Il diario
mercoledì 12 Novembre, 2025
Lula da Belém lancia la Cop30: «Dobbiamo essere più coraggiosi nel trasformare la realtà»
di Paolo Lima Allegra Zaia
Il diario dei trentini dalla città amazzonica, giorno 1: inaugurazione, trattative e primi risultati
Nella suggestiva cornice della foce amazzonica, dove il grande fiume incontra l’oceano, ha preso ufficialmente il via la Cop30 – la 30esima Conferenza delle Parti della Unfccc (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). L’apertura ha segnato non solo un momento simbolico, ma l’avvio concreto di una conferenza che il Brasile – e l’intera comunità internazionale – vogliono trasformare in un punto di svolta per l’azione climatica. Per due settimane 55mila persone tra leader, attivisti e negoziatori da quasi 200 Paesi del mondo si incontreranno per capire come passare dalle promesse ai fatti e costruire insieme nuove alleanze per proteggere il nostro futuro. Ad accoglierli, 1500 volontari e un messaggio forte da parte del paese ospitante.
All’apertura, il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha esordito dichiarando le seguenti parole: «Questa sarà la Cop della verità, è tempo di prendere sul serio gli avvertimenti della scienza; è tempo di affrontare la realtà e decidere se abbiamo il coraggio e la determinazione per trasformarla». Nel suo discorso, Lula si è opposto, in modo netto, contro il negazionismo climatico: «Controllano gli algoritmi, seminano odio, diffondono paura, attaccano le istituzioni, la scienza e le università. È il momento di infliggere una nuova sconfitta ai negazionisti». L’obiettivo sottolineato dal presidente brasiliano è l’aspetto sociale della sostenibilità: mettere al centro dell’azione climatica le persone e le comunità indigene. Ha infine concluso il suo discorso con un appello alla calma e alla riflessione: «Spero che la serenità della foresta ispiri in tutti noi la chiarezza di pensiero di cui abbiamo bisogno».
«Dalle promesse ai fatti»
Simon Stiell, segretario esecutivo Unfccc, si è posto ai Paesi parte con tono piuttosto provocatorio: «Il vostro compito qui non è quello di combattersi l’un l’altro. Il compito è combattere la crisi climatica, insieme». Ha dato un indirizzo chiaro ai governi: sebbene l’Accordo di Parigi sia ancora considerabile un successo, è necessario fare di più. «Qui a Belém dobbiamo unire il mondo delle negoziazioni climatiche alle azioni reali dell’economia. Ogni gigawatt di energia pulita taglia l’inquinamento e crea nuovi posti di lavoro. Ogni azione per la resilienza salva vite, rafforza le comunità e protegge le catene di approvvigionamento globali da cui dipendono tutte le economie».
Al centro di confronto tra i 162 paesi ci saranno i nuovi Contributi determinati a livello Nazionale (Ndcs), ovvero gli impegni che ogni Stato è tenuto a presentare ogni cinque anni per ridurre le emissioni. Le promesse fatte dai governi porterebbero il Pianeta a riscaldarsi di 2,5 gradi, ben oltre la soglia di sicurezza.
Un decennio di accelerazione
L’Alleanza dei piccoli Stati insulari (Aosis) ha chiesto di inserire nell’agenda una revisione ambiziosa degli Ndcs. Come dichiarato da Ilana Seid, ambasciatrice di Palau, «l’obiettivo di 1,5 gradi è la nostra stella polare». Tuttavia, l’iniziativa incontra l’opposizione dei grandi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e altri membri del gruppo dei «Like-Minded Developing Countries», i quali prediligono un approccio più flessibile all’Accordo di Parigi, puntando al limite dei 2 gradi. Ciononostante, la comunità scientifica ha messo in chiaro che il superamento di 1,5 gradi potrebbe innescare punti di non ritorno con conseguenze irreversibili sugli ecosistemi.
Nei primi giorni della Cop30 il presidente della Conferenza, André Corrêa do Lago, ha mostrato i frutti di un intenso lavoro diplomatico condotto nelle settimane precedenti, che ha permesso un avvio ordinato e pragmatico dei negoziati. L’agenda ufficiale è stata approvata senza intoppi, segnando l’inizio formale dei lavori. Restano tuttavia alcuni punti ancora oggetto di discussione, proposti da diverse delegazioni. Per affrontarli, la presidenza ha avviato consultazioni supplementari, tuttora in corso, che dovrebbero concludersi entro mercoledì. Il percorso che ha portato alla Cop30 ha visto Corrêa do Lago impegnato da mesi in una serie di dieci lettere all’«intera comunità internazionale», che hanno orientato la cooperazione climatica globale verso Belém. Nelle sue missive, egli ha delineato le priorità centrali: rafforzare il multilateralismo, collegare l’azione climatica alla vita reale delle persone e delle economie, accelerare l’attuazione dell’Accordo di Parigi.
Cop30, i primi annunci
Alle porte dell’Amazzonia, il Brasile ha aperto la Cop30 puntando i riflettori sulla tutela delle foreste tropicali. Il governo ospitante ha lanciato la «Tropical Forests Forever Facility» (Tfff), un fondo internazionale dedicato alla salvaguardia delle foreste tropicali. L’iniziativa, guidata dalla presidenza brasiliana, ha già raccolto oltre 5,5 miliardi di dollari in impegni finanziari da 53 Paesi — tra cui 34 nazioni che custodiscono oltre il 90% delle foreste tropicali dei Paesi in via di sviluppo. L’Italia, tuttavia, non figura tra i firmatari. Il fondo sostenuto primariamente dal Brasile e Indonesia incarna l’idea di un Sud Globale protagonista, che lavora e collabora per il Sud globale stesso, con la collaborazione di partner del Nord come Norvegia, Francia e Germania. L’obiettivo è quello di premiare la conservazione e accelerare la transizione verso modelli agricoli rigenerativi, capaci di assicurare sicurezza alimentare senza sacrificare gli ecosistemi. Sul fronte europeo, l’Unione europea si presenta ai negoziati con un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Bruxelles ha consegnato al Segretariato dell’Unfccc il nuovo Ndc (Nationally Determined Contribution), fissando un traguardo intermedio di riduzione tra il 66,25% e il 72,5% entro il 2035. Un segnale chiaro della volontà europea di mantenere alta l’ambizione climatica.
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