il caso
giovedì 4 Settembre, 2025
Bimba grave dopo aver mangiato formaggio a latte crudo: il titolare del caseificio dovrà pagare 7mila euro di multa
di Benedetta Centin
Il 45enne è accusato di aver commercializzato e messo in vendita lotti di «Puzzone di Moena» contaminati dal batterio Escherichia Coli produttore di shigatossina (Stec) poi ritirati dal commercio

Era novembre dell’anno scorso quando l’azienda ospedaliera di Padova aveva fatto sapere del ricovero di una bambina di un anno, residente a Cortina, già transitata per gli ospedali di San Candido e Brunico, ridotta in gravi condizioni dalla Seu, la sindrome emolitico uremica, dopo aver mangiato del formaggio a latte crudo, il «Saporito della val di Fassa», prodotto nel Caseificio sociale di Predazzo e Moena.
Allora l’unità operativa di igiene e sanità pubblica veterinaria del Dipartimento di prevenzione dell’Apss aveva attivato le procedure di controllo e il Ministero della Salute aveva ufficializzato il richiamo di quel formaggio su tutto il territorio nazionale: cinquanta lotti in tutto. Le analisi microbiologiche effettuate dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie — come fatto sapere da Ulss Dolomiti e Apss — avevano infatti rilevato «la positività per Stec di un campione conoscitivo» del «Saporito». Era stato quindi riscontrato l’Escherichia Coli, il batterio responsabile dell’insorgere della temuta sindrome emolitico uremica (Seu) che provoca appunto gravissimi danni alla salute alle persone fragili, soprattutto bambini.
Il «Puzzone» ritirato
Quello che non era emerso finora è che a risultare contaminato dallo stesso batterio allora fu anche un altro formaggio prodotto sempre dal Caseificio sociale di Predazzo e Moena. E cioè il «Puzzone di Moena», tra i formaggi di punta della produzione casearia trentina. Quello richiamato al tempo «in via precauzionale» dal Ministero della Salute, dopo i riscontri sul «Saporito»: trentotto i lotti che allora furono ritirati dal mercato. E come il «Saporito» anche il «Puzzone» risultò contaminato secondo gli esiti delle analisi effettuate in laboratorio. E di questo si trova a risponderne penalmente l’allora titolare del caseificio, e cioè Gianbattista Vanzo (non più presidente del cda ma da fine marzo solo consigliere).
Il decreto di condanna
Il 45enne si è visto recapitare un decreto penale di condanna di 7mila 750 euro di multa. Accusato, nella sua qualità appunto di titolare, di aver commercializzato e messo in vendita lotti di «Puzzone di Moena» contaminati dal batterio Escherichia Coli produttore di shigatossina (Stec). Circostanza, questa, emersa dalle analisi effettuate sul formaggio dall’Unità operativa igiene e sanità pubblica dell’Apss con verbale del 29 novembre dell’anno scorso e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie qualche giorno dopo, il 6 dicembre 2024.
A presentare il conto della pena pecuniaria a Vanzo — poco meno di 8mila euro appunto — il giudice per le indagini preliminari Enrico Borrelli, su sollecitazione della Procura, convinti della sua responsabilità visto il ruolo che rivestiva allora. Gli è stato contestato il reato di commercio di sostanze nocive, nello specifico di aver detenuto per il commercio e di aver commercializzato nello stabilimento, distribuendole ai clienti per essere consumate, sostanze destinate all’alimentazione risultate «pericolose per la salute pubblica». Un decreto penale di condanna a cui comunque l’imputato ha facoltà di proporre opposizione.
Prodotti anti-rischio
C’è da dire comunque che dopo la fase di sperimentazione avviata con l’affiancatore Mauro Fezzi e la modifica del disciplinare approvata dal Ministero, al Caseificio di Predazzo è partita di recente la produzione del «Puzzone di Moena» a basso rischio di contaminazione da Escherichia coli (Stec) grazie alla termizzazione del latte crudo. Predazzo fa l’80% della produzione trentina di «Puzzone». In questo modo il rischio Stec scende dal 5% a meno dell’1%.
Il formaggio resta comunque sconsigliato per i bambini sotto i dieci anni e i soggetti fragili.