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sabato 4 Maggio, 2024

Plateatici, il caso della Forst: «Con meno dehor ho dovuto licenziare cinque dipendenti»

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I gestori del centro città chiedono meno rigidità e soprattutto più chiarezza da parte della Sovrintendenza ai beni architettonici

«Abbiamo dovuto licenziare 5 dipendenti e perso 400 mila euro per un totale di 50 posti esterni, però di questo non importa a nessuno», così tuona Nicola Malossini, titolare del ristorante birreria Forsterbrau di Trento in via Oss Mazzurana. «Bisogna sottostare alle interpretazioni di funzionari che limitano la libertà d’impresa – aggiunge – e tutto per tutelare un palazzo alto 16 metri, senza affreschi, a parte le figure sottotetto che non venivano coperte in alcun modo. Se il problema fosse stato causato dagli ombrelloni, bastava dirci di chiuderli. È una cosa che andrebbe chiarita e limitata meglio». Dopo l’incontro di giovedì a palazzo Geremia, prosegue la querelle plateatici nelle vie del centro storico. Alle parole di Franco Marzatico, sovrintendente ai beni culturali della Provincia autonoma di Trento (vedi intervista di ieri sul T), rispondono ora gli esercenti. Marzatico si è posto in maniera netta sulla questione dehors, annunciando la riduzione degli spazi esterni di molte strutture, con particolare attenzione alle zone di pregio artistico come via Belenzani, Piazza Pasi e Piazza del Duomo.
I plateatici, dicono dalla sovrintendenza, impediscono la visione dei monumenti e rovinano il paesaggio del centro. Dal canto loro i locali hanno investito risorse importanti per le proprie strutture esterne e traggono ormai proprio da esse la maggior fonte di guadagno. «Dagli scontri duri nessuno esce bene – commenta Walter Botto, gestore del Bar Pasi e del Caffè Tridente di Piazza del Duomo – e non vogliamo un’occupazione selvaggia ma devono essere fatte considerazioni moderne sulle strutture». Considerazioni che non possono esulare dalle esigenze stagionali e di spazio per le attività del centro storico: «Per dieci mesi l’anno i tavoli che si riempiono sono quelli esterni – continua Botto – e io sono stato il primo a mettere una struttura di questo tipo per fare capire che esse possono essere sostenute in determinate contesti. Se vogliamo destagionalizzare, dobbiamo essere nelle condizioni di lavorare nei mesi più freddi. Dobbiamo trovare un equilibrio, chiudiamo quest’anno in deroga Covid e poi troviamo una soluzione che ci permetta di non invadere le bellezze architettoniche». Con lui Fabio Scarola, titolare del Caffè Dersut di Via Belenzani: «Qualche mese fa abbiamo fatto le misurazioni con un architetto di Trentino Formazione e inoltrato la domanda – racconta- ma le Belle Arti non ci hanno ancora risposto. Da ciò che trapela si dovranno ridurre gli spazi di un metro verso il marciapiede. Questo non facilita la stagione estiva e complica un po’ le cose anche in base agli investimenti fatti».
Dello stesso avviso è Maria Elena Branciforti della pasticceria La casa del cioccolato, che chiede maggiore chiarezza sulle regole: «La stretta crea disagio perché, non avendo tavolini all’interno, porta via clientela. Poi, ci sono le spese per comprare i nuovi ombrelloni. Stiamo aspettando che ci sia una linea fissa e le cose vengano meglio regolamentate. Ci adeguiamo ma vogliamo regole e termini precisi», le sue parole. È una questione di sopravvivenza per Amedeo Gaudio, gestore del Caffè Nettuno: «Non voglio creare polemiche con comune e sovrintendenza, però ho già abbastanza limitazioni, più di così non posso fare se voglio che l’attività sopravviva». Meno problematica la situazione per il Perla Bar: «A me non hanno detto chissà cosa, perché il mio plateatico è già di due metri e 80, avendo di fronte l’altro locale non ho potuto prendere di più – spiega la titolare Siria Caputo – e per il momento la mia domanda è stata accettata, l’unica osservazione che mi è stata fatta è sul colore bordeaux degli ombrelloni. Non so se mi toccherà cambiarlo, è un colore usato in tutta Italia, oltre che quello della nostra regione». Una battuta anche sul panorama: «Su via Belenzani, forse, prima di cambiare gli ombrelloni e le grandezze dei giardini, bisognerebbe togliere questi cartelloni enormi (quelli per festival ed eventi, ndr), che cambiano la prospettiva della chiesa. Noi lavoriamo con i plateatici, sono la prima fonte di guadagno, soprattutto nel centro storico». Conclude di nuovo Walter Botto: «Dicono che ci sono troppo concentrazioni, ma sono state fatte delle concessioni, non si può chiudere la stalla quando i buoi sono già usciti. Le regole non devono essere troppo standardizzate, un conto è lavorare su piazza Pasi ed un altro è lavorare su piazza Duomo», il suo commento.