Cinema
giovedì 25 Dicembre, 2025
Cosa vedere al cinema a Natale: tre proposte (con recensione) per adulti e bambini
di Katia Dell'Eva
Da "Norimberga" a "Un topolino sotto l'albero", il commento su film in sala o da «recuperare» per le festività
Norimberga
È abbastanza palese che James Vanderbilt, nello scrivere e nel dirigere «Norimberga», che trae spunto dal libro del 2013 «The Nazi and the Psychiatrist» di Jack El-Hai, avesse in mente di fare un «filmone» hollywoodiano di quelli che si ascrivono immediatamente di diritto nella lista dei colossal. Non è probabilmente quindi neanche un caso che abbia deciso di affidare i due ruoli principali – il tenente colonnello Douglas Kelley e Hermann Göring – a due premi Oscar come Rami Malek e Russell Crowe. Il guaio, però, è che tutto ciò rimane solo nella sua fervida immaginazione. Ambizioso, ma poi capace solo di deludere le aspettative, è più «sulla carta» che concreto. Raccontando il Processo di Norimberga (ancora), insegue in lungo e in largo l’epicità, scontrandosi sempre e inesorabilmente con la mancanza di spessore e profondità dei personaggi. Il risultato sono colossali figure, sì, ma di cartone. Un’occasione mancata, che finisce per rendere «senz’anima» persino le scene in cui per la prima volta vengono svelati gli orrori dei lager al pubblico presente al processo.
Un topolino sotto l’albero
Il modo migliore per parlare ai bambini, ci insegnano, è all’altezza del loro sguardo. Da questa premessa, Henrik Martin Dahlsbakken crea un film d’animazione che abbassa l’altezza visiva a quella dei suoi protagonisti, una famiglia di topolini, e che, per naturale conseguenza, coinvolge in maniera direttissima i suoi spettatori più piccoli. In una deliziosa commedia natalizia che strizza l’occhio ai grandi classici degli home invasion come «Mamma, ho perso l’aereo», «Un topolino sotto l’albero» inverte la prospettiva attesa: ad invadere le festività natalizie dei topi sono gli umani, e non viceversa. È così che si avvia una battaglia di scherzi senza esclusione di colpi, armati di fantasia, ingegno e giusto un pizzico di divertente perfidia, che non stanca e che, dolcemente, conduce verso il lieto fine. Un film scorrevole, leggero, piacevole anche per il pubblico adulto che accompagna in sala, in cui la pace – come immaginabile e come richiesto dallo spirito del periodo – non nasce dalla vittoria, ma dall’ascolto.
Parenti serpenti
Film del 1992, diretto da Mario Monicelli, «Parenti serpenti» è uno di quei lungometraggi che ogni anno dovrebbero trovare posto nella lista dei rewatch natalizi – e che anche quest’anno vi consigliamo per affrontare al meglio le Feste (è disponibile su piattaforma), accanto a «Mamma, ho perso» l’aereo e «Elf». Perché se, certo, dopo 34 anni un po’ di polvere l’ha presa (in rete c’è chi, con uno sguardo forse troppo politico per il film di cui si sta parlando, lo accusa di essere retaggio democristiano di un’Italia che non esiste più), nella sostanza rimane un lungometraggio ben fatto e incredibilmente abile nel raccontare l’«italianità» del Natale. La storia, narrata in forma di commedia e dalla voce fuori campo di uno dei bambini, verte infatti intorno a una famiglia che si ritrova nella casa dei nonni per festeggiare, tra scatole dei biscotti e tavole imbandite «con tutti i crismi». Una famiglia tradizionale, composta di figli e nipoti, che conversa, si scambia leziosi complimenti (spesso falsi) e doni di dubbio gusto, ma che sotto la superficie nasconde astio, rivalità, e anche un tetro complotto.