Trento
lunedì 3 Novembre, 2025
C’è la manifestazione per la «remigrazione», arrivano gli antagonisti: è scontro con la polizia
di Ubaldo Cordellini e Lucia Ori
Cronaca di una serata ad alta tensione: da un lato 300 persone della galassia antifa, dall'altra 50 militanti di CasaPound
                                
                                                            Calci e spinte sugli scudi dei poliziotti della celere, slogan dal sapore anni settanta conditi con insulti fantasiosi pronunciati con forte accento veneto. Per meno di mezzora alla confluenza tra piazza Centa, via Segantini e via Fratelli Fontana Trento sembrava essere precipitata in pieni anni settanta. Da una parte oltre 300 antifascisti che protestavano contro i Cpr e i «fascisti e razzisti» in generale e dall’altra cinquanta simpatizzanti di Casapound, movimento di estrema destra che aveva indetto una manifestazione in piazza General Cantore per sostenere la remigrazione e, di fatto, l’espulsione di chi non è in regola a pochi metri dal dormitorio per senzatetto di via Bellesini il giorno della sua riapertura.
In mezzo la polizia e i carabinieri che hanno dovuto faticare le proverbiali sette camicie per evitare che le due fazioni venissero a contatto. Gli antifascisti si sono ritrovati verso 18 e 30 in piazza Duomo.
C’erano molti esponenti dell’Anpi, l’associazione partigiani, con uno striscione con il loro slogan storico «Ora e sempre resistenza», gli attivisti del centro sociale Bruno esponenti del mondo del lavoro con le bandiere della Fiom-Cgil, rappresentanti dei volontari delle scuole d’Italiano per migranti, giovani universitari e anche liceali. In piazza Tommaso Baldo del Bruno ha spiegato chiaro e tondo che il corteo voleva dimostrare che a Trento non c’è posto per chi si ispira all’ideologia fascista e che ora vuol fare pulizia etnica rimandando a casa persone che sono scappate dalla miseria o dalla guerra.
Esponenti dell’Anpi hanno aggiunto che Casapound e chi parla di remigrazione viola apertamente la Costituzione. Poi il presidio si è sciolto in un corteo che ha percorso via Belenzani, via Manci verso piazza Dante per fare una paura sotto il palazzo della Regione. Proprio qui un gruppo di ragazzi arrivati in treno dal Veneto si è unito alla manifestazione e gli uomini delle forze dell’ordine hanno capito che la serata non sarebbe stata tranquilla. Infatti il corteo ha percorso a grandi passi via Vannetti per arrivare in piazza Centa, ma proprio all’imbocco di via Fratelli Fontana c’erano almeno una ventina di agenti della celere con scudi, caschi e manganelli. I ragazzi arrivati da fuori dopo aver urlato agli agenti di lasciare libero il passo hanno cercato di forzare il blocco. Per tre volte hanno preso a calci gli scudi del reparto schierato su due file con un agente che teneva lo scudo e quello dietro che colpiva con il manganello. Calci e spinte da una parte, manganellate dall’altra, ma senza feriti.
Un paio di agenti sono finiti a terra sotto l’urto dei manifestanti, ma si sono prontamente rialzati. Nessun ferito, ma tanta adrenalina e altri slogan. Intanto dall’altra parte del sottopassaggio ferroviario un altro gruppo di antagonisti aveva fatto il giro ma era stato bloccato all’inizio di corso Buonarroti da un reparto dei carabinieri e da altri agenti della polizia all’inizio di Corso Buonarroti. Al centro di piazza General Cantore, gli esponenti di Casapound sventolavano bandiere italiane dietro a uno striscione con su scritto «Remigrazione». Gli esponenti di spicco del movimento hanno parlato con il megafono al gruppo al centro del giardino della piazza. Si sono alternati Filippo Castaldini e Emilio Giuliana, ma la loro voce più volte è stata sovrastata dalle urla di una ragazza che era riuscita ad arrivare a tiro di voce e li insultava tanto che Castaldini è andato a chiedere ai poliziotti di farla smettere. I discorsi si dipanavano intanto evocando la teoria della sostituzione etnica, sostenendo che l’immigrazione provocherebbe «sostituzione demografica e culturale». Castaldini ha parlato di «riconquista delle città» e della necessità di riportare l’Italia a «un Paese in cui non siamo minoranza». Nel mirino anche realtà locali attive nell’accoglienza. Castaldini ha accusato operatori e amministratori di «avere bisogno della sofferenza dei migranti per mantenere i posti di lavoro». C’è stato anche chi ha paventato il pericolo «dell’estinzione dell’uomo bianco», attribuendola a «poteri finanziati da Soros e dal sionismo internazionale». C’è stato chi ha definito l’aborto come la vera “pena di morte”, intrecciando retorica suprematista, complottismo e riferimenti nazionalisti.