L'appello
domenica 20 Luglio, 2025
Il cardinale Parolin in Trentino: «Gaza, una guerra senza limiti». Dal Primiero un messaggio di pace al mondo
di Manuela Crepaz
Nell’omelia del segretario di Stato vaticano anche «la tragica perdita» di Stava

Nella Valle di Primiero il cardinale Pietro Parolin si spoglia delle formalità delle sale vaticane per tornare tra la gente, con la semplicità di un parroco di montagna (vedi ilT quotidiano di ieri). Ma proprio da lì, dove da lunedì si sta concedendo qualche giorno di riposo, il Segretario di Stato vaticano continua a lanciare messaggi che parlano al mondo.
Venerdì, infatti, intervistato dalla tv nazionale, ha commentato con parole nette la strage di Gaza: «Una guerra senza limiti», ha detto, chiedendo chiarezza sull’attacco militare che ha colpito la chiesa della Sacra Famiglia, causando tre vittime e diversi feriti, tra cui il parroco padre Gabriel Romanelli. Riguardo alle tante guerre in corso, ha ricordato che la Santa Sede è sempre aperta alla mediazione ma «la mediazione – ha affermato – vige soltanto nel momento in cui le due parti l’accettano».
Parole forti pronunciate tra le montagne del Trentino orientale verso il mondo, dove le sue giornate scorrono nella genuinità della vita di comunità. Ogni mattina, alle 8, celebra la messa nella chiesa di Sant’Andrea a Siror. Già dalle 7.30 c’è la presenza discreta delle forze dell’ordine, tre carabinieri e tre militari della guardia di finanza, non tanto per esigenze di sicurezza ma «per gentilezza», come spiegano loro stessi. Una presenza rispettosa, perché in quei luoghi non c’è bisogno di scorte: le persone gli si avvicinano con naturalezza e lui, con umiltà, risponde a tutti con parole di conforto, sorrisi e strette di mano.
Lo stile resta quello sobrio e diretto. Omelie brevi, ma che lasciano il segno. Ieri, il primo pensiero del cardinale è andato alla comunità di Tesero, nel quarantesimo anniversario della tragedia di Stava: una preghiera «per le vittime, per i familiari, per chi porta nel cuore ancora il dolore per la tragica perdita», come ha sottolineato don Giuseppe Daprà, che ospita il porporato nella canonica di Siror. Ogni giorno, dopo la messa, vanno in escursione; sono già stati a Baita Segantini e al lago di Calaita. Il parroco favorisce un clima raccolto, proteggendone la privacy. Dopo il pranzo, il cardinale Parolin riposa e dedica gran parte del pomeriggio alla preghiera, senza però potersi esimere dallo studio delle pratiche legate ai suoi incarichi, che lo seguono anche in vacanza.
Dopo il ricordo di Stava, l’omelia si è concentrata sul tema attuale più urgente. Senza citare i luoghi, è tornato a riflettere sui conflitti citando Papa Leone XIV, che, nel suo discorso ai comunicatori, all’inizio del pontificato, ha dichiarato: «Dobbiamo respingere il paradigma della guerra», sottolineando l’urgenza di una comunicazione che non si pieghi alla violenza verbale o alla competizione sfrenata, invitando a «una comunicazione diversa: che non cerca il consenso a ogni costo, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione e non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui dobbiamo cercarla umilmente».
Se contro la violenza delle armi il singolo può poco, è dalla violenza verbale che si può astenere: «Dobbiamo porre un freno alla violenza che dilaga nel mondo. E non parlo solo della violenza delle armi, che purtroppo è diffusa in tutto il pianeta, ma della violenza che si insinua ogni giorno nei nostri rapporti quotidiani, a cominciare da quella verbale. Molto spesso è più dannosa e micidiale che non l’uso delle armi, comunque anche la violenza delle armi comincia dalla violenza verbale».
Parolin ha puntato il dito contro il clima velenoso che si respira nella società moderna: «Vediamo come anche nel dibattito pubblico, alimentato dai social media, si preferisca procedere a colpi di urla e minacce, di attacchi personali e giudizi senza appello, invece di cercare il dialogo, lo scambio ragionato e pacato, lo sforzo di mettersi nei panni degli altri». Un riferimento chiaro al dilagare della disinformazione: «Oggi conta più la notizia che il fatto stesso, anzi è la notizia a creare il fatto. Le fake news sono la prova evidente di come la realtà venga manipolata per ottenere visibilità».
Tra i banchi, il suo messaggio arriva limpido, senza formalismi: «Il bene non ha bisogno di spettacolarità, non ha bisogno delle luci della ribalta, è riservato, opera dietro le quinte». E ha raccontato un aneddoto: «Quando sono entrato in Segreteria di Stato c’era una frase che diceva: “Il bene non fa rumore e il rumore non fa il bene”. È il male che ha bisogno di spettacolarità!»
Lunedì prossimo, Parolin, cittadino onorario di Primiero, farà ritorno in Vaticano, lasciando dietro di sé non solo un saluto amichevole, ma un messaggio forte: «L’umiltà, la mitezza, la semplicità, la rinuncia alla violenza, la capacità di dire il vero senza umiliare, la riservatezza del bene per chi ha voglia di ascoltare: meno rumore, più sostanza».
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