La storia
giovedì 21 Agosto, 2025
Stefano Dalvai: «Ho sconfitto la leucemia grazie a un donatore tedesco. Dopo il trapianto ho vinto le Olimpiadi»
di Andrea Manfrini
L'atleta di Borgo Valsugana, già campione del mondo ai World Transplant Games di Perth in Australia, ha ora conquistato la medaglia d’oro anche alle Olimpiadi di Dresda

Tenacia, passione e il desiderio di trasmettere l’importanza della donazione. Sono questi gli ideali che ispirano Stefano Dalvai, atleta di Borgo Valsugana, già campione del mondo ai World Transplant Games di Perth in Australia che qualche giorno fa, ha conquistato la medaglia d’oro anche alle Olimpiadi di Dresda. «Oggi il cielo è azzurro sopra Dresda, ma io vedo la bandiera tedesca del mio donatore», scrive Stefano su Instagram.
Qual è la sua storia?
«Nel 2014, a 25 anni, mi era stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta chemio resistente, perciò l’unica possibilità era un trapianto di midollo osseo. Siamo riusciti a trovare un donatore compatibile e grazie a lui ho avuto una seconda possibilità. Sono stato strappato dal calcio che era l’amore della mia vita e ho iniziato a correre. Ho cominciato ad avere buoni risultati nelle gare e da allora ho capito che potevo usare la corsa come modo per sensibilizzare le persone sulla donazione di midollo osseo. Ho corso anche delle ultra maratone perché le distanze brevi non mi piacevano più. Nel 2023 sono entrato in contatto con la Nazionale Italiana Trapiantati. Ho vinto a Perth il primo oro mondiale e a Lisbona l’Europeo. Ho deciso di partecipare a Dresda per continuare la sensibilizzazione».
Cosa rappresenta questa seconda vittoria olimpica?
«Quest’anno la gara ha acquisito un valore speciale perché l’ho corsa in Germania, la terra del mio donatore. Poterla correre qui ha reso questa vittoria doppiamente significativa. Il livello tra gli atleti trapiantati si sta alzando e questo dà speranza a chi ha affrontato un trapianto, dimostrando che il recupero è possibile. La gara ne è stata la dimostrazione, ce la siamo giocata fino all’ultimo. Non era una vittoria scontata, arrivavo dalla vittoria dell’Europeo e del mondiale, avevo i riflettori puntati addosso. Ma quando entro in gara riesco a staccare e a concentrarmi su quello che devo fare».
Cosa contraddistingue le Olimpiadi dei trapiantati dalle Olimpiadi tradizionali?
«A livello sportivo, alle Olimpiadi gli atleti gareggiano per ottenere un risultato, nelle Olimpiadi dei trapiantati anche, ma la vera vittoria noi l’abbiamo già ottenuta. Viviamo la competizione ed è importante portare a casa risultati, ma ciò che conta di più è gareggiare nonostante il trapianto per trasmettere il messaggio al mondo. È fondamentale perché siamo veramente grati alla vita e ai donatori».
Che ruolo ha avuto lo sport nel suo percorso di recupero post-trapianto?
«Ha avuto un ruolo fondamentale, soprattutto la corsa. Tanti mi hanno chiesto perché non il calcio o la bici. Ho scelto la corsa perché mi permette di entrare nel mio mondo e di vivere. Ho superato tanti momenti di difficoltà e con la corsa riesco a trasmettere quello che si passa dentro le stanze di ospedale, quando sei solo e devi lottare. Allo stesso modo, nella corsa sei da solo e devi superare in autonomia i momenti di difficoltà, tener duro anche quando il corpo, le gambe o la testa ti dicono di mollare. Io nella corsa ho trovato una forza che, attraverso questo sport, penso di riuscire a trasmettere agli altri».
Come si è preparato, qual è stato l’allenamento?
«Per queste Olimpiadi ci ho messo cuore e anima perché ho sacrificato tanto tempo. Ho dovuto modificare molti tipi di allenamento. Preparare una 100km non è facile. Ho dovuto superare qualche piccolo infortunio durante il percorso. Una gara non si improvvisa, gli imprevisti sono dietro l’angolo e noi trapiantati abbiamo un sistema immunitario più debole. Ho partecipato anche ad alcune competizioni con normodotati per allenarmi».
Prossimi obiettivi?
«Domani ho un’altra gara in programma qui in Germania, una novità per me: i 1500 metri in pista. Partecipo per uscire dalla mia comfort zone. In questi giorni mi sto riposando, ma presto tornerò ad allenarmi».
Molte persone vedono nel suo esempio una fonte di ispirazione. Che emozioni prova nel rappresentare non solo se stesso, ma anche tutti quelli che hanno affrontato un percorso simile al suo?
«Mi dà grande soddisfazione perché la corsa per me è iniziata proprio per questo. Andando avanti l’ho vista come un modo per ispirare. Far passare il messaggio che non è mai troppo tardi per fare quello che ci piace, porsi degli obiettivi, raggiungerli e superare i proprio limiti. Lo vedo come uno scopo centrato. Non voglio fermarmi, voglio che questo messaggio si diffonda sempre più tra i ragazzi giovani, chi sta affrontando un periodo duro in ospedale e chi vuole realizzare i propri sogni».