La storia

venerdì 12 Settembre, 2025

Condannato per prelievi da un bancomat rubato, sessantenne si difende: «Ero curioso di vedere se funzionava»

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La tessera era stata sottratta durante un raid in una casa di Trento e poi era stata utilizzata per tre prelievi per un importo di oltre mille euro

«Signor giudice cosa vuole? Io sono una persona curiosa e quando ho trovato quel bancomat sul marciapiede ho subito voluto vedere se funzionava. Così sono andato a ritirare i soldi». Sembrava quasi una battuta di spirito, quella di un sessantenne comparso nei giorni scorsi davanti al giudice monocratico di Trento con l’accusa di furto in abitazione. Secondo la procura, l’uomo, difeso dall’avvocato Andrea Zambon di Treviso, avrebbe rubato una tessera bancomat durante un raid ladresco a Trento. Capelli e barba bianca, portamento e abbigliamento signorile, l’uomo, cittadino italiano, si è presentato in udienza negando decisamente di aver rubato quella tesserina, ma ha ammesso di averla usata. Ha spiegato che la tessera l’aveva semplicemente trovata per strada e che non ha resistito alla tentazione di usarla. Ma non per rubare. No, assolutamente. Se è andato a ritirare 500 euro la prima volta è solo perché è una persona curiosa e lo ha fatto ancora altre due volte perché è una persona molto curiosa. Così è riuscito a ritirare più di mille euro, ma non aveva fatto i conti con le telecamere di cui ormai tutti gli sportelli bancomat sono dotati. E il conto è arrivato ed è bello salato.
L’uomo era stato rintracciato dai carabinieri che hanno potuto constatare che si trattava di una vecchia conoscenza della giustizia italiana. Le verifiche hanno portato a lui nel giro di qualche mese. La macchina si è messa in moto ed è partito il procedimento penale. L’uomo è stato denunciato all’autorità giudiziaria per furto in abitazione, reato specifico previsto dall’articolo 624 bis del codice penale che prevede pene da 4 a 7 anni di reclusione in virtù proprio delle caratteristiche particolarmente odiose della condotta criminale in questione. L’inasprimento della pena era stata prevista proprio per tutelare il bene dell’intimità della casa e della residenza e, quindi, della tranquillità familiare. Un reato odioso che rischia di costare molto caro al sessantenne canuto. L’uomo ha cercato di giustificare la sua condotta con la curiosità, ma di fatto ha ammesso di essere stato lui a usare il bancomat: «Signor giudice sono molto curioso e ho continuato a ritirare i soldi per vedere se funzionava ancora», ha detto sfidando il senso del ridicolo e anche l’ironia che risate, più o meno soffocate, che le sue parole stavano suscitando in aula. Una giustificazione che non ha, però, fatto molta presa. Il giudice, infatti, lo ha ritenuto colpevole del reato di furto in abitazione, ben più grave di quello previsto dall’articolo 493 del codice penale, ovvero il reato di utilizzo indebito di strumenti di pagamento diversi dal contante. In questo caso, la norma punisce il comportamento di chi usa un bancomat o una carta di credito, ad esempio, pur essendo consapevole che non gli appartengono. In questo caso, la pena è ben più mite e va da uno a cinque anni di reclusione. Ed è proprio qui che la difesa del ladro curioso voleva andare a parare: ottenere una pena tutto sommato contenuta ammettendo quello che non poteva essere negato, ovvero l’uso del bancomat immortalato, del resto, dalle telecamere dello sportello. In questo caso, l’uomo avrebbe potuto ottenere una condanna a una pena ben inferiore ai tre anni di reclusione evitando il rischio di finire dietro le sbarre. La condanna a 4 anni e due mesi, invece, rischia di aprirgli le porte del carcere se i successivi gradi di giudizio dovessero avere un esito simile a quello in Tribunale. Se la condanna dovesse restare al di sopra dei tre anni, l’uomo rischia seriamente di finire in carcere per un periodo piuttosto lungo. Adesso non gli resta che sperare nella clemenza dell’appello. Intanto dovrà aspettare le motivazioni della sentenza di primo grado e sperare che ci sia lo spazio per migliorarne le conclusioni.