La storia

martedì 30 Aprile, 2024

L’esploratore Lorenzo Barone dall’Islanda al Trento Film Festival: «Ai confini del mondo vedo la crisi climatica»

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Barone, 26 anni, oggi è al Trento Film Festival: i suoi viaggi estremi di corsa, in kayak e su slitta

Jacuzia, Portogallo, Scandinavia, Islanda, il Pamir. Sono alcuni dei viaggi che Lorenzo Barone, 26enne umbro, ha affrontato a piedi, in bici, con gli sci o in kayak. Il giovane avventuriero sarà ospite oggi durante l’edizione numero 72 del Trento Film Festival (ore 19, Pedalare nella crisi climatica, Piazza Cesare Battisti). «Sarà un’occasione per condividere le mie esperienze personali relative non solo ai viaggi affrontati – spiega – ma anche a tutti i passaggi che ho compiuto e a come sono maturato come persona, come è cambiato il mio punto di vista su tanti aspetti che si riflettono nella vita di tutti i giorni. Per me una volta i problemi erano un ostacolo, se si rompeva la camera d’aria della bici durante il viaggio era un qualcosa di negativo, oggi invece vedo questi imprevisti come opportunità».
Come è nata questa passione?
«Da ragazzo volevo avere il motorino, ma mia madre mi comprò la bici. Quando ho iniziato a pedalare mi sono reso conto che con quella potevo raggiungere luoghi che prima consideravo raggiungibili solo con mezzi a motore, ho iniziato ad ampliare il mio punto di vista. Così, appena compiuti i 18 anni, sono partito in bici per il Portogallo e da lì non mi sono più fermato, è diventata la mia passione».
Il modo in cui affronta i viaggi è cambiato nel tempo?
«Sì. Ora ho iniziato a pedalare meno perché non provo più gli stessi stimoli e l’entusiasmo di nove anni fa quando salivo in sella: ho sempre visto la bici come un mezzo, piuttosto che come una passione, anche se è grazie a quella che ho vissuto tante esperienze indimenticabili. Ora mi sto spostando pian piano su altre attività come la corsa, il kayak, la slitta o gli sci, che ho praticamente messo per la prima volta ai piedi dai tempi dell’infanzia l’anno scorso, durante il mio viaggio in Islanda».
Durante i suoi viaggi ha anche avuto modo di toccare con mano posti colpiti dal cambiamento climatico?
«Certamente. Penso solo all’ultimo viaggio che ho affrontato questo inverno, attraversando tutta la Scandinavia. Prima ho dovuto fare i conti con l’ondata di freddo più intensa che abbia mai colpito la penisola, poi con quello che è stato il caldo record nella stagione invernale. Ho assistito a eventi sempre più estremi, comprese tempeste particolarmente violente, e quando ho attraversato i fiordi in kayak ho visto lastre di ghiaccio in zone in cui gli stessi abitanti mi avevano detto non si erano mai formate prima d’ora. Spesso quando si parla di cambiamento climatico si pensa solo al riscaldamento globale, ma ci sono anche zone che stanno diventando sempre più fredde e inospitali per chi ci vive».
Fra i viaggi fatti ce n’è stato uno in particolare che si distingue per difficoltà o significato?
«Probabilmente quello in Jacuzia, una regione dell’estremo oriente russo che oltre a essere quella più estesa del paese è nota anche per essere la zona più fredda del mondo. Partendo da Magadan dovevo arrivare a Jakutsk, il capoluogo, in circa due mesi, ma a causa della pandemia sono dovuto restare a vivere lì per circa un anno e mezzo trascorrendo due inverni. Però è lì durante quel periodo che ho conosciuto mia moglie».
In che modo si prepara ad affrontare i suoi viaggi?
«Sono partito dalle cose più facili mettendomi sempre alla prova gradualmente in preparazione al viaggio successivo. Anche se furono un imprevisto i due inverni vissuti in Jacuzia e l’esperienza sugli sci in Islanda ad esempio mi hanno aiutato ad affrontare il viaggio in Scandinavia, allo stesso tempo per prepararmi a queste esperienze invece nel 2017 ero stato per la prima volta sopra i 4.000 metri in Pamir, una catena montuosa asiatica al confine tra Tagikistan e Kirghizistan. Ho sempre compiuto un passo alla volta salendo man mano tutti i gradini necessari per preparare poi viaggi sempre più complicati e prendere consapevolezza dei miei mezzi».
Di recente ha anche scritto il suo primo libro, «Dove finisce l’orizzonte». Di cosa tratta?
«È un libro abbastanza introspettivo in cui ho riassunto le mie esperienze dall’adolescenza fino al 2021, l’anno in cui sono tornato dalla Russia con mia moglie. Ho condiviso esperienze personali più che il racconto di per sé dei singoli viaggi».
Ci sono già piani per viaggi futuri?
«Ci sto lavorando ma per ora non posso svelare nulla, anche perché i piani potrebbero cambiare. Posso dire che c’è nello specifico un viaggio che vorrei a tutti i costi realizzare, mi prenderebbe un anno intero e sto pensando che potrei provarlo nel 2025. Comunque durante le ultime esperienze ho preso una decisione che è quella di non fare più tante piccole avventure, ma piuttosto pochi viaggi ma ben fatti, che portano via più tempo».