in tribunale
venerdì 24 Ottobre, 2025
Minacce e cinghiate a moglie e figlie: condannato a 5 anni di reclusione
di Davide Orsato
I maltrattamenti del 58enne duravano da oltre vent’anni. L'uomo dovrà anche pagare un risarcimento di 40 mila euro
Chissà se la decisione di lasciarlo l’ha presa quel giorno in cui lui, marito e «padre padrone» l’ha minacciata puntandole addosso un coltello, urlandole addosso una minaccia inequivocabile: «Tu sotto terra, io in carcere». Come a dire: non c’è modo di liberarsi di me… e se ci provi ti ammazzo. La storia di violenza che si è protratta per oltre due decenni si è conclusa ieri mattina, in tribunale, con una sentenza dura: 5 anni e tre mesi di carcere, oltre a un risarcimento, provvisorio, di 40 mila euro: 15 mila alla moglie, 10 mila alla figlia maggiore, oggi poco più che trentenne, e cinquemila alle tre figlie più giovani. Il pubblico ministero, in aula, aveva chiesto la pena massima per il reato: sette anni.
Del resto, quelle di cui è accusato un 58enne originario di una regione del Sud ma da vent’anni residente in Valsugana. Gli atteggiamenti violenti erano iniziati nella regione d’origine, dove per la prima volta – ha raccontato la moglie – ha estratto la cinghia per picchiarla: il tutto davanti alla primogenita, allora bambina. «Te la porto via, non la rivedrai mai più», diceva. Poco dopo, il trasferimento in Trentino, ma le abitudini violente non sono cessate, anzi: sono diventate un’abitudine.
E la situazione è peggiorata mano a mano che la famiglia si allargava e le figlie si facevano grandi. Con una gelosia patologica che, oltre alla moglie, si allargava anche a queste ultime. Tra i fatti ricostruiti dalla Procura, una scenata con tanto di piatti lanciati a terra e distrutti, mentre strappava il cellulare di mano alla moglie e la prendeva a schiaffi. Anche in questo caso accadeva tutto davanti alle figlie, tre di loro ancora minorenni. E sono state proprio le figlie a chiedere aiuto, chiamando il padre di una loro amica. Il che ha fatto la differenza, essendoci un testimone. Gli anni passano, le figlie crescono ancora e questo dà finalmente alla donna il coraggio di lasciare il marito violento e di cominciare nuove frequentazioni. Lui non si è rassegnato: con l’aiuto di un nipote, particolarmente versato in informatica, è riuscito a installare sul telefono della donna un’applicazione – spia, che gli consente di leggere tutti messaggi che le arrivavano sul telefonino. Lei, in un primo momento, non se n’era nemmeno accorta: è lui a confessarlo, alle figlie, vantandosene e, allo stesso tempo, minacciandole ancora una volta di fare loro del male nel caso lo raccontassero in giro.
Nel 2022 la scenata peggiore, quella che ha spinto la donna e le figlie, ad affrontare il marito e padre – padrone in tribunale. L’uomo si è presentato allo sportello di un servizio pubblico dove sapeva di trovare la moglie, urlando verso lei e il nuovo compagno: «A te cercavo, signora – le sue parole – questo è il tuo compagno che vive a casa con le miei figlie, che non potresti tenere?». E ancora, verso il nuovo compagno: «Guai se metti le mani addosso ai miei figli» e verso una delle figlie: «Tu che posti foto nuda, appena becco il tuo ragazzo lo faccio fuori», riferendosi a normali post su Facebook. Già in passato, più volte le figlie più grandi avevano chiamato la polizia, ricevendo, in cambio, altre minacce. E, insieme alla madre, sono riuscite a fare fronte comune. Fino all’epilogo in tribunale, assistite dall’avvocata Romina Targa. Nelle diverse udienze, il padre è apparso sicuro di sé, dichiarando di non aver fatto nulla di male. Ma il collegio giudicante l’ha pensata diversamente. Ora la battaglia proseguirà in sede civile.
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