L'evento
domenica 28 Dicembre, 2025
Poca neve, troppo caldo: la Ciaspolada del 2026 sarà ibrida. Cinque chilometri senza ciaspole
di Daniele Benfanti
Non sono previste precipitazioni nevose: gli organizzatori costretti ad anticipare la scelta di un percorso podistico e un chilometro con le racchette
La Ciaspolada 2026 deve fare i conti con una stagione che di invernale ha ben poco. L’edizione numero 52, comunque, si farà, anche se con modalità inedite. Domenica 4 gennaio verrà proposta ai concorrenti una formula mai sperimentata prima. Un compromesso per garantire lo svolgimento della competizione anche in presenza di condizioni climatiche critiche per una gara con le racchette sulla neve. Il comitato organizzatore, presieduto da GianniHolzknecht, presidente della Podistica Novella, ha preso atto delle temperature di questo periodo, che non scendono sotto lo zero e dell’alta pressione permanente, che non fa presagire precipitazioni nei prossimi 8-10 giorni, tantomeno nevose. Le previsioni meteo poco favorevoli rendono ormai certa l’assenza di neve non solo nel fondovalle, ma anche in quota, Regole di Malosco comprese. A Passo Mendola tuttora sono un paio i centimetri di manto bianco: troppo poco per mettere in piedi una vera Ciaspolada per 2.500-3.000 persone.
Il Comitato organizzatore aveva annunciato in conferenza stampa, la settimana prima di Natale, che martedì 30 dicembre sarebbe stato il giorno decisivo per le scelte sull’edizione 2026. Gli uomini di Holzknecht e del vice Stefano Graiff hanno anticipato i tempi, consapevoli che il cielo non farà miracoli. Si sono attesi questi giorni post-natalizi, ma il meteo non fa sconti. Si è deciso di affidarsi alla formula della combinata, che in realtà era stata lanciata già due anni fa per adattarsi ad una situazione molto simile a quella di questo periodo, per poi venire sostituita in extremis da una tradizionale sfida su manto nevoso in seguito alle copiose precipitazioni che all’ultimo momento avevano interessato l’alta Val di Non, la stessa notte antecedente la gara.
Salvo colpi di scena delle ultime ore, quindi, come in occasione della 50ª edizione, anche la gara del prossimo 4 gennaio adotterà il meccanismo delle sfide di sci alpinismo, proponendo una corsa da percorrere in parte con le scarpe da running e in parte con le racchette da neve ai piedi. Il tracciato che atleti e bisonti affronteranno sarà dunque allestito nella piana dei Pradiei (quella tra Romeno, Sarnonico, Cavareno e Fondo), teatro classico delle Ciaspolade che andavano in scena quando nevicava con frequenza anche alle quote più basse. La partenza sarà posizionata all’altezza della strada che porta a Vasio, frazione di Borgo d’Anaunia: da lì i concorrenti percorreranno cinque chilometri in modalità podistica, poi, ad un chilometro dall’arrivo, che sarà posizionato a Fondo (Borgo d’Anaunia), sopra al Palanaunia, gli atleti dovranno indossare le ciaspole all’interno di un’area dedicata per poi proseguire sulla neve. Vincerà chi correrà più veloce, ma anche chi sarà più abile ad indossare gli attrezzi, un po’ come succede con il «cambio pelli» nello sci alpinismo o, ci sia concesso il paragone ardito, come accade alle monoposto di Formula uno per il cambio gomme ai box. Fra i vantaggi della formula ibrida scelta quest’anno, come di tutti i percorsi disegnati nei dintorni di Fondo, ci sono la necessità virtuosa di limitare al massimo i trasferimenti dei concorrenti e di poter contare su un arrivo nel centro del paese, logisticamente e coreograficamente sempre apprezzabile.
Il centro storico di Fondo domenica 4 gennaio sarà ancora ingentilito dalle casette di legno del mercatino natalizio, scenografica cornice non solo della cerimonia di inaugurazione, in programma sabato 3, ma anche per la gara e la sfilata di amatori e atleti. A disposizione, nel caso di una nevicata miracolosa pre-gara, resta comunque l’esercito di 500 volontari pronti a preparare e presidiare il percorso.
Cucina italiana e riconoscimento Unesco: «Patrimonio culturale o racconto da marketing?»
di Tommaso Martini
L'opinione di Slow Food: Il riconoscimento può diventare una svolta o ridursi a folclore. Tra filiere in crisi, perdita di saperi e prezzi iniqui, la sfida è trasformare i valori evocati dall’Unesco in politiche concrete ed educazione alimentare diffusa.