La storia
domenica 24 Agosto, 2025
Da Borgo Chiese al Belgio, Raffaele Bordiga, ingegnere: «Io progetto la guida del futuro. Quella senza conducente»
di Giacomo Polli
Originario delle Giudicarie, classe 1999, da qualche mese vive nella città di Hasselt e lavora per una startup che sta sviluppando un algoritmo che permette alle automobili di muoversi autonomamente.

Da Borgo Chiese al Belgio per progettare la guida del futuro, quella senza conducente. Questa la storia di Raffaele Bordiga, ingegnere classe 1999 che da qualche mese vive nella città di Hasselt e lavora per una startup che sta sviluppando un algoritmo che permette alle automobili di muoversi autonomamente. Un percorso nato dalla grande passione per le auto e per l’ingegneria che lo ha portato a fare parte del team che lo scorso febbraio ha scritto il nuovo record mondiale di velocità del settore.
Bordiga, da dove parte la sua storia?
«Ho studiato ingegneria per l’automazione al Politecnico di Milano e durante il mio percorso ho lavorato sugli algoritmi che permettono alle macchine di muoversi in totale autonomia. Con l’università abbiamo partecipato a un campionato di corsa creato da un’associazione americana, la Indy Autonomous Challenge, che ha preso dieci monoposto inserendo al loro interno computer e sensori. Il nostro compito era quello di sviluppare le varie parti dell’algoritmo così da far muovere la macchina in autonomia nel migliore dei modi, calcolando ogni dettaglio possibile. Abbiamo gareggiato su circuiti importanti, tra cui quello di Monza. Parliamo di macchine che corrono forte e superano anche i 300 km orari. Abbiamo vinto quasi tutte le gare. Sono partito da qui e poi mi è stato offerto un posto di lavoro in Belgio dopo un anno di ricerca».
E ora di cosa si occupa?
«Lavoro in una startup nata a febbraio che mira a portare tutte queste tecnologie di automazione su strade ad uso comune. Lavoriamo su delle Maserati e stiamo allestendo il primo prototipo di guida autonoma. Con il tempo vogliamo muoverci in autostrada: il focus dell’azienda è infatti la guida senza conducente ad alta velocità. Al momento siamo gli unici a fare questo tipo di lavoro».
Si tratta di una continua ricerca per sviluppare la guida del futuro?
«Sì, la parte più importante della ricerca è stata fatta attraverso le competizioni universitarie, quindi partiamo da una base solida. Il nostro algoritmo sa già guidare e muoversi in autonomia ed è abituato alle condizioni più estreme come quelle che si verificano durante le gare di corsa. Ora raccoglieremo dati in autostrada per insegnare al veicolo a reagire alle dinamiche comuni. La macchina volendo può comunque essere guidata manualmente».
L’obiettivo è limitare possibili errori umani e incidenti?
«Il focus è proprio quello di aumentare la sicurezza e creare macchine più sicure. Gli incidenti in autostrada, ad esempio, sono i più rischiosi e spesso possono risultare fatali. Con la tecnologia si possono prevenire e evitare tantissimi errori. In America le macchine a guida autonoma sono già abbastanza diffuse anche su strade urbane, in Europa invece non ci sono ancora le autorizzazioni. L’unico ente che può farlo è il Politecnico. Nelle città come Milano potrebbe essere davvero la guida del futuro».
Tra le varie esperienze è stato a anche a Cape Canaveral
«A febbraio siamo stati in Florida, sulla pista di Cape Canaveral, quella da dove partono lo space shuttle, e abbiamo fatto il record mondiale di velocità con una Maserati Mc20 a guida autonoma. Abbiamo toccato i 318 km orari».
Un percorso molto particolare…
«Sono appassionato di tecnologia e ingegneria da sempre. Ho studiato al Floriani di Riva del Garda facendo elettronica. Allo stesso tempo ho sempre avuto una grande passione per i motori quindi ho collegato le due cose. È un mondo davvero affascinante, vedere una macchina che si muove grazie ai codici che hai progettato è emozionante. Parliamo di un lavoro che richiede molte ore di impegno dove ogni minimo dettaglio può fare la differenza».
Tornerà mai in Trentino?
«Il Trentino mi è sempre piaciuto tantissimo, soprattutto le montagne e i paesaggi. Quel lato mi manca e in futuro mi piacerebbe tornare. Per quello che sto facendo, però, dalle mie parti non c’è un’opportunità simile. Ora voglio imparare il più possibile da questa esperienza, poi in futuro vedremo».
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