L'intervista

venerdì 29 Agosto, 2025

Michil Costa: «Dobbiamo trasformare le Dolomiti in una Ztl. Inquinamento acustico? Voglio denunciare Provincia e Dolomiti Unesco»

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L'albergatore ecologista e fondatore della Maratona dles Dolomites: «Ho provato pena per le persone in coda sul Seceda. La politica pensi al bene comune più che al consenso»

L’estate delle Dolomiti assediate dalle orde social, col fardello dell’insostenibile carico di «Patrimonio Cafonesco» che nulla ha di Unesco. «Quello che davvero manca sono servizi contemporanei: digitalizzazione, sostenibilità, accessibilità, in una parola: sensibilità. Verso il turista. Verso se stessi. Il termine “overtourism” è ormai sulla bocca di tutti e sembra che i peggiori nemici del turismo siano diventati… i turisti stessi, ma la colpa è nostra». È un fiume in piena e non fa sconti Michil Costa, fondatore e presidente della Maratona dles Dolomites, anima umanista e illuminista che insieme alla sua famiglia gestisce, seguendo i principi dell’Economia del Bene Comune, a Corvara l’Hotel La Perla (Member of The Leading Hotels of the World) e il Berghotel Ladinia, autore nel 2022 di un libro dal titolo assai emblematico e premonitore, «FuTurismo» (Edition Raetia) …

 

Michil Costa, quando ha visto quell’immagine del serpentone in coda al Seceda, cosa ha pensato?

«Ho pensato male. Ho provato pena per quelle centinaia di persone in coda, ho pensato che sebbene ci siano mille posti belli è gente che ignora il mondo dolomitico. Poi ho anche pensato che a seconda delle offerte che noi facciamo sul mercato arriverà un certo tipo di turista. Ho sentito dire da qualcuno che bisogna velocizzare il tempo di percorrenza della funivia: be’, è una benemerita scemenza. Semmai il tempo di percorrenza va allungato, perché almeno il turista si ferma un po’ di più e perché più velocizzi più il tutto si velocizza. Lo stesso vale per le strade: in fondo al Passo metti dei semafori a limitare e spalmare gli accessi, vedrai allora che al motociclista che sta fermo venti minuti a 27-28° con la sua bella tutina di pelle passerà la voglia di venire sulle Dolomiti. Non mi pare una cosa poi tanto difficile, no?».

 

A proposito di motociclette, l’inquinamento acustico è un altro problema.

«È dal 1998 che lo ripeto in tutte le salse. L’inquinamento acustico è terribile, ti fa andar fuori di testa e di notte ti toglie il sonno, come mi è capitato di recente col passaggio di Harley Davidson dai motori rombanti. La Provincia dovrebbe tutelare la salute dei cittadini: è questo il modo? Per questa ragione ho intenzione di rivolgermi a un avvocato per chiedere se posso presentare denuncia contro ignoti, contro la Provincia e contro le Dolomiti Unesco Patrimonio dell’Umanità».

 

Lüm, la luce, è stato il tema scelto quest’anno per la Maratona dles Dolomites: è una montagna così oscurata da un turismo fuori controllo da aver bisogno di riappropriarsi della sua luce?

«A volte certe semplificazioni possono sembrare esagerate, ma sono anche vere. Avanti di questo passo finisce che oscuriamo noi stessi, fino a perdere la voglia di vivere la montagna per quel che è, ma soprattutto rinneghiamo la relazione, che è il fondamento di ogni tipo di ospitalità e accoglienza. Quando noi valligiani ci leggiamo o ci ascoltiamo in tivù iniziamo a dubitare profondamente dell’importanza dell’ospitalità, e questo mi spiace molto».

 

Ormai ad ogni estate si ripete la stessa sinfonia: bisognerebbe fare così o fare cosà, ma alla fine restiamo nell’alveo delle parole. Che fare?

«Il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano Kompatscher e il vicepresidente e assessore alla mobilità Alfreider dicono che sono stati dal ministro Salvini e che non si può fare niente in merito alla chiusura del Passi. Non è vero. Io dico che ad esempio si potrebbe iniziare a chiudere il Passo Gardena quattro ore al giorno per vedere quali saranno gli effetti. Abbiamo a disposizione migliaia di dati e statistiche: bene, mettiamo allora tutte queste informazioni insieme e vediamo di trovare soluzioni radicali. Soluzioni magari impopolari, ma la politica dovrebbe pensare più al bene comune che al consenso. La politica almeno intesa come “Polis”, così come la concepivano gli antichi greci».

 

Un dato di fatto è la crescente mancanza di cultura della montagna. Cosa fare per infondere nel turista maggior sensibilità e consapevolezza?

«Io sono convinto che le Dolomiti dovrebbero diventare una grande parco chiuso, una zona ztl chiusa. In tal modo chi viene sulle Dolomiti dovrebbe prenotarsi con largo anticipo, e noi dovremmo a nostra volta obbligare le persone a muoversi in una certa maniera. Quest’anno alla Maratona dles Dolomites abbiamo imposto a ottomila ciclisti di portarsi appresso una giacca a vento: se tu non hai la capacità di percepire la pericolosità di freddo a pioggia in cima a un Passo, crei problemi a te stesso ma anche a me che devo venire su a soccorrerti. Ergo, tu in montagna coi sandali non ci vai. Ti prenoti con largo anticipo, interiorizzi un bel po’ di Dolomiti e ladinità, ti fermi cinque giorni, e non sei ore come sta avvenendo adesso, e poi te ne torni pure in Cina».

 

Diciamo che i social non aiutano…

«Certo. Ma la colpa è nostra che li utilizziamo male. Possiamo gestire la comunicazione inducendo i turisti a muoversi in un certo modo. Siamo sulle Dolomiti e siamo dei privilegiati nel poter attirare l’ospite che desideriamo. È un lusso incredibile, e dovremmo essere consapevoli di questo!».

 

Cosa si aspetta di vedere da qui a dieci anni?

«Sono moderatamente ottimista per i prossimi dieci anni, ma se guardo oltre divento pessimista».

 

Spieghi.

«Nei prossimi dieci anni riusciremo a cambiare qualcosa grazie alla crescita di consapevolezza, ma poi sarà troppo faticoso, e penso alla questione ambientale, e faremo di nuovo passi indietro. Passati dieci anni finiremo nelle mani dei fondi, come del resto sta già avvenendo in località ad alta densità turistica come Davos, Courchevel, Chamonix e Cervinia. Esempio, lo storico hotel Rosa Alpina a San Cassiano acquisito da un imprenditore russo (la famiglia Pizzini che mantiene la guida della struttura, ha ceduto il 49% dell’attività all’imprenditore Vladislav Doronin, presidente e amministratore delegato di Aman, brand di ospitalità e lifestyle di ultra-lusso, ndr); per un po’ riusciremo a portare avanti la nostra concezione di ospitalità e contrastare la nuova tendenza globale, ma poi tra dieci anni sarà finita. Certo non moriremo mica di fame, faremo tanti soldi a vendere gli alberghi, ma perderemo il nostro senso di appartenenza, e questo mi addolora».

 

Tutto il mondo sta andando in quella direzione, anche le città d’arte con centri storici sempre più simili a centri commerciali senza tetto.

«Esatto, mangiatoie per selfie. La politica dovrebbe intervenire per fare in modo che una grande marca non soppianti i negozi degli artigiani locali. A Barcellona lo hanno fatto in contrasto al dilagare di Airbnb. Il mondo dell’ospitalità ha bisogno di attirare giovani: è un lavoro bellissimo, rendiamolo di nuovo “sexy” e non “pornografico” attraverso il commercio di corpi che non hanno nulla da darci. Ma per riuscirci servono, qualità, attenzione e regole precise che ci liberino dalle multinazionali, dall’inquinamento luminoso e acustico. Ripeto, siamo dei privilegiati a stare sulle Dolomiti: possiamo farcela!»