in un college americano, nel salto, nel salto triplo e nel salto con l’asta».