giovedì 25 Aprile, 2024

La nuova vita di Stefano Marchetti di Tione, diacono a 52 anni: «In Bolivia per servire Dio»

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Nato a Bolbeno, ha scoperto le Ande con «Mato Grosso». Tra 6 mesi sarà prete

«Vocazione, servizio e missione»: poche parole per descrivere Stefano Marchetti, classe 1972 ex bibliotecario e dal 2020 missionario in Bolivia. Domani alle 20.30 nella chiesa di Bolbeno c’è la «Veglia di preghiera» con don Mattia responsabile della pastorale giovanile, in preparazione all’evento del 27 aprile delle 15 nella chiesa di Tione dove Stefano Marchetti viene ordinato diacono con l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dall’Arcivescovo Lauro Tisi. Che precede l’ordinazione sacerdotale che riceverà entro l’anno nella sua terra di missione a Peñas, in pieno altipiano boliviano a quattromila metri di quota, alle pendici del Chachacomani nell’andina cordigliera Real. A Bolbeno vive la sorella Ilda che non nasconde l’emozione «Stefano è davvero una persona buona, instancabile, proteso anima e corpo verso gli altri. Non pensavo volesse diventare prete, ma così gli sembrava di essere più completo e di potere essere ancora più vicino alle persone».

Stefano Marchetti, ci racconta qualcosa di lei?
«Sono originario di Bolbeno dove ho vissuto fino al 2020. A Tione ho frequentato il liceo scientifico Da Vinci, nel 1997 ho conseguito la laurea in lettere moderne a Trento. Con l’abilitazione all’insegnamento ho fatto qualche breve supplenza. Dal 2002 al 2020 ho lavorato nelle biblioteche di Pinzolo, Tione, Mezzocorona, Pieve di Bono, Roncone e Condino, affiancando il mio impegno con Operazione Mato Grosso andando volontario in Perù, a San Luis nella regione di Ancash nel 2009/2010. Sono tornato in Giudicarie dopo quest’esperienza, avevo l’idea di ritornare in Perù per un tempo maggiore e vivere in missione. Sono rimasto a Bolbeno per assistere e accompagnare mia mamma anziana, mancata nel 2009. Mi è tornato il desiderio e la voglia di tornare in missione, il lavoro qui non mi interessava veramente e quindi ho fatto una scelta di vita definitiva a servizio di persone bisognose».

Ci racconta la sua storia vocazionale e il cammino verso l’ordinazione?
«La scelta del villaggio di Peñas in Bolivia è nata dal confronto con persone amiche e padre Antonio Zavatarelli (padre Topio) lì sacerdote. Lui a Pinzolo nell’estate 2019 fu insignito della Targa d’Argento del Premio Internazionale di Solidarietà Alpina, per il lavoro sull’altipiano boliviano per la promozione della cultura della montagna e la formazione di studenti legati a turismo e montagna. Nel 2021 – padre Antonio Zavatarelli originario di Menaggio (Como) e missionario da 14 anni in Bolivia e da padre Leonardo Giannelli che dopo 18 anni di Bolivia è rientrato nel 2022 nella sua Diocesi di Gubbio – mi fanno questa proposta: “Perché non provi a considerare l’idea del percorso sacerdotale?”. Ho accettato e trovato molta disponibilità nel Vescovo di El Alto monsignor Giovani Edgar Arana e nel Rettore del Seminario di La Paz, che hanno riconosciuto la parte filosofica nei miei studi universitari, permettendomi di concentrarmi sulla formazione pastorale. Per 5 semestri ho fatto lo studente pendolare continuando a vivere a Peñas la vita in parrocchia».

Diacono qui e sacerdote in Bolivia, come è nata l’idea?
«Avevo pensato che sarebbe stato bello essere ordinato diacono a Tione per venire incontro agli amici e sacerdote in Bolivia. L’estate scorsa ne ho parlato col vescovo Lauro e, quello che ci ha fatto convincere a fare questo passo è stata la sua apertura molto, molto bella. Ha condiviso molto il mio percorso e considera l’ordinazione diaconale una bella testimonianza per la Diocesi e la Chiesa. Non ci attendevamo così tanto entusiasmo e caloroe umano. Il 5 maggio riparto per la Bolivia (è arrivato domenica ndr) a Peñas dopo i 6 mesi canonici sarò ordinato sacerdote nella cattedrale di La Paz, Diocesi di El Alto. È una scelta di vita. La farò finché sarò in grado di restare a quella altezze».

Quali sono le priorità dell’Altipiano Boliviano?
«La Diocesi di El Alto è grande e sviluppata, ha la superficie della Lombardia. Nella città di di El Alto abitano 1,5 milioni di abitanti e, altre 300.000 persone vivono in comunità molto estese e poco popolose. Peñas ha 24 comunità sparse nella cordigliera delle Ande, i collegamenti sono disagiati e su strade in terra, io mi sposto perlopiù in macchina, ma quando la stagione delle piogge rende le strade impraticabili vado a piedi. In Bolivia tanti vivono in maniera dignitosa perché il costo della vita è basso, anche se ci sono situazioni con necessità materiali difficili. Tra le montagne della cordigliera delle Ande, 4.000-4.500 metri di quota, le famiglie vivono di pastorizia allevando lama e pecore, quelle più vicine alla città lavorano a giornata. Tutti vivono un equilibrio fragile, quando in famiglia qualcuno si ammala ed ha bisogno di cure, oppure muore, allora nascono i problemi».

E l’attività missionaria a chi è rivolta?
«Il mio lavoro e la mia attività pastorale vanno nel segno del servizio, della vicinanza e nell’ascolto delle persone che visito quotidianamente per capirne le esigenze materiali e spirituali. Personalmente vedo molto importante porre attenzione ai bambini, trascurati per le difficoltà di relazioni e affettività da parte di genitori che stanno fuori tutto il giorno per lavorare. Sta crescendo il problema delle persone anziane non più in grado di lavorare, alle quali dobbiamo attenzione, aiuto e vicinanza. Quindi la mia giornata tipo si divide tra servizi sul territorio, in parrocchia per costruire case per la gente e completare la nuova chiesa, cuore della vita comunitaria, inaugurata nel giugno 2021, visitare, accogliere, ascoltare ed essere vicino alle persone. Una cosa molto bella è l’arrivo in parrocchia di molti turisti attratti dalle montagne, tra questi ci sono persone che, seppur per tempi brevi, vengono a conoscere la nostra realtà e si mettono a disposizione per portare il loro aiuto».