Mondo
venerdì 10 Ottobre, 2025
È Maria Corina Machado il premio Nobel per la pace. Trump non poteva vincerlo: ecco perché
di Redazione
L'attivista è la fondatrice del movimento Vente Venezuela, tra i volti più noti dell'opposizione democratica nel paese sudamericano

È Maria Corina Machado, attivista venezuelana di 58 anni, il premio Nobel per la pace 2025. L’annuncio della Commissione di Oslo poche ore fa.
Politica e ingegnera María Corina Machado è stata deputata dell’Assemblea Nazionale dal 2011 al 2014. Fondatrice del movimento Vente Venezuela e cofondatrice dell’associazione Súmate, è tra i volti più noti dell’opposizione democratica. Nel 2011 ottenne il record di voti nella storia parlamentare venezuelana. Espulsa dal Parlamento nel 2014 dopo aver rappresentato Panama all’OEA, ha continuato la sua attività politica nonostante l’inabilitazione per 15 anni nel 2023.
Le motivazioni
Il premio Nobel per la pace 2025 va a «una coraggiosa e impegnata paladina della pace: a una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente». È quanto si legge nella motivazione del riconoscimento assegnato alla venezuelana Maria Corina Machado. Un premio conferito «per il suo instancabile lavoro di promozione dei diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia». «In qualità di leader del movimento democratico in Venezuela, Maria Corina Machado è uno degli esempi più straordinari di coraggio civile in America Latina degli ultimi tempi», sottolinea il Comitato Nobel. Machado «è stata una figura chiave e unificante in un’opposizione politica un tempo profondamente divisa, un’opposizione che ha trovato un terreno comune nella richiesta di libere elezioni e di un governo rappresentativo. Questo è esattamente ciò che sta al cuore della democrazia: la nostra comune volontà di difendere i principi del governo popolare, anche se non siamo d’accordo. In un momento in cui la democrazia è minacciata, è più importante che mai difendere questo terreno comune», si legge.
Machado «soddisfa tutti e tre i criteri stabiliti nel testamento di Alfred Nobel per la selezione di un vincitore del Premio Nobel per la pace. Ha unito l’opposizione del suo Paese. Non ha mai vacillato nel resistere alla militarizzazione della società venezuelana. È stata ferma nel suo sostegno a una transizione pacifica verso la democrazia”, sottolinea il Comitato. “Ha dimostrato che gli strumenti della democrazia sono anche gli strumenti della pace. Incarna la speranza di un futuro diverso, in cui i diritti fondamentali dei cittadini siano tutelati e le loro voci siano ascoltate. In questo futuro, le persone saranno finalmente libere di vivere in pace».
L’ipotesi Trump
Per molti giorni si era parlato dell’ipotesi che il premio potesse andare al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla scia di quello assegnato a Obama nel 2009
Anche nelle ultime ore, Trump ha rivendicato un ruolo decisivo nella tregua raggiunta a Gaza, presentandosi come artefice di un fragile ma significativo passo verso la pace in Medio Oriente.
E l’appoggio della Russia non è mancato: Mosca ha espresso apertamente il proprio sostegno alla sua candidatura, alimentando le speranze dei suoi sostenitori che, negli ultimi due giorni, hanno riempito i social di attesa con messaggi di ringraziamento al «presidente della pace»
A smorzare gli entusiasmi, già alla vigilia dell’annuncio, è stato però il direttore dell’Istituto Nobel e segretario della Commissione del premio, Kristian Berg Harpviken, che in un’intervista a Repubblica ha chiarito che non sono previste sorprese dell’ultima ora. «Abbiamo avuto il nostro ultimo incontro lunedì 6 ottobre e non ce ne saranno altri», ha spiegato, ribadendo la rigidità del processo di selezione.
Ma regolamento del Nobel per la Pace è inequivocabile: il premio deve andare a chi si è distinto nell’anno precedente, con particolare riferimento alle candidature chiuse il 31 gennaio. «È in quella data che si concentra la nostra attenzione», ha precisato Harpviken. Tutto ciò che è avvenuto dopo, inclusa la mediazione di Trump a Gaza, non può incidere in modo sostanziale: «Quanto accade dopo il 31 gennaio può avere un ruolo marginale, ma il riconoscimento si basa su ciò che è stato realizzato prima».
Il processo decisionale segue un calendario rigoroso e non ammette eccezioni. «Per due motivi – spiega il direttore –: primo, gli eventi successivi al 31 gennaio non possono costituire la motivazione principale del premio; secondo, la selezione richiede mesi di lavoro. Dopo una serie di incontri e valutazioni, il vincitore viene scelto tra la seconda metà di agosto e settembre. Non è che cambiamo idea la sera prima».
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