Il lutto

martedì 23 Settembre, 2025

Base Jumper morto in Valsugana, gli amici increduli: «Era un nerd, calcolava ogni volo al millimetro»

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Nel drammatico incidente di domenica, Giacomo Zamparo, 43 anni, è morto davanti agli occhi della compagna. Lascia una figlia di soli tre anni

«In questo sport Giacomo era un nerd: analizzava i dati, le tute, tutti i vari fattori che è necessario prendere in considerazione in un salto di base jumping: quando ho iniziato a lanciarmi anche io, qualche anno dopo Giacomo, spesso mi ritrovavo a chiedere a lui alcuni calcoli, tecniche o dinamiche da studiare». Nelle parole dell’amico di lanci Gabriele Berardi, Giacomo Zamparo, classe 1982, residente ad Ala ma trasferitosi in Valpolicella con la compagna Erica Tommasini, era un base jumper competente e preparato. Eppure la sua meticolosità nel preparare ogni lancio non gli ha impedito domenica di perdere la vita, poco dopo essersi tuffato dalla cima del monte Mezza, sopra Ospedaletto, in bassa Valsugana. A dare l’allarme è stata proprio la compagna, che l’aveva accompagnato fino a trecento metri dal decollo e che, non vedendolo atterrare a Ospedaletto, alle 10.45 di domenica ha lanciato l’allarme. Le ricerche sono state portate avanti con l’elicottero della centrale unica d’emergenza, con quello dei vigili del fuoco e della guardia di finanza e con i mezzi e gli uomini del soccorso alpino e speleologico. Il corpo del base jumper è stato avvistato verso le 15.15, ma per lui non c’era più niente da fare.

Ingegnere meccanico, nato a Gorizia e laureatosi all’Università degli studi di Trieste, Zamparo aveva una figlia di appena tre anni. «Era una persona molto intelligente – racconta ancora l’amico di lanci – e la sua passione per il volo era vivamente accesa anche ora che aveva una famiglia che lo occupava. Abbiamo fatto diversi salti insieme e lui è stato sempre molto attento». Da qualche tempo Zamparo viveva con la compagna e la figlia in Valpolicella, ma domenica aveva deciso di tornare in Trentino proprio per un salto, la sua più grande passione. Nonostante gli impegni lavorativi e familiari, ogni tanto cercava di ritagliarsi del tempo per partire qualche avventura volante in Brasile, Norveglia, Slovenia, senza dimenticare mai le splendide Dolomiti, sempre alla ricerca del paesaggio più mozzafiato. «Timido, ma molto disponibile – così lo ricorda ancora l’amico –. Traspariva guardando nei suoi occhi la bontà d’animo che aveva, la sua risata buffa e composta, la sua voce di quando mi salutava “ciao Gabri”: sarà questo il ricordo più spiccato di lui».