la biografia
venerdì 12 Settembre, 2025
Si è spento il professor Andrea Fuganti: fu perito per la Procura durante il disastro di Stava
di Marco Ranocchiari
Geologo e docente universitario, fu una figura cruciale anche nello studio e recupero delle cave abbandonate della val di Non per lo stoccaggio delle mele
Uno studioso illustre, ma anche un uomo generoso e curioso, «innamorato» del suo campo di studio – le Scienze della Terra – e anche del mondo, che girava instancabilmente. È quello di un uomo affettuoso per quanto riservato, modesto e sempre disponibile il ritratto che la famiglia e i colleghi danno, concordi, del geologo Andrea Fuganti, professore universitario dal 1965 al 2011 ed esperto di questioni cruciali, dalle vicende del territorio trentino – dalla tragedia di Stava al recupero delle cave abbandonate della val di Non per lo stoccaggio delle mele – fino a scenari internazionali di rilievo.
Nato a Trento nel 1936, Fuganti ha iniziato la sua carriera accademica nel 1965 a Trieste, per poi insegnare a Catania e infine nella sua città natale, dove teneva il corso di Geologia applicata alla facoltà di Ingegneria e arrivando, negli ultimi anni, a diventare decano dell’ateneo.
In pensione dal 2011, dopo oltre 120 pubblicazioni, non ha mai smesso, finché la salute glielo ha consentito, di mettere le sue conoscenze a disposizione della comunità e dei colleghi. È stato consulente in Italia per enti pubblici e privati, e in numerose missioni all’estero, nell’ambito della cooperazione internazionale, per conto del Ministero degli Esteri e della Comunità Europea, soprattutto in Africa, Sud America e Asia.
Tra i massimi conoscitori della geologia e dell’idrogeologia della val di Non, è stato inoltre tra i primi a studiare le rocce dolomitiche in cui oggi, nelle loro miniere abbandonate, sono stoccate tonnellate di mele con enormi risparmi energetici e ambientali.
La sua storia professionale si è intrecciata anche al maggior disastro minerario degli ultimi decenni, quello di Stava: in quell’occasione fu nominato dalla Procura di Trento, insieme al professor Pietro Colombo dell’università di Padova, come perito.
All’estero, si è occupato di studi e analisi dei rischi sismici relativi alle centrali nucleari in Italia e all’estero, in particolare in Indonesia e in Sud America. Altro importante campo di attività è stata la ricerca per lo sfruttamento delle terre rare, oggi di importanza strategica fondamentale, e di altri metalli preziosi.
«Era conosciutissimo per le sue acutissime intuizioni» ricordano i colleghi Luigi Frassinella e Icilio Vigna, per decenni – rispettivamente dagli anni ’70 e ’80 – suoi collaboratori, «soprattutto nel campo dell’idrogeologia, ossia della ricerca di nuove risorse di acque minerali, termali e anche di acque potabili sia in Italia sia all’estero. Sarà sempre ricordato – proseguono i due geologi – come un tecnico che ha saputo dominare l’evoluzione della professione di geologo non limitandola agli aspetti puramente naturalistici, ma estendendola a quelli applicativi più moderni. Il suo ultimo regalo al Trentino – proseguono – è consistito nell’intuizione del possibile sfruttamento delle risorse minerarie e delle acque potabili da lui individuate nel massiccio dolomitico di Tuenno, ideando il recupero dei vuoti minerari a Tassullo per utilizzi strategici ed energetici».
Non meno importante è l’aspetto umano, come sottolineano ancora i suoi colleghi: «È stato da tutti apprezzato per la sua vasta cultura e per i rapporti umani sempre improntati alla massima generosità ed empatia con i suoi collaboratori, ai quali trasmetteva volentieri e senza gelosia il suo sapere».
L’uomo – riservato, studioso, ma anche appassionato e generoso – accanto allo scienziato emerge anche dal ricordo accorato della moglie Sandra, che lascia insieme alle figlie Alessia e Federica e a otto nipoti. «Non l’ho mai visto arrabbiato, era sempre disponibile. Amava girare il mondo: l’Iran, la Turchia, ma soprattutto l’Africa, dove portò tutta la famiglia per un viaggio indimenticabile».
Dei suoi viaggi di lavoro emergono frammenti che restituiscono con immediatezza il suo carattere: «Una volta, in Africa, tornò senza una camicia fatta su misura, nuova di zecca, che aveva in valigia. Spiegò che l’aveva regalata a un ragazzo incontrato per caso, che si sposava ma non aveva nulla da mettere».
A volte, suo malgrado, durante i suoi viaggi fu testimone di eventi storici: «Era a Praga nel 1968, durante la Primavera. Scattò numerose foto che poi in Trentino furono le prime ad arrivare ai giornali».
Quando non viaggiava, spiega, passava molto tempo a Taio, in val di Non, da dove era originaria la sua famiglia. «Si piazzava in terrazza e scriveva e studiava tutto il giorno. Era innamorato della geologia». Una passione per la ricerca e per la conoscenza, che ha accompagnato Andrea Fuganti in ogni fase della sua vita e che resta oggi come eredità viva, accanto alla memoria di un uomo stimato e profondamente amato.
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