Istruzione
giovedì 25 Dicembre, 2025
Scuola, l’impatto del calo delle nascite: 5mila studenti in meno nel 2030
di Tommaso di Giannantonio
Le previsioni sul numero di iscritti a medie ed elementari. Pasqualin (Trento 5): «Va rivisto tutto il sistema». Freschi (Consulta genitori): «Riconvertire le strutture in eccesso»
Un’onda lunga che si è alzata una decina di anni fa e che continuerà a investire il sistema dell’istruzione anche nei prossimi anni. Da qui al 2030, infatti, il calo delle nascite provocherà una riduzione di almeno 5mila iscritti nelle scuole elementari e medie del Trentino (escluse le paritarie). «Bisogna rivedere tutta l’organizzazione didattica», è l’appello di Paola Pasqualin, dirigente dell’Istituto comprensivo Trento 5 (nonché portavoce degli istituti del capoluogo). Le fa eco Maurizio Freschi, presidente della Consulta provinciale dei genitori: «Bisogna andare oltre il campanile — considera — Le strutture in eccesso possono essere riconvertite per rispondere alle esigenze delle famiglie».
Le proiezioni
Negli ultimi dieci anni, a fronte di una flessione di circa 3mila alunni, le elementari hanno perso 74 classi (il T di martedì). Nei prossimi cinque potrebbero sparirne anche di più: per l’anno scolastico 2030-31 — in base all’andamento dei nuovi nati degli ultimi anni — si può stimare una platea di quasi 19mila iscritti, circa 3.500 in meno rispetto ad oggi. Alle medie gli studenti saranno circa 2mila in meno: dai quasi 15mila attuali ai quasi 13mila nel 2030.
«Redistribuire gli studenti»
La riduzione degli iscritti solleva un punto interrogativo sul futuro delle singole sedi scolastiche, soprattutto nelle aree periferiche. È di qualche settimana fa la decisione del Comune di Sella Giudicarie di accorpare i plessi presenti sul proprio territorio. In generale «una riorganizzazione permetterebbe di ridistribuire in modo più equilibrato gli studenti tra i vari ordini di istruzione e quindi dividere le fasce di età — considera Freschi — Inoltre, non significherebbe affatto privare di funzioni importanti le singole comunità, al contrario, si potrebbero riconvertire le eventuali strutture in eccesso per rispondere ai nuovi bisogni delle famiglie: nidi, servizi educativi e spazi polifunzionali. Se davvero si vuole sostenere la genitorialità — aggiunge — bisogna investire sul sostegno nella prima infanzia e nell’istruzione del primo ciclo, non nella difesa immobile di un modello organizzativo scolastico di un’altra epoca».
«Ridurre gli alunni per classe»
Se nelle valli l’impatto demografico ha già inferto il colpo, «a Trento gli effetti sono più attenuati perché la presenza di alunni di origine straniera compensa il calo delle nascite — spiega Pasqualin — Nei prossimi anni, però, inizieremo a risentirne anche noi». E per non farsi trovare impreparati «è necessario pensare a una politica scolastica che vada a rivedere l’intero sistema perché avremo molti docenti in sovrannumero in organico — prosegue la dirigente scolastica — Si colga l’occasione per ridurre il numero massimo di alunni per classe e sviluppare così davvero una personalizzazione della didattica, mantenendo lo stesso numero di docenti. Il numero ideale sarebbe 18-19 alunni per classe, oggi è 23». Avere una didattica personalizzata, cucita quasi su misura sui singoli alunni, significa «riuscire a rispondere alle esigenze degli alunni: dalle eccellenze agli alunni con bisogni educativi speciali». Allo stesso tempo «la complessità delle classi va affrontata anche con l’innesto di nuove figure professionali».
Il caso della Val Rendena
Nei territori periferici la discussione su possibili accorpamenti è sentita ancora di più. Nelle ultime settimane sono ripresi i ragionamenti su Giustino, Carisolo e Pinzolo, tre Comuni della Val Rendena ciascuno con la propria scuola elementare. «Nelle condizioni attuali mantenere tre scuole molto vicine, a meno di 3 chilometri tra loro, con il numero di studenti in costante calo, non appare una scelta attenta perché porta ad un’eccessiva riduzione dei gruppi classe: numeri troppo ridotti, anche al di sotto di cinque studenti, impoveriscono le dinamiche educative, rendono instabile l’organizzazione e complicano il lavoro didattico», sostiene Freschi, che riporta alcuni dati: «Dal 2020 ad oggi l’istituto comprensivo Val Rendena ha perso quasi un centinaio di iscritti e potrebbe perderne altri 50 entro il 2028». «La difesa dello status quo sembra quindi rispondere più a logiche campanilistiche e alla difficoltà al dialogo tra le varie amministrazioni che all’interesse educativo dei bambini — prosegue — Se da un lato è comprensibile l’attaccamento affettivo alla scuola del proprio paese, dall’altro non è giustificabile sacrificare la qualità dell’istruzione dei nostri alunni per mantenere uno schema organizzativo non più sostenibile». Negli ultimi anni la Provincia ha ridotto il numero massimo di studenti per classe, ma «qui ci troviamo nell’estremo opposto, con gruppi talmente scarsi da privare gli alunni di stimoli, confronto e possibilità di crescita piena — conclude — Una riorganizzazione intelligente delle sedi permetterebbe di ricostruire gruppi classe equilibrati».
Il dato
Elementari, in 10 anni sparite 74 classi. Gerosa: «No alla chiusura delle scuole, valutiamo gli accorpamenti»
di Tommaso Di Giannantonio
Il caso più recente a Sella Giudicarie, ragionamenti in corso anche a Giustino: «Conseguenza del calo demografico, ma anche opportunità per migliorare l'offerta»
Istruzione
Uno studente su 5 non frequenta l’ora di religione. La percentuale più bassa? Nei licei
di Valerio Amadei
Alla ricorrenza dei 40 anni dell’intesa Cei–Stato, al Polo Vigilianum l’arcidiocesi di Trento fa il punto tra dati in flessione, nuove sfide educative e progetti di dialogo nelle classi sempre più plurali