Scienza

giovedì 31 Luglio, 2025

Ledro, il Muse ha studiato il Dna di cento residenti: si cerca un legame con il popolo delle palafitte

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I risultati saranno resi noti domenica. Tra gli obiettivi ricostruire la storia del misterioso «bambino»: il corpo di 4000 anni fa trovato nell'area del lago nel 1937

Un viaggio indietro nel tempo, dal Dna degli attuali abitanti della Valle di Ledro fino ai geni di chi viveva nel villaggio palafitticolo oltre 4.000 anni fa. È questo l’obiettivo del progetto di ricerca avviato dal Muse di Trento in collaborazione con il Laboratorio di genomica delle popolazioni umane dell’Università di Pavia e l’Ancient Dna Lab di Eurac Research di Bolzano.

 

Lo studio, che coinvolge attivamente la cittadinanza nella ricerca, mette a confronto la popolazione ledrense di oggi e gli antichi abitanti della valle, partendo da una doppia indagine: da un lato l’analisi genetica di 100 volontarie locali; dall’altro l’estrazione del Dna da resti umani ritrovati nel sito archeologico palafitticolo, tra cui spicca quello noto come «Il Bambino», rinvenuto nel 1937. «Sono stati analizzati i campioni genetici di 100 abitanti della Valle di Ledro, selezionati tra persone non imparentate tra loro, con madre e nonna materna nate in valle – si legge nello studio -. L’analisi del Dna mitocondriale, trasmesso per linea materna, ha evidenziato una notevole variabilità genetica anche grazie a molteplici flussi migratori. Il confronto con la vicina val Rendena ha evidenziato come la geografia possa fungere da barriera alla diffusione genetica: nonostante la prossimità territoriale, i dati mostrano una maggiore variabilità mitocondriale nella Valle di Ledro, indicando una diversità tipica di una popolazione europea».

 

Parallelamente, i ricercatori hanno lavorato su alcuni resti umani risalenti all’età del Bronzo, circa 4.000 anni fa, provenienti dagli scavi nel sito palafitticolo di Ledro. Tra i reperti più significativi dello studio spicca quello di un bambino ritrovato supino nella creta del lago e scoperto durante il grande scavo del 1937. Attraverso il C14 è stato possibile collocare la vita del bambino tra il 2.135 e il 1.960 a.C. e stabilire che al momento della sua morte aveva meno di 10 anni. Altro dato di interesse è che il corredo genetico del bambino, studiato attraverso l’analisi del Dna antico, presenta una porzione di geni caratteristica dei popoli delle steppe, in linea con altri siti contemporanei della regione, mostrando come l’età dell’età del Bronzo sia un’epoca di profonde trasformazioni anche a livello genetico. I resti del bambino sono conservati al museo antropologico di Padova e, finora, non sono mai stati esposti al pubblico.

 

I risultati dello studio verranno presentati domenica 3 agosto alle 10 al Museo delle Palafitte del Lago di Ledro, durante il talk «Geni ledrensi». All’incontro parteciperanno il divulgatore scientifico e youtuber di “Entropy for Life” Giacomo Moro Mauretto, autore del libro «Italiani veri. Storia evolutiva e genetica del nostro Paese» (Mondadori, 2025), insieme ai genetisti Alessandro Achilli e Nicola Rambaldi Migliore (Università di Pavia) e al ricercatore Hovirag Lancioni (Università di Perugia).

 

«Queste scoperte segnano un punto di arrivo importante per il nostro museo, ma è solo un primo passo per gli studi genetici sui resti umani dell’età del Bronzo rinvenuti nelle palafitte – , dichiarano Donato Riccadonna e Alessandro Fedrigotti del Museo delle Palafitte del Lago di Ledro – riuscire, dopo 4.000 anni, a recuperare il DNA da resti così antichi, è un processo complesso ma fondamentale per dare voce a storie rimaste finora sepolte nel tempo. La ricerca scientifica ci sta consentendo di svelare origini, migrazioni e mescolanze che hanno plasmato la comunità ledrense e che il nostro museo intende raccontare unendo passato e futuro del nostro territorio».