Intervista
domenica 15 Giugno, 2025
Fugatti: «Il referendum? È stato un flop perché la sinistra non conosce il suo popolo»
di Donatello Baldo
Il governatore a pochi giorni dal voto: «Io vado tra la gente nei fine settimana altri preferiscono stare in giardino»

Ieri il governatore Maurizio Fugatti era a Roma, dove ha partecipato alla riunione del Consiglio dei Ministri che ha approvato in via definitiva il testo della riforma dello Statuto di autonomia che ora sarà trasformato in un disegno di legge costituzionale. Fugatti non è uno che esulta, ma a modo suo è entusiasta perché definisce questo come un «passaggio storico». A pochi giorni dal referendum dice la sua anche sul loro fallimento, e anche qui mostra soddisfazione per com’è andato il quesito sulla cittadinanza, lanciando qualche stoccata al centrosinistra che «non sente il polso del popolo». E a proposito di referendum c’è in ballo quello sul suo terzo mandato: «Legittimo, ma sulla cittadinanza si è visto che il popolo non sempre la pensa come i partiti che vota alle elezioni».
Su questo ci torniamo dopo, ora ci dica com’è andata ieri a Roma.
«C’è stato un passaggio formale, in qualche modo anche scontato, perché era chiaro che da parte del Governo, dopo il passaggio del testo di modifica dai nostri Consigli provinciali e regionale, non poteva che procedere con l’approvazione. Serviva però questo passaggio formale, che trasforma lo schema dell’accordo in un disegno di legge di modifica costituzionale». Un atto dovuto, dunque, «Ma importante, che noi abbiamo definito come “storico”. C’è il timbro del Governo, per intenderci, e non è poco. Ora si dovrà affrontare l’iter in Parlamento che non è semplice perché si tratta di una modifica costituzionale e c’è la doppia lettura. Incrociamo le dita, ma questo è un governo che arriva fino in fondo alla legislatura e quindi il tempo per l’approvazione dovrebbe esserci».
Ha partecipato quindi alla riunione del Consiglio dei Ministri. Com’è andata?
«Io e il presidente del Sudtirolo Arno Kompatscher siamo stati fatti entrare per la discussione sul punto. Il ministro agli Affari regionali Roberto Calderoli ha presentato il disegno di legge, poi sia io che Kompatscher siamo intervenuti. Abbiamo ringraziato la premier Giorgia Meloni e il ministro Calderoli per aver mantenuto gli impegni presi con la nostra Autonomia nel momento dall’insediamento dell’Esecutivo davanti al Parlamento, poi si è proceduto al voto».
Prima del Consiglio dei Ministri la Commissione 137, prevista dal «Pacchetto» e che presiede i temi altoatesini che devono passare dal vaglio dell’Austria, ha proposto una piccola modifica al testo. Di cosa si tratta? Solo di un tecnicismo?
«Mica tanto. Il passaggio è sulla clausola di maggior favore prevista dalla legge del 2001. In sostanza prevede che se alle Regioni ordinarie vengono riconosciute competenze che non sono previste per le Speciali, queste vengono riconosciute automaticamente anche a noi. Fino a quando, dice la legge, non sia stata approvata la riforma dello Statuto. Ecco, si precisa che questa modifica statutaria non è da intendere come una riforma a tutto tondo dello Statuto e così la clausola di maggior favore resta valida».
Senta presidente, altro argomento, il referendum: si aspettava questo risultato?
«Sì, me lo aspettavo. C’è da dire però che i promotori di questi quesiti pensavano che assieme ai loro ci fosse anche quello sull’Autonomia differenziata. Poi la Consulta ha bocciato il quesito e quindi il referendum ha perso interesse. Se ci fosse stata l’autonomia differenziata gli animi si sarebbero scaldati, ci sarebbe stata più affluenza. I quesiti sul lavoro erano tecnicismi che difficilmente appassionano l’elettorato».
Il quesito sulla cittadinanza agli stranieri non era mica un tecnicismo, e ha incassato molti no.
«Questo deve far riflettere. Chi crede che su questi temi ci siano dei dogmi, chi crede di avere sempre ragione, che siccome loro la pensano così anche gli altri devono pensarla come loro… ecco, poi scoprono che il popolo la pensa in un altro modo».
Si sta riferendo al centrosinistra?
«È acclarato che sono andati a votare in stragrande maggioranza gli elettori di centrosinistra. Che sul dimezzamento della cittadinanza hanno espresso molta contrarietà. Se fosse andato a votare anche il centrodestra i no sarebbero stati una valanga e si sarebbero sommati a quelli degli elettori del centrosinistra».
Dice che non c’è sintonia tra i partiti del centrosinistra e i loro elettori?
«Si è visto. Oltre agli ideali, ai discorsi di come sarebbe bello il mondo, c’è la realtà. Una realtà che non va nella stessa direzione del pensiero unico dominante che la sinistra pretende di interpretare. La gente vive un’altra realtà. Non solo nelle valli dove in certe realtà sulla cittadinanza il voto è stato chiaro e in certi casi i no hanno superato i sì. Anche a Trento, in una città storicamente e notoriamente di sinistra, i sì non hanno stravinto».
Legge questo risultato come l’approvazione, in Trentino, delle sue politiche in tema di immigrazione?
«Sarei presuntuoso se sostenessi questo, ma è chiaro che tra chi vota per il centrosinistra c’è chi non legge la questione delle politiche sull’immigrazione con l’ideologia degli stesso partiti del centrosinistra».
Questo risultato la tranquillizza sul possibile referendum sul terzo mandato promosso dall’opposizione?
«Quel referendum verrà personalizzato dai promotori su di me, e questo mi mette ovviamente in una posizione di imbarazzo. Ma vedremo cosa pensa la gente».
Dice che è con lei?
«Dico che io i fine settimana li passo tra la gente, con la maglia della Proloco o dei pompieri. Altri passano il week-end in giardino».
Il referendum potrebbe saltare se la Consulta bocciasse la legge trentina. Ma in questi giorni si parla di un possibile accordo nel centrodestra su una legge nazionale sul terzo mandato. Ci spera?
«Non mi occupo di questioni nazionali. Leggo, osservo. Posso dire che l’apertura di Fratelli d’Italia sul terzo mandato è di buon senso. Ma non è che a Roma cercano una soluzione per il Trentino, questo va detto. Valiamo l’un per cento… Però riguardo ad altre realtà, se l’apertura fosse vera, se si arrivasse a una soluzione, sarebbe una svolta importante».
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