L'intervista

mercoledì 31 Dicembre, 2025

«Con l’AI rischiamo laureati sotto-occupati»: il sovrintendente Rizza su lavoro che cambia, competenze dimostrabili e formazione continua

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«Oggi l’accesso al lavoro non passa più soltanto dal titolo: si entra quando la transizione tra studio e lavoro diventa rapida e permeabile»

«Con l’intelligenza artificiale corriamo il rischio di avere persone altamente formate in settori che non offriranno più possibilità». A dichiararlo è Giuseppe Rizza, sovraintendente scolastico della Provincia di Trento, che ha sottolineato come il continuo progresso dell’AI possa portare «aumentare la sotto-occupazione anche tra persone qualificate, soprattutto dove la formazione è rigida e poco collegata a competenze spendibili». Questo perché – avverte – il mercato del lavoro è in continua evoluzione.
Rizza, come è cambiato nel tempo l’accesso al mondo del lavoro?
«Oggi l’accesso al lavoro non passa più soltanto dal titolo, ma dalla capacità di rendere visibili, credibili e trasferibili le proprie competenze. Questo perché l’AI sta comprimendo molte attività di base e ripetitive che, fino a ieri, funzionavano da palestra d’ingresso soprattutto per alcune posizioni: se cambia la porta d’entrata, deve cambiare anche il modo in cui scuola, formazione e imprese preparano e selezionano. I nuovi strumenti di accesso, quindi, non sono solo piattaforme o networking, ma un insieme di dispositivi che collegano apprendimento e lavoro in modo più diretto: un orientamento continuo basato su dati ed esperienze autentiche. Nell’era dell’AI si entra nel mercato del lavoro quando la transizione tra studio e lavoro diventa rapida e permeabile: non conta solo quale percorso hai fatto, ma quanto sei in grado di dimostrare competenze reali, aggiornarti con continuità e muoverti tra canali formativi diversi senza perdere professionalità, tempo e opportunità».
Il percorso universitario ha comunque valore?
«Resta importante anche nell’era dell’AI perché non serve solo a ottenere un titolo, ma a costruire ciò che l’AI non garantisce da sola: metodo, capacità di formulare e delimitare i problemi, basi teoriche solide, pensiero critico per verificare risultati e fonti, e competenze trasversali utili a governare contesti complessi. Proprio mentre gli strumenti automatizzano molte esecuzioni, cresce il valore di chi sa interpretare, validare, decidere e assumersi responsabilità. In questo senso credo che si debba rafforzare ancora il legame con competenze dimostrabili ed esperienze reali, perché il rischio non è l’inutilità della laurea, ma una laurea scollegata dalla qualità dell’inserimento e dalla capacità di aggiornamento continuo».
In che modo le nuove tecnologie stanno influenzano il mercato del lavoro?
«Non tanto eliminando intere professioni in blocco, quanto scomponendo e ricomponendo i lavori: automatizza una parte delle attività cognitive ripetitive, ridisegna i processi e cambia i ruoli, spostando valore verso ciò che richiede giudizio, responsabilità, relazione, creatività applicata ed etica».
Corriamo il rischio di avere persone altamente formate in settori che non offriranno più possibilità?
«Sì, il rischio esiste: l’IA può ridurre opportunità in alcuni ambiti e aumentare sotto-occupazione anche tra persone qualificate, soprattutto dove la formazione è rigida e poco collegata a competenze spendibili. La risposta non è “meno formazione”, ma formazione più flessibile e trasferibile, con esperienze pratiche e possibilità rapide di riqualificazione tramite passaggi riconosciuti tra università, altri percorsi professionalizzanti e formazione continua».
La preparazione tecnica sarà più importante della preparazione teorica?
«Non sarà tecnica contro teoria: conterà l’integrazione. La teoria serve per capire e verificare; la tecnica per operare su sistemi e processi reali. Il mercato premierà profili con basi solide, competenze tecnico digitali aggiornabili. Va costruito un sistema formativo adattivo. L’obiettivo è rendere rapide le transizioni, così da cambiare ruolo e settore senza ripartire da zero».
In Trentino qual è la situazione?
«In Trentino l’AI può essere un acceleratore: opportunità di creare profili ibridi tecnico-digitali e filiere stabili tra scuola, università/ITS/AFP, imprese e ricerca, con nuove “palestre” come laboratori, apprendistato evoluto. Il rischio è una biforcazione educativa e un ingresso al lavoro più difficile, con più sotto-occupazione e fuga di talenti se le transizioni restano rigide».
La competenza e la continua formazione in ambito digitale é quindi ormai indispensabile per l’attuale mercato del lavoro?
«Sì: la competenza digitale e la formazione continua sono ormai indispensabili perché l’AI rende le competenze più rapidamente obsolete e cambia i lavori. Serve non solo usare strumenti, ma capire limiti e verifica dell’AI e aggiornarsi regolarmente; altrimenti aumentano divari e sotto-occupazione».