i numeri
venerdì 26 Gennaio, 2024
Crisi del commercio al dettaglio, in Trentino spariti oltre 300 negozi. Raddoppiano le vendite online
di Tommaso di Giannantonio
Crollano ambulanti e abbigliamento mentre resistono le librerie, le farmacie, le pompe di benzina, i grandi magazzini e la telefonia
Lenta e progressiva. La crisi del commercio al dettaglio non accenna a fermarsi. Negli ultimi cinque anni sono spariti 333 esercizi in Trentino: più di cinque al mese in media. Crollano gli ambulanti e i negozi di abbigliamento. L’ondata di chiusure investe quasi tutti i settori. Sono poche le eccezioni: crescono, ma di poco, le librerie, le farmacie, le pompe di benzina, i grandi magazzini e i negozi di telefonia. Raddoppiano, invece, le attività di vendita online. «La spinta digitale non deve essere letta come una minaccia, ma come un’opportunità. Cambiare non è semplice, ma è necessario», dice Mauro Paissan, presidente di Confesercenti del Trentino.
Persi 130 posti di lavoro
La crisi del commercio «tradizionale» è un fenomeno nazionale, e non solo. Le cause sono diverse: dall’avanzata dei colossi del commercio digitale come Amazon al duro colpo inferto dalla pandemia. In Italia nei dieci anni fra il 2012 e il 2022 sono spariti quasi 100mila negozi al dettaglio.
In Trentino — stando ai dati elaborati dalla Camera di commercio di Trento per il T — gli esercizi sono passati da 6.978 nel 2018 a 6.645 nel 2023 (al 30 settembre): 333 in meno appunto. Nella maggior parte dei casi erano attività familiari con pochi dipendenti. Fra il 2018 e il 2023 si contano 130 addetti in meno. Oggi i dipendenti ammontano a 17.182.
«Il settore del commercio tradizionale al dettaglio si trova in una forte crisi — spiega Paissan — Per questo motivo il rinnovo dei contratti non è una questione di volontà, ma di possibilità. Noi siamo pure disponibili, ma oggi mediamente l’imprenditore lotta per mantenere aperta l’attività».
In calo alimentari e tabaccherie
Guardiamo ora l’evoluzione dei singoli settori: una fotografia, non solo del tessuto commerciale, ma anche delle nostre abitudini.
I negozi di prodotti alimentari, bevande e tabacchi sono scesi da 983 a 906. La crisi non risparmia quasi nessuno: frutta e verdura (da 113 a 96 esercizi), macellerie (da 121 a 101), panifici (da 212 a 169) e tabaccherie (da 334 a 327). Le uniche attività in crescita sono quelle specializzate in bevande (da 57 a 60) e in prodotti alimentari generici (da 11 a 18). Mentre le pescherie (16) e altri esercizi alimentari (119) restano stabili.
Calano anche i supermercati: da 906 a 878. Ma al contrario dei piccoli negozi, in questo caso il numero di addetti cresce: da 4.468 a 5.074 dipendenti.
Aumentano leggermente i grandi magazzini, che passano da 165 a 170.
Stabili informatica e telefonia
Regge il settore delle apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni. Se da un lato i negozi di computer, unità periferiche e software sono diminuiti (da 36 a 22), dall’altro quelli di telefonia sono aumentati (da 37 a 45).
Crollano ferramenta e tessile
Ci sono poi tutti gli altri esercizi specializzati in altri prodotti per uso domestico: dagli elettrodomestici ai prodotti tessili. Un settore che ha visto un’emorragia di 222 attività: da 983 a 761. Fra queste molti negozi di ferramenta, vernici e vetro, crollati da 324 a 285. In calo anche gli esercizi di prodotti tessili (da 143 a 122).
Il mercato degli esercizi di elettrodomestici e mobili ha trovato un proprio equilibrio: i primi sono scesi da 31 a 30, mentre i secondi da 308 a 304.
Resistono le librerie
Stabile, tutto sommato, anche il settore culturale e ricreativo. Sono sparite 55 attività (da 549 a 494), ma il calo è attribuibile principalmente alle edicole e alle cartolerie (da 154 a 108). Nonostante la concorrenza delle piattaforme digitali, resistono, anzi crescono, le librerie: sono 52 in tutta la provincia, erano 48 nel 2018. Aumentano, seppur di una sola unità, i negozi di registrazioni musicali: da 1 a 2 attività.
Abbigliamento in crisi
Non ci sono segnali di ripresa per il settore dell’abbigliamento: negli ultimi cinque anni 102 negozi hanno abbassato le serrande (da 967 a 865). Idem gli esercizi di calzature e articoli in pelle: da 249 a 203.
Il settore dell’usato, infine, ha perso due attività: da 40 a 38.
Ambulanti in picchiata
Il commercio al dettaglio ambulante ha assistito a un vero e proprio tracollo negli ultimi anni: le attività sono scese da 568 a 476. Ossia un centinaio di esercizi in meno nei mercati cittadini.
Raddoppiano i negozi online
In controtendenza le attività al dettaglio per corrispondenza: principalmente i negozi che basano il loro business sul commercio online. Questi esercizi sono raddoppiati: da 186 a 360.
«Innovare marketing e vendita»
L’andamento dei negozi online tracciano in un certo senso la rotta per uscire dalla crisi. «Ammodernare le modalità del commercio al dettaglio è diventato un obbligo — considera Paissan — Risulta ormai necessario innovare il sistema in termini di marketing e canali di vendita, avvicinandosi alle modalità dei grandi colossi».
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