L'intervista
sabato 30 Agosto, 2025
TrentiNoGlutine, la startup per celiaci si allarga. La fondatrice Elena Iacomella: «Nel 2010 ho scoperto di avere questa intolleranza e ho iniziato a promuovere prodotti locali senza glutine»
di Stefano Marini
«Il passaparola ci ha fatto crescere fuori dal territorio, ma i prodotti locali rimangono la nostra forza»

TrentiNoGlutine è un’attività pioniera a livello nazionale nella produzione di pietanze senza glutine e senza Lattosio. Nata 15 anni fa da un’intuizione di Elena Iacomella, coadiuvata da sua cognata e da suo marito Santino Campagnoli, l’impresa è cresciuta nel tempo, coinvolgendo i figli Ilaria e Nicola, più numerosi collaboratori. Di recente TrentiNoGlutine ha cambiato sede, trasferendosi nei locali dello storico ex bar Conventino di Lodrone, arrivando proprio sulla «porta del Trentino» e uno spunto per approfondire la storia dell’attività con la titolare, Elena Iacomella.
Come nasce TrentiNoGlutine?
«L’idea di realizzare un laboratorio artigianale per creare prodotti alimentari senza glutine mi è venuta nel 2010, quando ho scoperto di avere la celiachia. All’epoca nel settore c’era pochissima scelta e le pietanze erano di scarsa qualità. All’inizio pensavamo di avere come mercato di riferimento solo il Trentino, tanto è vero che i prodotti erano quelli tipici trentini. Da qui la scelta del nome. Volevo dare l’idea di un prodotto locale, genuino, di qualità e al tempo stesso sicuro per le persone affette da intolleranze alimentari e celiachia».
Come siete riusciti a mettere in pratica la vostra idea?
«Mio marito aveva esperienza con fatturazione e consegne, io con la parte amministrativa e burocratica e mia cognata aveva competenze nel settore della ristorazione. Abbiamo impiegato più di 6 mesi per trovare le ricette prima di aprire e abbiamo investito in formazione. Quanto all’aspetto commerciale, fornivamo soprattutto negozi specializzati nei grandi centri del Trentino, e poi anche un punto vendita a Bolzano. Il nostro vecchio negozio si trovava lungo la Statale del Caffaro e questo ha fatto sì che la gente di passaggio vedesse l’insegna e si fermasse. Si è generato un forte passaparola, con i clienti che chiamavano i loro fornitori i quali a loro volta ci contattavano. Così, senza fare nessuna pubblicità, abbiamo esteso l’attività anche fuori dalla Provincia di Trento. Un punto di forza molto apprezzato è proprio che produciamo e vendiamo prodotti trentini. Canederli, strangolapreti, gnocchi di patate, strudel, sacher e pane bretzel».
Quali differenze ci sono tra un laboratorio alimentare come il vostro e uno classico?
«La produzione di alimenti senza glutine è un po’ più difficoltosa di quella tradizionale perché, per l’appunto, manca il glutine che è un collante che aiuta nella lievitazione e nell’elasticità della lavorazione. Si deve quindi sopperire con addensanti naturali, ad esempio lo Psyllium. I produttori industriali mettono molti additivi perché le macchine hanno bisogno di elasticità e consistenza costanti. In un’attività artigianale come la nostra invece si lavora a mano e c’è la possibilità di ammorbidire oppure di asciugare il prodotto in base alle esigenze del momento. Non usiamo preparati, la sfoglia la facciamo noi, così come la pasta all’uovo e questo ci viene riconosciuto come un valore aggiunto dai clienti. C’è però la massima attenzione per la salubrità, quindi tutti i prodotti vengono pastorizzati e abbattuti, mentre la conservazione è garantita dal confezionamento con gas Atm».
Qual è il vostro vantaggio competitivo?
«Oltre alla genuinità, una cosa che ci ha aiutato molto è che i nostri prodotti sono notificati al Ministero della Salute. Significa che siamo garantiti dal Ministero e quindi la nostra produzione è anche erogabile. In concreto chi ha la celiachia ed è in possesso dell’esenzione può acquistare ciò che vendiamo avvalendosi del contributo del Servizio Sanitario Nazionale. Quando abbiamo iniziato non c’era il fresco erogabile. L’azienda sanitaria provinciale non sapeva come potessimo fare per certificare i prodotti. Sono stata a Roma più volte da un dirigente del Ministero della Salute e alla fine ci siano riusciti. In questo siamo stati un po’ pionieri a livello nazionale».
Come è stato cambiare sede?
«Quest’anno c’è stato molto movimento in più proprio grazie alla nuova location, con tante persone che passavano in bici oppure tornavano da Riva o dalla Val di Ledro e, vedendoci, si fermavano. Poi ci sono gli stranieri. Quest’anno mia figlia Ilaria ha deciso di non chiudere nei giorni di Ferragosto. C’è stato un passaparola tra i turisti tedeschi, olandesi, belgi che hanno apprezzato tantissimo. Per loro trovare un negozio di solo senza glutine è stato stupefacente perché all’esterno a quanto pare non esiste e non sono abituati a trovare prodotti freschi».
Come cambia la vita di un celiaco che inizia a mangiare senza glutine?
«La vita cambia in maniera radicale. La celiachia è una malattia che distrugge i villi intestinali. Non si riescono più ad assorbire sali minerali, proteine, ferro dagli alimenti, cosa che, se non curata, porta la persona a vegetare o anche a morire. Nel togliere il glutine si hanno vantaggi enormi. Io prima di scoprire che ero celiaca avevo un cassetto pieno di medicinali, dopo che ho tolto il glutine non ne ho più toccato uno. A livello di salute sto meglio adesso di quando avevo 30 anni».
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