Editoria
venerdì 10 Marzo, 2023
«Il pluralismo è l’unica risposta al monopolio di Athesia»
di Alberto Folgheraiter
Parla Maximilian Benedikter, presidente della Demos, la coop proprietaria del portale Salto.bz: «La causa di Athesia? C'entrano le prossime elezioni»

Un anestesista contro l’anestesia dell’informazione. È un medico anestesista rianimatore, infatti, Maximilian Benedikter (1975) il presidente della cooperativa Demos2.0 editrice del giornale online Salto.bz. Alla testata «liquida» è stata minacciata una richiesta danni di 150 mila euro «per danno di immagine» dall’editore altoatesino Michl Ebner e dalla sua casa editrice Athesia. In particolare, l’avvocato di Athesia sostiene che in 58 articoli pubblicati da Salto si è «travalicato un legittimo, equilibrato e corretto esercizio del diritto di critica».
Oltre che presidente della cooperativa, Maximilian Benedikter è stato anche tra i fondatori di Salto.bz (acronimo di Südtirol Alto Adige), il portale bilingue online che giusto in questi giorni celebra dieci anni di attività. Nato a Bolzano in una famiglia bilingue, è sposato con una collega, medico pure lei, e ha due figli i quali parlano quattro lingue perché «nella mia famiglia vige una regola: chiunque parla nella lingua in cui vuole. Contemporaneamente cerchiamo di trasmettere ai nostri figli quanto è bello parlare e pensare in più lingue».
Oltre a fare il medico, in provincia di Bolzano Benedikter (che si è laureato a Bologna, ha conseguito la specialità a Padova) si occupa di cooperazione internazionale. In particolare ha fondato e prestato servizio sanitario nell’ambulatorio al quale ricorrono gli stranieri senza regolari documenti (i «sans papier»). Non ha alcuna tessera di partito: «Mi considero, dice, un attivista politico dei diritti umani, per la pace e contro l’emarginazione sociale».
Dottor Benedikter, perché dieci anni fa ha deciso di fondare Salto.bz?
«Abbiamo dato vita a Salto perché a quel tempo non c’era ancora alcun giornale online su questo mercato. C’era qualche sito minore la cui strategia era quella di dar fastidio al monopolista, farsi comperare e portare a casa dei quattrini».
E il vostro intento?
«Era quello di far partire una testata bilingue, che potesse avere una natura diversa e, in parte, critica rispetto alla natura dei poteri dominanti».
Chi furono i fondatori di Salto?
«Un gruppo di amici, di professionisti in vari settori, che sono riusciti a coinvolgere un altro gruppo di amici che facevano i giornalisti. Privati cittadini che non avevano e non hanno alcun incarico pubblico o interesse ad averlo».
La fondazione di Salto è stato il primo atto?
«No, il gruppo di amici che ha fatto partire Salto aveva già operato nell’ambito della cooperazione internazionale. Tornati a casa ci siamo chiesti: come ci si può impegnare per una maggiore democrazia e una più ampia coscienza civile in questa terra di confine? Il campo dell’informazione andava arato con l’immissione di nuove piante per far crescere il pluralismo. E così abbiamo fatto».
Un sasso nello stagno, una scossa alla stagnazione?
«L’impegno civile c’era già nel nostro dna. Taluni di noi avevano ruotato attorno al mondo di Alex Langer e dei Verdi. Tuttavia non volevamo parlare solo a questo tipo di utenza. Non volevamo creare un prodotto di nicchia».
Come va interpretato l’assalto a Salto, la mossa di Ebner/Athesia nei vostri confronti?
«Va collegato, secondo me, con i tentativi di Athesia di influenzare prima le candidature e poi la campagna elettorale».
Pertanto c’entrerebbero le prossime elezioni d’autunno?
«C’entrano, eccome. Ma penso anche che il gruppo Athesia abbia una propria strategia. C’è chi è seguito dai giornali, chi invece viene costantemente oscurato. Per esempio, la campagna elettorale di Spagnolli (eletto senatore) è stata in buona misura oscurata».
E Salto che ruolo ha in tutto questo?
«Noi cerchiamo di illuminare angoli che, diversamente, resterebbero al buio. E a Ebner questo dà evidentemente fastidio. Una volta ci ha definiti “sotto la soglia di attenzione”».
Non più, par di capire…
«Con questa mossa ammette che non siamo più così insignificanti e stiamo interferendo in un settore che Athesia intende solo come monopolio. Per quanto riguarda l’opinione pubblica di lingua tedesca ma non solo».
Anche la formica può fare ombra all’elefante?
«Sì, e l’elefante ha risposto, mi pare, in modo scomposto».
La richiesta-danni per 150 mila euro da parte di Ebner/Athesia le ha tolto il sonno?
«No, mi ha fatto molto arrabbiare. Per fortuna in questo momento Salto gode di una situazione economica molto più solida rispetto a qualche anno fa. Perché anche noi percepiamo il finanziamento pubblico per l’editoria. Certo, che se dovessimo pagare, saremmo molto indeboliti».
Intimiditi o sopraffatti?
«Penso che la risposta e l’indignazione di così tante persone che hanno manifestato solidarietà a Salto ci consentano di non essere né intimoriti né sopraffatti. Noi siamo convinti che la scompostezza di questa azione è stata compresa. Per Salto è stata l’occasione di spiegare e far conoscere i motivi della propria esistenza».
Oltre trecento firme di solidarietà. Ve le aspettavate?
«Non ce le aspettavamo, nonostante siamo la terza piattaforma della provincia di Bolzano con 20-30 mila contatti al giorno. Ci sono tuttavia molte persone che hanno contratti con enti pubblici le quali, pur manifestando solidarietà a Salto, non hanno voluto, o potuto, firmare con nome e cognome. Per paura di ritorsioni. Perché qui il monopolio si difende con i denti».
Oltre che grave è anche amaro.
“Certo, questa è la distorsione del mercato che Salto cerca con fatica di far saltare. Ed è un problema che riguarda anche i trentini».
E adesso che cosa farete?
«Cercheremo di tenere alta l’attenzione e continueremo a informare l’opinione pubblica, come abbiamo sempre fatto».
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