Il funerale

domenica 20 Agosto, 2023

A migliaia a Pinzolo per l’ultimo saluto ad Ermanno Salvaterra

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Oggi pomeriggio, il cimitero di Pinzolo a stento è riuscito a contenere quasi duemila persone giunte da ogni dove per salutare un ultima volta il grande alpinista. Il suo nome, sarà presto scritto sulla stele del celebre monumento delle Guide a Madonna di Campiglio, che celebra “i pionieri dell’alpinismo”.

Due stelle alpine deposte sulla bara accanto alla fotografia Ermanno Salvaterra sorridente e sornione è tra le sue amate montagne, insieme alla processione di tantissime persone, alla canzone La Montanara cantata da tutti i presenti e alcuni affettuosi saluti, sono i segni tangibili di quanto «l’uomo del Torre» fosse nel cuore di tantissima gente della montagna e della città, della Rendena e del mondo.
Oggi pomeriggio, il cimitero di Pinzolo a stento è riuscito a contenere quasi duemila persone giunte da ogni dove, per esprimere una parola di conforto e dare un abbraccio ai familiari di Ermanno Salvaterra, dalla moglie Lella alle sorelle Flavia, Luisa e Laura al fratello Marco per cercare di alleviare il loro grande dolore, oltre che per accompagnare Ermanno nel suo ultimo viaggio terreno.
Venerdì 18 agosto, la cresta ovest del Campanile Alto sulle Dolomiti di Brenta – un luogo tanto amato dall’alpinista e scalatore Ermanno Salvaterra – si è presa una persona generosa, dal cuore grande, che non sarà facile dimenticare.
Nel cimitero di Pinzolo, nel corso del suo “funerale laico” più mondi umani si sono incontrati, perché Salvaterra era entrato nel cuore di tutti, non tanto e non solo per le sue imprese alpinistiche, i libri, i documentari, i premi ricevuti, ma perché era profondamente amato, non solo stimato e apprezzato.
Quasi duemila persone con i volti tristi, affranti e spesso piangenti – un migliaio di queste hanno voluto lasciare il proprio nome sul registro all’ingresso del camposanto – ha ordinatamente composto un’interminabile fila durata quasi due ore sotto il solleone, per salutare Ermanno Salvaterra poggiando la mano sulla sua bara e stringendosi ai familiari in lunghi abbracci accompagnati da ricordi e parole di conforto.
A circondare, quasi ad abbracciare la bara di Ermanno Salvaterra in segno di vicinanza e affetto, c’erano tanti professionisti della montagna: dalle Guide alpine di Campiglio col presidente Ferruccio Vidi alle Guide Alpine del Trentino con Gianni Canale, dai componenti del Soccorso alpino e speleologico provinciale ai membri del Soccorso alpino della Guardia di Finanza, dai satini con la presidente provinciale Anna Facchini e Paolo Querio presidente di Sat Pinzolo. Con loro l’assessore provinciale Roberto Failoni, la consigliera Vanessa Masè, tanti sindaci e consiglieri comunali di ieri e di oggi dei paesi della Rendena e non solo. Tra questi Norman Masè primo cittadino di Massimeno luogo del “buen ritiro” degli ultimi anni di Salvaterra. Con loro tanta gente, calamitata a Pinzolo fors’anche per quel debito di riconoscenza verso una persona che ha avuto un ruolo di primo piano nell’evoluzione dell’alpinismo moderno sulle Dolomiti di Brenta, luoghi che Salvaterra conosceva e aveva imparato ad amare e apprezzare, padroneggiare e temere fin da bambino, quando prima sua mamma Maria (la nonna del Brenta) con papà Adolfo e poi lui gestivano il XII Apostoli.
L’alpinista-arrampicatore Ermanno Salvaterra era conosciuto a livello internazionale anche per le sue imprese sul Cerro Torre in Patagonia, al punto da essere soprannominato indiscusso «uomo del Torre» tant’era la sua profonda conoscenza di quelle vette sudamericane.
Su tutto e su tutti, malgrado il cimitero fosse insolitamente super affollato, regnava un grande silenzioso, quasi fosse la cifra tangibile della vicinanza a una persona cara, un amico che ognuno ritroverà nel ricordo sul sentiero, dietro una cengia o semplicemente ammirando la grandezza delle vette, dolomitiche o altre.
A rompere un innaturale silenzio, è stata la chitarra di Claudio Cominotti, che ha invitato tutti a cantare La Montanara «composta, ha detto il maestro Claudio, da Toni Ortelli per commemorare un suo amico valdostano morto nel luglio del 1927 sul monte Rosa.» Ha aggiunto «sono convinto che, pur nella tristezza dell’evento Ermanno vi direbbe: su …su col morale. Non sono morto di un tumore all’ospedale dopo mesi di flebo e chemioterapie, ma sono morto nel mio ambiente, nel posto in cui avrei preferito morire». L’invito a cantare con lui è stato un gesto liberatorio e quel «…lassù sulle montagne, tra boschi e valli d’or…» ha sciolto il groppo in gola a tantissime persone, che hanno seguito la bella canzone conclusa con un lungo applauso.
«Cara Lella. Care Laura, Flavia e Luisa. Caro Marco» ha esordito il primo cittadino di Pinzolo Michele Cereghini «non è facile parlare qui oggi e in verità sarebbe il momento del silenzio, perché vogliamo ricordare Ermanno e il suo stile di vita silenzioso per la maggior parte del tempo. Ma ha detto bene Claudio Cominotti, domani sarebbe tardi, quindi è bene ricordarlo oggi.» Con commozione ha aggiunto «A nome mio e della Comunità di Pinzolo voglio portare questo abbraccio al nostro caro Ermanno, alla sua famiglia, ai suoi amici, al mondo della montagna e soprattutto a quelli che l’hanno amato. Nel 2021, ci ha raccontato in quella bellissima serata al Paladolomiti. È partito dal XII Apostoli ed è arrivato in Patagonia, in quelle montagne per tanti di noi indescrivibili, ha raggiunto la mèta ed ha scritto la storia dell’alpinismo. Ahimè in questo caldo agosto ci ha fatto questa triste sorpresa. Per lui niente era scontato, sapeva stupirci e oggi ci ha stupito.» Ha aggiunto «a nome della Comunità di Pinzolo vorrei lasciare a voi il ricordo dell’uomo, non dell’alpinista. E oggi, questa grande presenza di persone dimostra la sua umanità. Non ci sono solo quelli che lo hanno apprezzato o conosciuto come alpinista, ma ci sono i valligiani e gli amici. Ci sono tutti quelli che hanno saputo amarlo qui in paese, davanti a un buon bicchiere di vino. Ermanno era un grande uomo e non solo un alpinista e oggi lo vogliano ricordare per questo». Cereghini ha concluso «grazie Ermanno, buon viaggio, che sia veramente un viaggio di serenità».
«Oggi è una giornata molto triste, non solo per la famiglia, per le guide alpine, gli alpinisti e per tutti gli amici di Ermanno» ha esordito il campigliano presidente delle Guide della località Ferruccio Vidi. «Ho avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo quando eravamo entrambi più giovani, quando abbiamo cominciato ad arrampicare insieme e forse le prime salite le abbiamo fatte insieme. Devo dire che è stata una grande persona, le più belle esperienze fatte in montagna, le ho fatte con Ermanno. Voglio solamente ricordare, un episodio vissuto proprio in Patagonia allo Spigolo dei Bimbi. Grazie a una sua decisione quella bella via che avevamo aperto fu dedicata ai bambini che subirono quella disgrazia al Brentei. Con Ermanno ho passato tante e belle ore che ricordo con tanto affetto».
Rivolgendosi alla moglie Vidi e poi alla bara ha aggiunto «Letta, tu sai che eravamo molto legati. Grazie a Ermanno …vai in pace».
Mauro Leveghi a nome del Film Festival della montagna di Trento ha espresso due considerazioni. «La prima è più personale, ha detto, è di quando siamo saliti tante volte col Coro Sosat al rifugio XII apostoli che lui lo gestiva, proprio nella giornata in cui si ricordavano i Caduti in montagna». Poi, «Ermanno è stato da sempre un amico del Trento Film Festival, non solo per le serate che ha fatto raccontando le sue imprese, ma anche per i film, la documentazione dell’umanità sulle vette e del suo rapporto con la montagna. Lui ha dato un grande contributo alla cultura di montagna e anche alla cultura del limite che conosceva. Proprio quel limite inesorabilmente e troppo presto l’ha portato via. Ciao Ermanno».
Il feretro portato a spalle dai compagni del soccorso Alpino e speleologico provinciale tra due ali di folla e accompagnato da un lungo e intenso applauso ha consegnato le spoglie mortali di Ermanno alla cremazione. Forse, quelle ceneri saranno sparsa nel Brenta, come è successo per Bruno Detassis il grande vecchio dell’alpinismo del Brenta.
I tantissimi presenti hanno lasciato il cimitero alla spicciolata, anche se alcuni – quasi a non voler chiudere una pagina d’affetto e della storia dell’alpinismo – si sono trattenuti scambiandosi aneddoti, ricordi di una persona buona, capace col suo sorriso e la sua schiettezza di affrontare spedizioni e arrampicate di particolare difficoltà.
Il suo nome, sarà presto scritto sulla stele del celebre monumento delle Guide a Madonna di Campiglio, che celebra “i pionieri dell’alpinismo”. Quest’opera di fra Silvio Bottes del 1970 rappresenta una Guida alpina giunta all’ultimo metro dall’ascensione di una caratteristica quanto arditissima guglia. In molti in quella figura vedono un amico di cordata, una persona alla quale esprimere gratitudine per una bella uscita o una piacevole arrampicata.

Da oggi in molti vi vedranno Ermanno Salvaterra, la sua testardaggine, il suo attaccamento, la sua responsabilità, determinazione e tensione al risultato, ma anche la sua innata e disinteressata generosità, fatta di libertà, spontaneità e schiettezza.