Il caso

martedì 16 Dicembre, 2025

Inchiesta Romeo, il giudice frena: niente archiviazione, si decide tutto in aula a febbraio

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Verranno sentite le parti, poi si deciderà per Benko, Hager e gli altri 42 indagati

Nuovo risvolto nella maxi inchiesta «Romeo» aperta sei anni fa, sugli intrecci tra affari, politica e appalti. Se la Procura di Trento è determinata ad archiviare la parte più corposa del procedimento, quella con le accuse più gravi, convinta dell’inutilizzabilità di alcuni atti di indagine e di parte delle intercettazioni — circostanza questa che ha portato a fiaccare l’impianto probatorio rispetto all’ipotesi di associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso e riguardo a una serie di reati-fine — il giudice per le indagini preliminari Enrico Borrelli invece frena. Non ha infatti accolto la richiesta di archiviazione che i sostituti procuratori Alessandro Clemente e Federica Iovene (questa di Bolzano) hanno depositato il 26 novembre: 24 pagine in cui vengono smontate in modo puntuale — perché senza elementi di prova a supportarle, motivano i pm — 35 contestazioni a carico di 44 indagati (su 77 totali). In primis nei confronti dei principali otto finiti agli arresti domiciliari un anno fa, il 3 dicembre 2024, tra i quali la pubblica accusa riconosce vi fosse, fra 2020 e 2023, un clima di generale fibrillazione. Ma non c’è prospettiva di procedere secondo i titolari dell’inchiesta, data l’«infondatezza della notizia di reato» e l’assenza di una «ragionevole previsione di condanna». Qualche contestazione rimane ancora in piedi per i principali (e altri indagati) ma sono comunque singole ipotesi. Gli otto già raggiunti da misure le cui posizioni secondo la Procura vanno alleggerite del tutto o in parte sono il commercialista altoatesino Heinz Peter Hager, l’imprenditore arcense Paolo Signoretti, l’ex sindaco di Dro ed ex senatore Vittorio Fravezzi, l’allora sindaca di Riva, Cristina Santi, la funzionaria del Comune di Bolzano, capo ufficio del servizio urbanistica, Daniela Eisenstecken, gli architetti altoatesini Andrea Saccani e Fabio Rossa e il presunto uomo di fiducia di Hager, il giornalista Lorenzo Barzon (per lui e Rossa la Procura ha chiesto di «cancellare» tutte le accuse). E se gli otto nel frattempo sono tornati liberi non fu invece mai eseguita la misura negli confronti del tycoon austriaco René Benko, considerato al tempo presunto vertice dell’associazione.
Di archiviare, al momento, il gip non ci pensa proprio: una richiesta, scrive, che non può appunto trovare accoglimento. Non procederà con alcun decreto in tal senso ma ha fissato udienza, che si terrà a febbraio 2026, per sentire le parti. Solo allora deciderà se archiviare come da richiesta dei pm (o anche solo una parte), se invece ordinare ulteriori indagini o ancora disporre che la Procura formuli l’imputazione coatta, che eserciti cioè l’azione penale.

Su Benko&Co
Per i pm non si è raggiunta la prova dell’esistenza di un’associazione a delinquere tra i nove principali indagati, di un sodalizio che andasse oltre il duo Hager-Signoretti, insomma di un gruppo criminale preordinato per mettere a segno una serie di delitti, anche con agire mafioso (pure di questo non ci sarebbero riscontri). Delitti come la corruzione di pubblici ufficiali, l’intimidazione estorsiva nel confronti dell’ex sindaco di Riva Mosaner, di intermediazione illecita tra impresa e politica e ancora finanziamento illecito ai partiti. Se queste condotte ci sono state è stato su accordo di un indagato con un altro, non all’interno di un sodalizio che perseguiva interessi comuni, ha concluso la Procura, ridimensionando così il quadro accusatorio iniziale. Per i pm gli interessi nonchè gli intenti illeciti degli imprenditori Hager-Signoretti — impegnati negli affari del Waltherpark e del Gries Village a Bolzano, dall’altra nella riqualificazione dell’area ex Cattoi a Riva del Garda — sarebbero stati raggiunti con il supporto di persone di volta in volta utili al loro tornaconto, fosse per condizionare, per un confronto strategico o per velocizzare e oliare i meccanismi burocratici e amministrativi. Quanto all’ex magnate austriaco Rebé Benko, per gli inquirenti non c’è prova che avesse tenuto le fila di un accordo illecito che legava tra loro imprenditori, politici e funzionari pubblici, che insomma fosse stato il promotore di quella che era stata inquadrata come associazione. Cadrebbe così l’unica contestazione nei confronti dell’ex magnate. Quanto a Fravezzi non ci sarebbe prova che le sue condotte di «facilitarore» fossero legate quanto meno a Signoretti. Ancora, secondo i pm, l’ex sindaca di Riva Santi avrebbe tratto dalla conoscenza di Signoretti un suo tornaconto personale e politico visto che l’imprenditore le aveva in parte finanziato la campagna elettorale del 2020 che l’aveva vista vincente. Sempre da lui aveva ottenuto una sponsorizzazione per la Cestitica Rivana (di cui Santi era presidente), oltre alla concessione in affitto al Comune dell’area ex Cattoi come parcheggio. Raggiunti i suoi scopi, Santi avrebbe però preso le distanze da Signoretti.

Traffico influenze illecite
L’impossibilità di usare le intercettazioni come prove di reati diversi da quelli per i quali erano state autorizzate, a detta della Procura fanno cadere le ipotesi di influenze illecite a carico di Hager e Signoretti, con la mediazione di Fravezzi, per ottenere i favori dell’allora sindaco di Arco Alessandro Betta e dell’assessore all’urbanistica Nicola Cattoi per velocizzare l’iter di approvazione del progetto di riqualificazione dell’ex hotel Arco. Ancora i pm, riferendosi alla normativa vigente, fanno venire meno anche l’ipotesi rispetto agli episodi per ottenere favori nei comuni di Arco, Cavedine, Dro e Riva e a fatti che vedevano coinvolti anche un ufficiale in congedo.

Rivelazione segreto d’ufficio
Il non poter usare le intercettazioni ha portato a chiedere l’archiviazione anche per l’ipotesi di rivelazione di segreto d’ufficio contestata a Eisenstecken, Signoretti, Fravezzi, all’ex assessore di Riva Mauro Malfer (rispetto alla riqualificazione dell’ex Cattoi e all’ampliamento dell’hotel Lido), ancora all’allora assessore di Dro Marino Matteotti (per l’affare della Torre Guaita di Pietramurata) e all’imprenditore interessato. Quanto a Eisenstecken non vi è prova che abbia agito per favorire le imprese di Hager, né per un proprio tornaconto. Si sarebbe sentita in dovere di assumere determinare decisioni funzionali al progetto del Whalterpark in base a precise direttive assunte dal Comune di Bolzano e che ricadevano, a cascata, sui dipendenti.

Tentata estorsione a Mosaner
Per i pm non ci sono riscontri nemmeno della tentata estorsione che veniva contestata sulle prime ad Hager e Signoretti ai danni dell’allora sindaco di Riva Adalbert Mosaner contrario all’ex Cattoi. Una contestazione, questa, difficilmente configurabile: i due indagati avrebbero agito per condizionare sì le scelte politiche dell’allora primo cittadino ma soprattutto per renderlo incompatibile nella deliberazione, cosa che era poi avvenuta.
Per gli stessi Hager e Signoretti la Procura ha chiesto inoltre di far venire meno anche l’ipotesi di reati fiscali legati ai finanziamenti delle campagne elettorali.