Sanità

sabato 27 Dicembre, 2025

Carenza di infermieri in Trentino: mancano 450 professionisti, 1.300 andranno in pensione nei prossimi 10 anni e i servizi sanitari sono a rischio

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Mancata attivazione dei punti di primo intervento a Campiglio e in Val di Fassa, l’Ordine degli infermieri chiede un piano strutturato per attrarre e trattenere professionisti e garantire sicurezza delle cure

La mancata attivazione, nel periodo natalizio, dei punti di primo intervento traumatologico di Madonna di Campiglio e di Sèn Jan di Fassa, dovuta alla carenza di infermieri, riporta al centro del dibattito una criticità che in Trentino è ormai strutturale. A intervenire è l’Ordine delle professioni infermieristiche della Provincia di Trento, che da anni denuncia una situazione destinata ad aggravarsi se non affrontata con misure incisive e di lungo periodo.

Secondo l’Ordine, la difficoltà nel garantire l’operatività di servizi essenziali durante uno dei periodi di maggiore afflusso turistico rappresenta solo la punta dell’iceberg. «Da anni segnaliamo una carenza strutturale di infermieri negli organici – evidenzia l’Ordine – una criticità che oggi si manifesta con particolare evidenza e che mette seriamente a rischio la sicurezza e la qualità delle cure». Le fragilità del Servizio sanitario, sia a livello nazionale sia provinciale, rendono sempre più urgente un investimento mirato sulla professione infermieristica e su modelli organizzativi in grado di rispondere ai bisogni reali della popolazione.

A supporto di questa posizione, l’Ordine richiama la letteratura scientifica, che dimostra come le cure erogate dagli infermieri siano determinanti nel migliorare gli esiti di salute, riducendo mortalità e complicanze e favorendo percorsi di guarigione più efficaci. Garantire standard quantitativi e qualitativi adeguati di personale infermieristico, sottolinea l’ente, non è solo una scelta organizzativa, ma «un atto di responsabilità e una condizione indispensabile per la sicurezza delle cure».

Anche in Trentino la situazione è complessa, soprattutto nei contesti ad alta intensità assistenziale, dove la carenza di personale impone scelte difficili per mantenere aperti i servizi in condizioni di sicurezza. I dati mostrano come in provincia si contino 7,7 infermieri ogni mille abitanti, un valore superiore alla media nazionale, ferma a 6,9, ma ancora lontano dalla media OCSE di 9,2. A livello italiano mancano circa 65.000 infermieri, mentre in Trentino la carenza è stimata in circa 450 unità, considerando il fabbisogno previsto dal DM 77/2022 per il rafforzamento dell’assistenza territoriale.

A preoccupare sono anche le prospettive future. Il 43% degli infermieri iscritti all’Albo provinciale ha un’età compresa tra i 46 e i 60 anni e nei prossimi dieci anni si prevede il pensionamento di circa 1.300 professionisti, pari a 130–140 infermieri l’anno. A questo si aggiungono le dimissioni volontarie verso il settore privato, la libera professione o realtà confinanti più attrattive, come l’Alto Adige. Sul fronte delle nuove generazioni pesano il calo delle nascite e un’offerta universitaria sempre più ampia e diversificata, anche se in Trentino si registra un segnale incoraggiante: un aumento significativo dei candidati che hanno indicato il Corso di Laurea in Infermieristica come prima scelta.

La carenza di infermieri si inserisce inoltre in uno scenario demografico ed epidemiologico segnato dall’invecchiamento della popolazione e da bisogni di salute sempre più complessi, con una crescente necessità di investire nella prevenzione e nell’assistenza territoriale. Il fabbisogno di professionisti, avverte l’Ordine, è quindi destinato ad aumentare nei prossimi anni anche in provincia di Trento.

Per questo motivo, secondo l’Ordine, il problema va affrontato «alla radice e subito». La priorità, condivisa anche con l’assessore provinciale alla salute Mario Tonina, è aumentare l’attrattività del sistema sanitario trentino, sia per attrarre nuovi professionisti sia per trattenere chi già vi opera. Serve un piano provinciale strutturato di contrasto alla carenza infermieristica e di rilancio del valore della professione, consolidando il percorso già avviato ma con misure più incisive e investimenti strutturali.

«La parola chiave è soddisfazione», sottolinea l’Ordine, ovvero mettere gli infermieri nelle condizioni di lavorare bene. Le richieste sono chiare: garantire assetti organizzativi che consentano di esercitare pienamente competenze e autonomia, riducendo le attività improprie; assicurare ambienti di lavoro sicuri e compatibili con la conciliazione tra vita professionale e privata; prevedere politiche abitative, soprattutto nelle aree periferiche, con alloggi a canone agevolato per i professionisti sanitari; garantire retribuzioni coerenti con le responsabilità assunte; potenziare percorsi di carriera, specializzazioni e competenze avanzate, come la prescrizione di ausili e presidi; innovare i modelli organizzativi e coinvolgere realmente le professioni sanitarie nei processi decisionali istituzionali.

Attrarre e trattenere infermieri, conclude l’Ordine, non significa soltanto colmare una carenza numerica, ma valorizzare professionisti competenti e qualificati, pilastro insostituibile del servizio sanitario. L’autonomia provinciale, in questo senso, rappresenta «un’opportunità e una responsabilità»: investire sulle persone e sulle competenze è la strada più concreta per tutelare il diritto alla salute.