La richiesta
lunedì 29 Dicembre, 2025
Comunità del Garda, il vicepresidente Gavazzoni: «Autonomia differenziata per i Comuni del lago»
di Leonardo Omezzolli
Favorevole anche Gianni Morandi, sindaco di Torbole: «Pensiamo a una governance speciale»
Immaginare il lago di Garda come una regione sempre più autonoma e coesa in grado di gestire in modo snello, condiviso e veloce azioni normative che possono tutelare il Garda, i Comuni che ne fanno parte e le persone che vi lavorano e vivono: una sorta di «autonomia differenziata» e localizzata all’area geografica delimitata dal Benaco. La proposta è stata lanciata dal vicepresidente della Comunità del Garda Filippo Gavazzoni che in un personale bilancio di fine anno 2025 (che con il 31 dicembre vedrà ufficialmente l’uscita di Riva del Garda dalla Comunità del Garda ndr) chiede espressamente agli attori in gioco, ai sindaci dei Comuni gardesani, di avviare una seria riflessione per giungere ad un’autonomia differenziata. «Non è una provocazione ma una considerazione – spiega Gavazzoni -. Ovviamente non è la richiesta della riforma costituzionale attuata con la Legge 86/2024 dove le Regioni a statuto ordinario hanno chiesto allo Stato maggiori competenze amministrative e legislative – ci tiene a specificare -, ma piuttosto un’idea pressoché simile dove potrebbero essere i Comuni a rivolgersi in tal senso alle Regioni». La riflessione non è nuova, ma negli ultimi anni si è intensificata la necessità di trovare una strategia unitaria che permetta, a partire dalle questioni ambientali e ittiche, una normativa più snella e veloce sull’intero bacino lacustre. «La questione habitat e ittiofauna – sottolinea Gavazzoni – è sempre stata complessa soprattutto per la sua divisione amministrativa. Sul Garda, se si deve affrontare un problema per il quale si rende necessario legiferare – analizza il vice presidente della Comunità del Garda -, tale legge deve avere carattere d’intesa, quindi interregionale. Questo significa una percorso triplicemente complesso e lungo rispetto ad una singola legge regionale». Gavazzoni, riprendendo l’esempio ittico ricorda che le varie azioni devono sempre rapportarsi con le Regioni e la Provincia Autonoma di Trento, per competenza. «Ed è qui che si incontrano le difficoltà, i problemi di comprensione delle richieste da parte degli enti sovra comunali, volontà o meno di volerli affrontare, ma soprattutto tempo e risorse (anche umane) da poter dedicare a queste questioni e a volte, difficoltà nell’accettare di cambiare lo status quo». Qualcosa lo si deve fare e ne è convinto anche l’unico membro trentino del consiglio direttivo della Comunità del Garda, Gianni Morandi: «L’idea pare interessante e nasce da una visione chiara: il Garda è un sistema unico, che non si ferma al confine delle Regioni. Chi vive qui lo sa: le dinamiche ambientali, turistiche, economiche e sociali sono un continuum che attraversa Veneto, Lombardia e Trentino senza soluzione di continuità. Il lago non chiede i documenti a nessuno». Morandi precisa che «quando si parla di “autonomia differenziata per il Garda”, bisogna distinguere la suggestione politica dalla praticabilità istituzionale». Quest’ultima più complessa e rischiosa in quanto potrebbe portare a una sovrastruttura, un «quarto livello istituzionale, difficilmente conciliabile con gli ordinamenti esistenti – spiega Morandi -. Regioni e Provincia hanno competenze, procedure e sistemi normativi non omogenei. Pensare di “legiferare” come sistema comunale è complesso e rischia di generare più burocrazia. Io credo – insiste Morandi – che la direzione vada individuata nella costruzione di una governance speciale, snella, condivisa e davvero operativa e qui la Comunità del Garda può giocare un ruolo decisivo. Possiamo lavorare su uno strumento diverso, un regime coordinato di deleghe, intese e competenze condivise, dove i Comuni diventano la cabina di regia operativa e le Regioni/Provincia mantengono il ruolo legislativo, ma con una cornice comune, uniforme e pensata per il territorio gardesano. È una strada istituzionalmente corretta, rispettosa degli ordinamenti e molto più concreta». Una via che valorizzerebbe l’autonomia speciale trentina. «Il Trentino – rilancia Morandi – può essere un apripista, un laboratorio di cooperazione interregionale per portare competenza e responsabilità nella gestione quotidiana del lago, della mobilità, dell’ambiente, dei porti, della promozione e dei servizi». In questo modo si potrà incidere sui problemi: dalla pressione turistica alla qualità delle acque, dalla mobilità alle infrastrutture leggere andando oltre i confini. «Guardo con favore alla visione di Gavazzoni – ribadisce Morandi – ma la immagino dentro un percorso istituzionalmente solido, un Garda che non diventa una mini Regione, ma una zona speciale di cooperazione, capace di produrre regole condivise, progetti comuni e tempi decisionali più rapidi. Una sede politica forte, autorevole verso lo Stato e verso l’Europa, senza creare sovrastrutture e senza intaccare prerogative regionali o provinciali. Quello che serve davvero non è una nuova autonomia, ma una nuova capacità di agire insieme. E se riusciremo a costruire questo modello, allora sì il Garda potrà davvero diventare un laboratorio nazionale di buona amministrazione, e il Trentino potrà contribuire con la solidità della propria autonomia speciale».
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