Il progetto
venerdì 7 Novembre, 2025
Anello ciclabile a San Vincenzo, le critiche di Gibo Simoni e Ivan Degasperi: «Iniziativa elitaria mentre le strade sono insicure»
di Valerio Amadei
«Genitori preoccupati, servono sì infrastrutture, ma per tutti»
Rianimare il mondo del ciclismo trentino partendo dai più giovani, questo uno dei concetti in voga da anni e quasi in discussione dopo il progetto presentato dal presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti e dal sindaco di Trento Franco Ianeselli sulla costruzione – tra diversi campi da calcio e spazi per altri sport – di un anello ciclabile sopraelevato nell’area di San Vincenzo. A seguito del duro commento a riguardo del presidente del Comitato della Federazione Ciclistica Italiana di Trento Renato Beber, non sono mancati gli interventi di chi ha fatto del ciclismo la propria passione, o ancora, la propria ragione di vita. Tra questi anche Gilberto Simoni, storico ciclista su strada, due volte vincitore del Giro d’Italia e ora impegnato nel promuovere il pedale giovanile con la Montecorona di Palù di Giovo.
«Il mio pensiero – spiega il cembrano – è sempre stato chiaro: ci devono essere piste per tutti. Non può andare avanti il concetto che i privilegiati siano solamente quelli tesserati con la federazione. Una volta la bicicletta era lo strumento di maggior importanza per i bambini che andavano in giro per il paese giocando e facendo attività fisica all’aperto. Mi auguro quindi che questa disciplina, nata per essere aperta a chiunque la voglia praticare, non diventi elitaria. Auspico quindi che venga tenuta in conto l’importanza di mantenere uno spazio adatto a chi, non da agonista, vuole semplicemente godersi quest’attività. Il mio pensiero – conclude Simoni – è quindi più ampio rispetto a quello della Federazione che, giustamente, cerca di salvaguardare specialmente gli interessi suoi e dei suoi iscritti. I provvedimenti vanno pensati e basati sul futuro di questo sport, ovvero i ragazzini di scuole elementari e medie, che solamente in strutture apposite potranno appassionarsi al mondo delle bici».
Ad esprimersi sulla vicenda, sicuramente impattante per gli appassionati delle due ruote, anche Ivan Degasperi, ex ciclista sia su strada che di mountain bike, ora presidente della Bike Movement di Lavis, una sorta di «scuola» per i più piccoli: «Beh, come affermato anche da Renato Beber – evidenzia Degasperi – questo progetto per la Federazione è stato quasi un fulmine a ciel sereno. Da anni le squadre giovanili stanno lottando per avere un proprio percorso permanente che favorisca la crescita dei ragazzi più giovani senza doverli far passare nel traffico cittadino. Ciò che è stato presentato, invece, è un progetto che non tiene minimamente conto della parte primaria di questo sport. Personalmente – continua il lavisano – ritengo che sia abbastanza brutto vedere come uno sport che al Trentino ha dato tantissimo adesso venga malamente messo in secondo piano. Mi viene difficile pensare ad un futuro roseo per il ciclismo se i più giovani non vengono messi nelle condizioni di potersi allenare tranquillamente. Penso che per risollevare la questione e per venire incontro alle vere esigenze di chi quotidianamente vive la bicicletta sia necessario affidare a tecnici esperti il miglioramento e l’incremento dei percorsi ciclabili. Spesso si fa appello alla fatidica data del 2031, anno in cui ci saranno i Mondiali, ma per arrivare pronti a quest’evento è necessario intervenire partendo dalla base. Siamo tutti d’accordo che questa competizione possa rappresentare un trampolini di lancio per la disciplina, ma per incentivare i giovani a prendere la bicicletta penso sia necessario prima di tutto fornire loro piste e percorsi adatti alle loro necessità. Partendo dalla città di Trento, senza dimenticare le valli, mi sento di poter dire che siano necessarie delle manovre immediate che siano studiate più nel dettaglio, affinché i bambini tra i 6 e i 10 anni capiscano che andare in bicicletta è un’attività non solo divertente, ma anche salutare. Lavorando a stretto contatto con giovani ragazzi che per la prima volta si affacciano a questo mondo mi capita spesso di sentire che il declino nel numero di iscrizioni dipenda dal minor interesse verso questa disciplina. Al contrario – conclude il lavisano – penso ci sia molta preoccupazione dei genitori verso le attuali condizioni di sicurezza di questo sport. È innegabile che oggi, facendo un esempio, le misure di sicurezza che ci sono nel ciclismo non sono paragonabili a quelle del calcio. Il cambio di rotta va fatto partire dalle basi, dai nuovi iscritti che devono sentirsi protetti e al sicuro, così si stimola l’interesse verso una disciplina che, specialmente in Trentino, per anni è stata il fiore all’occhiello».
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