l'inchiesta

mercoledì 24 Settembre, 2025

Corsi di formazione per richiedenti asilo, le imprese si schierano a favore: «Così combattiamo l’emarginazione»

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La Provincia contraria: «Niente scorciatoie». Gerosa: «Integrazione solo per chi entra legalmente»

Il mondo delle imprese sposa la proposta dell’Università popolare trentina (Upt) di realizzare corsi di formazione per le persone richiedenti asilo. «Ora serve una strategia complessiva, fondata su una visione ampia e strutturata di integrazione sociale ed economica», rilanciano i rappresentanti di Confindustria, Confesercenti e Federcoop. Ma la Provincia chiude. « Essere stranieri non significa avere scorciatoie», spiega l’assessora all’istruzione Francesca Gerosa. Più cauto il vicepresidente e assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli: «Valuteremo».
Confindustria
L’Upt ha presentato il progetto due giorni fa a tutte le associazioni economiche. «La nostra proposta è molto semplice — ha spiegato il presidente dell’Upt Ivo Tarolli su il T di ieri — organizzare corsi di formazione per i giovani migranti tra i 20 e i 29 anni tramite una scuola di formazione professionale». Si parte da un dato di fatto: «Ogni anno in Trentino abbiamo dai 1.300 ai 1.500 richiedenti protezione internazionale: circa la metà di questi resta sul territorio e rischia di andare a infoltire le fila della piccola criminalità». Un’iniziativa accolta subito con favore dal presidente della Camera di commercio Andrea de Zordo, alla guida anche dell’Associazione degli artigiani del Trentino.
Confindustria
In Trentino ben il 59% delle imprese (il dato più alto in Italia) riscontra difficoltà a reperire personale. «Se partiamo dal presupposto che le aziende hanno difficoltà a trovare personale e che abbiamo un importante problema di denatalità, dovremmo interessarci a gestire il flusso di immigrati — considera il direttore generale di Confindustria Trento, Roberto Busato — Per prima cosa bisogna prevedere una formazione di base per l’insegnamento della lingua italiana e degli usi e costumi». In questo modo, «daremo una risposta sia al problema dell’occupazione sia a quello della sicurezza». I percorsi di inserimento lavorativo «conferiscono dignità ai richiedenti asilo e — aggiunge — riducono la delinquenza: queste persone, in assenza di un lavoro, non possono fare altro che delinquere, anche perché, come ci è stato detto dalla questura, molto spesso hanno la necessità di inviare i soldi alle loro famiglie per pagare le spese del viaggio della disperazione». Il lavoro, dunque, diventa un veicolo di emancipazione.
Una delle ipotesi è quella di attivare un corso di formazione di 8 mesi e «poi avviare un percorso di tirocinio duale e formazione professionale». «Dobbiamo fare i complimenti all’Upt per questa proposta, ma non può essere lasciata da sola — conclude — Adesso è necessario istituire un tavolo strutturato che coinvolga tutti i soggetti interessati, dagli assessorati competenti all’Agenzia del lavoro».
Cooperazione
Un’idea messa nero su bianco da Federcoop nel nuovo protocollo d’intesa siglato con Piazza Dante: «Provincia e Federazione — si legge nell’accordo presentato ieri (vedi pagina 17) — condividono l’importanza di costruire un percorso di inserimento destinato al personale straniero». «Oggi l’integrazione delle persone straniere — sottolinea il presidente della Federazione trentina della cooperazione, Roberto Simoni — è diventata una necessità, sia per ragioni economiche che per ragioni sociali. La volontà della Cooperazione è quella di incrementare il proprio contributo. Ci stiamo già ragionando con la giunta provinciale, con cui c’è un buon rapporto: partendo dall’aspetto economico, riteniamo che i buoni rapporti possano smussare la barriera ideologica».
Confesercenti
Il presidente di Confesercenti ricorda che la proposta dell’Upt «era già stata sottoposta al Coordinamento imprenditori qualche anno fa, quando ne ero presidente. Già allora avevamo colto il senso, ossia il tentativo di trasformare un fenomeno complesso come l’immigrazione, in una risorsa per il tessuto economico e sociale del nostro territorio. Oggi il tema resta di grande attualità e rilevanza sociale».
Le parole di Paissan confermano quanto sia diffusa la difficoltà a reperire lavoratori. «Le imprese trentine, in particolare nel commercio, nei servizi, nell’edilizia e nell’artigianato, vivono da tempo crescenti difficoltà nel reperire manodopera — prosegue — Al contempo, centinaia di richiedenti protezione internazionale restano sul territorio e necessitano di prospettive di inclusione: in caso contrario, il rischio concreto è che finiscano ai margini, con conseguenze negative in termini di disagio e sicurezza. Una sfida tutt’altro che semplice».
Non bastano, però, le dichiarazioni d’intenti. «La formazione può rappresentare una risposta utile. È però una strada in salita — avverte Paissan — Non possiamo ignorare le criticità: servono risorse adeguate, percorsi mirati ai fabbisogni reali delle imprese, garanzie sulla qualità e stabilità degli inserimenti lavorativi. È soprattutto un passaggio culturale complesso, che richiede tempo, consapevolezza, convinzione e perseveranza. Perché abbia successo, però, deve inserirsi in una strategia complessiva coerente, fondata su una visione ampia e strutturata di integrazione sociale ed economica. Solo così iniziative come questa, pur animate da intenti condivisibili, potranno trasformarsi in risultati concreti e duraturi, a beneficio sia delle imprese che della comunità trentina».
Provincia
Nel 2018, ricordiamo, la prima giunta Fugatti – sulla scia dei cosiddetti decreti «Sicurezza» (governo Conte I) – ha tagliato i servizi per le persone richiedenti asilo e ridotto il numero di posti dell’accoglienza in Trentino. Qualche mese fa, inoltre, nell’ambito della nuova gestione della Residenza Fersina (di Trento), la Provincia ha replicato i tagli del decreto «Cutro» in materia di accoglienza. E ora, di fronte alla proposta dell’Upt, Piazza Dante assume un atteggiamento di chiusura. «Nel momento in cui uno straniero entra in Italia in maniera legale – ripeto, in maniera legale, questa è una discriminante – e poi rimane sul territorio, dobbiamo lavorare perché ci sia un’integrazione», afferma Gerosa. Solitamente, però, le persone richiedenti asilo arrivano in Italia in modo irregolare, solo dopo aver presentato domanda sono regolarmente soggiornanti. Quindi, di fatto, la Provincia chiude alla maggior parte di loro. « Essere stranieri, inoltre, non significa avere scorciatoie — prosegue l’assessora — Se sei straniero e adulto non puoi avere una scorciatoia in un percorso di formazione. Ricordo che i nostri ragazzi per avere il primo step di qualifica devono comunque studiare 3 anni». Gerosa ricorda anche le attività della Provincia a favore delle persone straniere adulte: «Ci sono le scuole serali nei centri Ada e c’è la formazione professionale serale in tre istituti (al Pertini e agli alberghieri di Levico e Rovereto), in cui sono riconosciute competenze pregresse. Per i richiedenti asilo, invece, facciamo corsi di alfabetizzazione, in accordo con il commissariato del governo». Spinelli è più cauto: «Qualsiasi contributo che migliori l’utilità sociale di uno straniero è ben accetto. Valuteremo. Io ho sempre sostenuto che l’approccio deve essere più ampio: non va centrato solo sul lavoratore, ma sulla persona, con le sue esigenze e i suoi bisogni, oltre che i suoi doveri e diritti».