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martedì 3 Giugno, 2025
La flora batterica aiuta a scoprire il tumore del colon retto: lo studio dell’Università di Trento
di Redazione
La scoperta dei ricercatori del Cibio: sarà possibile effettuare nuovi screening. Il ruolo dell'intelligenza artificiale

Il microbioma intestinale può essere un bersaglio clinico per lo screening del tumore del colon retto. Questo significherebbe individuare la malattia grazie a un semplice test delle feci. Vanno in questa direzione i dati di uno studio internazionale appena pubblicato su Nature Medicine. Il lavoro è coordinato dall’Università di Trento. Il primo firmatario è Gianmarco Piccinno, il referente scientifico e coordinatore è Nicola Segata, entrambi afferenti al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata – Cibio. Segata è anche principal investigator del Laboratorio di Metagenomica computazionale dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo) di Milano.
Lo studio
Il team di ricercatori e ricercatrici ha identificato una precisa “firma microbica”, costituita da un gruppo di circa dieci batteri che caratterizza in modo marcato l’intestino di persone con cancro al colon retto. Tra questi, il Fusobacterium nucleatum è quello che è stato maggiormente studiato finora, ma ci sono anche il Parvimonas micra, il Gemella morbillorum, il Peptostreptococcus stomatis, solo per citarne alcuni.
«Quello che pensiamo – spiega Nicola Segata – è che probabilmente queste specie batteriche, per ragioni non del tutto ancora conosciute, siano in grado di colonizzare quello che si chiama il ‘microambiente del tumore’ che si trova nell’intestino di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto. Questi batteri – prosegue – si trovano normalmente nella cavità orale degli individui sani, ma li ritroviamo nei campioni fecali, che riflettono la composizione del microbioma intestinale, solo nei campioni sequenziati che appartengono a persone con cancro al colon retto».
L’identificazione di questa firma microbica potrebbe consentire di sviluppare approcci accurati per rilevare la neoplasia basandosi esclusivamente sull’analisi del microbioma intestinale, un approccio non invasivo. Una precisione che secondo i due studiosi si avvicina al 90 per cento. Non solo. La firma microbica identificata indica anche lo stadio clinico del cancro, ossia la gravità, e la sua localizzazione anatomica all’interno del colon. In particolare, si è visto come alcuni batteri della firma microbica aumentino con l’avanzare del tumore e potrebbero quindi fornire ipotesi interessanti sull’eziologia della malattia e del suo sviluppo clinico.
Il contributo dell’intelligenza artificiale
Il risultato è stato reso possibile grazie allo sviluppo e all’impiego di una metodologia basata sul machine learning. «Questo sistema, applicato agli approcci di sequenziamento e analisi metagenomica che svolgiamo nel nostro laboratorio – sottolinea Segata – è in grado di fornire un modello predittivo capace di stimare con alta precisione la probabilità che una persona presenti un tumore al colon retto». La domanda che resta tuttora aperta e sulla quale sono in corso altri studi è se e quali specie e ceppi batterici contribuiscano all’insorgenza del tumore stesso. «Che il microbioma nel tumore sia o no una causa è quasi irrilevante, se l’obiettivo primario è lo sviluppo di un approccio di screening rivolto agli individui a rischio o alla popolazione generale» chiarisce Gianmarco Piccinno. Lo studio, infatti, si focalizza sul potenziale uso come strumento di controllo non invasivo, finalizzato all’ identificazione precoce delle patologie. Resta da verificare, va detto, il reale valore in ambito clinico e di prevenzione. Il test metagenomico però, una volta validato, secondo Piccinno e Segata potrebbe fornire informazioni sufficienti per essere impiegato come primo strumento di screening. Questo consentirebbe di ricorrere in modo più mirato alla colonscopia che rimane l’esame indispensabile per una diagnosi definitiva.
Il legame tra microbiota intestinale e tumore al colon retto
Il collegamento è stato rintracciato già diversi anni fa. Alcuni batteri presenti nel microbiota possono infatti produrre sostanze tossiche che in funzione della loro quantità e dello stato di salute dell’individuo, possono contribuire a creare un ambiente favorevole allo sviluppo della malattia. Il tumore del colon retto rappresenta il terzo tipo di tumore più frequente e il secondo più letale al mondo. Solo il 40 per cento dei casi viene diagnosticato prima della comparsa di metastasi. Quello che ha spinto a indagare ulteriormente questo legame è stato l’aumento dell’incidenza in giovani adulti, in particolare in quelli sotto i 50 anni. In aggiunta, quello tossico genico già scoperto è probabilmente solo uno dei meccanismi di sviluppo tumorale legato al microbioma. Si ipotizza che altri batteri siano coinvolti con altri meccanismi ancora sconosciuti.
Un network mondiale
Il lavoro è parte di due importanti progetti internazionali sulla ricerca contro il cancro che vedono coinvolti partner scientifici di tutto il mondo: Prospect, che è finanziato dal Cancer Grand Challenge UK, e Oncobiome, sostenuto dalla Commissione europea. Grazie a questa rete di collaborazione, il gruppo di ricerca trentino ha avuto la possibilità di accedere a oltre 3.700 campioni, sequenziati nell’ambito di 18 studi internazionali e provenienti da quasi tutti i continenti (all’appello mancano solo Africa, Sud America e Oceania).
Lo studio “Cross-stage, strain-level, pooled analysis of the gut microbiome in 3,741 individuals from 18 colorectal cancer cohorts”, è pubblicato sulla rivista Nature Medicine
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