la storia

lunedì 16 Giugno, 2025

Mariotti, l’ultimo calzolaio di Borgo a luglio andrà in pensione: «Nessuno vuole proseguire. I clienti di oggi? Più cattivelli»

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Nato in Argentina, è stato insegnante, camionista e persino bromatologo: «Ho imparato in due giorni»

Il momento della pensione è arrivato quasi d’improvviso, alla fine, per Pedro Rino Mariotti, il calzolaio di Borgo che da diciotto anni rimette a nuovo scarpe, borse e cinture. «Ho sempre pensato volentieri alla pensione, ma quando mi hanno detto che le carte erano pronte e si avvicinava il momento di chiudere ho pensato: ma come, di già?». A fine luglio Pedro chiuderà le porte del suo negozio in corso Ausugum (un po’ volentieri e un po’ no) alla soglia dei 67 anni – gioventù in Argentina e il resto della vita in Italia, come testimonia il misto di cadenze latine e trentine della sua parlata. E pensa anche ai suoi clienti: perché Pedro, ormai, è uno dei pochi a fare questo mestiere in valle – anzi, l’unico: «Sono l’ultimo rimasto tra Trento e Bassano, tanti calzolai che lavoravano nei dintorni erano anziani e a mano a mano sono andati in pensione. Mi dispiace andarmene, per i clienti che mi sono affezionati e che dicono che lavoro bene. Mi arrivano scarpe da riparare anche da Trento, lì i calzolai ci sono, ma alcuni preferiscono mandarle fino a qui».
Si trova bene a Borgo, dove spesso – ha raccontato – capita che la gente passi anche solo per salutarlo mentre va a fare la spesa, come fa il signore che tutte le mattine entra a lasciargli un cioccolatino. Anche oggi, nella sua bottega entra più di un cliente a ritirare scarpe e a lamentarsi della chiusura imminente.

 

Pedro abita a Valbrenta, ma in questo quasi ventennio di lavoro a Borgo non ha mai pensato di aprire un negozio in Veneto per avvicinarsi a casa: «Avevo aperto un negozio anche a Nove, prima di venire in Valsugana; ma la gente sembrava vergognarsi di portare le scarpe a riparare, le nascondevano sottobraccio. Poi sono venuto qui per sostituire mio figlio, che aveva aperto il negozio, e da allora non ho più pensato di andarmene». Certo, non sono tutte rose e fiori: la gente da qualche anno sembra avere più pretese, «e può essere anche cattivella, quando ci si mette. A volte si lavora poco, e sempre per pochi soldi».

 

Ma Pedro non sembra il tipo che si fa travolgere dalle difficoltà: nato in Argentina, sembra aver fatto suo il nome della capitale della sua provincia, Resistencia. È rimasto nel Chaco per 26 anni, facendo anche tre lavori allo stesso tempo per cercare di tenere il passo con l’inflazione imprevedibile di quegli anni. Con un curriculum quanto mai particolare, Pedro ha lavorato come insegnante di elettrotecnica in un istituto tecnico, come pubblico impiegato e come bromatologo (il chimico che si occupa di studiare la composizione dei cibi, ndr.), tutto allo stesso tempo. Quando anche tre lavori hanno smesso di essere abbastanza, nel 1984 ha raggiunto con moglie e figlio piccolo il cognato in Veneto, e ha aggiunto un altro impiego al suo portfolio: camionista, girando l’Italia e l’Europa per vent’anni, trasportando mobili per una ditta locale. «Mia mamma in Argentina mi diceva: Vai in Italia, lì farai strada. Eccome se ne ho fatta, ma col camion», ha ricordato ridendo.
È sempre stato un tipo pratico e dalla buona manualità, ha raccontato: «In Argentina serviva sapersi arrangiare in un po’ di tutto, e questo mi ha portato ad essere una persona che ci prova sempre, che si butta sempre e che si adatta a tutto. Sono venuto in Italia senza sapere la lingua, senza sapere come funzionava la burocrazia, ma sono tutte paure che si possono superare».
Quando è stata l’ora di buttarsi in una nuova avventura, ci ha messo poco a imparare a fare il calzolaio: «Sono stato due giorni da un amico esperto, ho capito come è meglio fare e non fare, e ho cominciato subito. Il mestiere di per sé non è difficile, si impara col tempo, ed è importante che ci sia qualcuno che lo sa fare».

 

Forse anche per questo, Pedro parla con malinconia del non essere riuscito a passare la sua attività a qualcuno, a Borgo: «Ho lasciato in bella vista il cartello “Cedesi attività” per un anno, e quello che mi ha stupito di più è che nessuno sia entrato ad informarsi, anche solo per capire cosa faccia un calzolaio, quanto si lavora, che possibilità ci sono. È una bella professione, ma sono sicuro che tanti non lo sanno, ed è difficile prendere in considerazione quello che non si conosce».
Non dice le solite frasi, che è facile sentire in queste occasioni, sui giovani che non hanno più voglia di lavorare o riprendere le professioni del passato: parla invece dell’importanza dell’ottimismo e dell’impegno, che dopo tanti cambiamenti lo hanno portato a lavorare per diciotto anni a Borgo. «La gente ha paura di buttarsi, il mondo è complicato. Ma essere sempre positivi ti fa vedere in un altro modo anche tutte le curve e le cadute»