La rubrica PsicoT
martedì 29 Luglio, 2025
Dire senza ferire e senza trattenere ciò che pensiamo. «Dobbiamo riuscire a parlare con sincerità e rispetto»
di Stefania Santoni
La nuova puntata di PsicoT, un angolo speciale di psicologia dedicato alle domande che riguardano l’adolescenza: emozioni, scuola, relazioni. Perché c’è sempre qualcosa da capire

Care ragazze, cari ragazzi, a volte abbiamo mille pensieri in testa, ma non troviamo le parole per dirli. Oppure le troviamo, ma escono nel modo sbagliato: troppo dure, troppo deboli, troppo in ritardo. Dire quello che si pensa davvero è un’arte difficile. Perché non è vero che esistono solo due scelte: o ingoiare tutto per evitare problemi, o sbottare e rovinare tutto. Esiste anche una terza via, quella che ci permette di essere sinceri, rispettosi e ascoltati. Insieme alla psicologa Maria Rostagno, oggi parliamo di comunicazione, di coraggio e di confini.
Maria, come si fa a dire quello che si pensa davvero senza sembrare aggressivi e senza farsi mettere da parte?
«Trovare un equilibrio tra dire le cose con chiarezza e rispettare l’altro è possibile, e si chiama assertività. Non significa essere aggressivi, né farsi andare tutto bene, ma riuscire a parlare con sincerità e rispetto. Un trucco utile è la “formula del sandwich”: inizia con qualcosa di positivo, esprimi ciò che pensi, chiudi riconoscendo l’Altro. “Grazie per avermi coinvolto. Però secondo me ci sono delle cose da rivedere. Ti va se ne parliamo insieme?”. Parlare in modo deciso ma calmo, guardare negli occhi, evitare frasi che ci fanno sembrare insicure come “forse sbaglio, ma…”: sono tutte cose che aiutano. Essere assertivi significa anche riconoscere i propri bisogni senza calpestare quelli degli altri. E no, non si nasce così: si può imparare con un po’ di allenamento».
Ti capita di dire «sì» quando vorresti dire «no» solo per non deludere o per paura della reazione degli altri?
«Dire “no” non è facile e capita spessissimo di far fatica a farlo. Moltissime persone crescono con l’idea che dire “no” significhi essere egoiste o antipatiche. Ma in realtà è proprio il contrario: saper dire “no” è un modo per essere oneste, sia con sé stesse che con gli altri. Il punto è che quando diciamo “sì” solo per non deludere o per evitare problemi, poi si vede. Lo facciamo controvoglia, magari ci presentiamo tardi, oppure cerchiamo una scusa all’ultimo per tirarcene fuori. È molto più sano – e rispettoso – essere chiare fin da subito. Possiamo dirlo con gentilezza: “Grazie per aver pensato a me, ma in questo momento non ce la faccio” oppure “Apprezzo la proposta, ma voglio essere sincera: non mi entusiasma”. Un trucco che funziona è prendersi tempo. Se ti senti sotto pressione puoi dire: “Ci penso e ti faccio sapere domani”. Così esci dalla fretta del momento e ti dai lo spazio per capire davvero cosa vuoi. Ogni volta che dici “no” a qualcosa che non senti tua, stai dicendo “sì” a qualcosa che conta di più per te. Non è egoismo, è rispetto. Spesso facciamo fatica a dire “no” perché abbiamo imparato da piccoli che l’approvazione degli altri è la misura del nostro valore. Questo modo di comportarsi ha un nome: people pleasing. Significa cercare sempre di piacere, di evitare il conflitto, di non essere mai “troppo”. Ma piacere a tutti non è possibile, e neppure necessario».
Quando qualcosa ti ferisce, riesci a dirlo o ti tieni tutto dentro? Oppure esplodi?
«Tanti di noi fanno fatica a gestire queste situazioni: o si tengono tutto dentro finché scoppiano, oppure reagiscono subito, a caldo, rischiando di rovinare tutto. Un modo utile per capire quando parlarne è il “termometro emotivo”: da 1 a 10, quanto ti dà fastidio quella cosa? Se sei a 7-8, aspetta. Se sei a 3-4, puoi parlarne con più calma. Quando decidi di dirlo, usa questa formula: fatto – emozione – bisogno. Tipo: “Quando sei arrivato in ritardo senza avvisare (fatto), mi sono sentita trascurata (emozione), perché per me è importante sentirmi rispettata (bisogno)”. Scegli anche il momento giusto per parlarne. Se l’altro è stanco, nervoso o di fretta, rischi che non ti ascolti. Ricorda: l’obiettivo non è farlo sentire in colpa, ma farti capire».
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