Società
giovedì 18 Dicembre, 2025
Il mondo del volontariato risponde all’appello del vescovo Lauro Tisi: «L’emergenza sociale va affrontata: noi siamo pronti a fare rete»
di Manuela Crepaz
Dopo l'intervista al T, la risposta di Casagranda, Komatz, Robol: «Prendere a cuore gli ultimi»
Un tavolo per ripartire dagli ultimi. È questa una delle proposte emerse ieri nella lunga intervista che il direttore Simone Casalini ha realizzato per il T quotidiano al vescovo di Trento Lauro Tisi. Un confronto aperto, che ha toccato temi sociali e civili, nel quale l’arcivescovo ha indicato con chiarezza una direzione: creare uno spazio stabile di dialogo tra Caritas, mondo del volontariato e amministrazioni locali.
«Perché questi sono i soggetti che si stanno caricando sulle spalle le persone affaticate, gli ultimi. Dobbiamo rovesciare il paradigma e costruire una società che riparta dalle fragilità, dalle disuguaglianze. Uno spazio in cui non conta il religioso o il laico, ma le esigenze delle persone. E sarebbe un luogo di confronto dove innestare anche la questione democratica e partecipativa», ha spiegato Tisi. Un commento che ha smosso una riflessione nel mondo volontaristico trentino. A partire da Giorgio Casagranda (Trentino Solidale): «Mi sembra una proposta intelligente, che risponde anche al bisogno di rafforzarsi facendo rete. La sperimentiamo un po’ dappertutto, ma in particolare nel mondo del volontariato — spiega— se si uniscono le forze si riescono a soddisfare più bisogni e probabilmente anche a individuarli meglio. Ormai ognuno si occupa di settori specifici, invece dobbiamo guardare insieme. Certo, è una cosa difficile, ma come sempre bisogna iniziare: poi il resto viene di conseguenza e ciò che sembra complicato, col tempo, diventa meno difficile da affrontare».
Articolata e problematica la riflessione di Massimo Komatz, coordinatore generale di Villa Sant’Ignazio, cooperativa di solidarietà sociale, che invita a non ridurre il tema a una semplice sommatoria di soggetti. «Il richiamo forte del vescovo è quello di non pensare all’interno del proprio mondo, ma di aprirlo — dice— Le istituzioni non sempre riescono a leggere alcune dinamiche sociali; allo stesso modo, volontariato e lavoro sociale rischiano una visione parziale. Per questo dobbiamo uscire dai nostri confini e condividere una visione dell’uomo e della società. Se non riconosciamo davvero che tutti hanno gli stessi diritti fondamentali, il rischio è dichiararlo a parole e non praticarlo nei fatti». Komatz mette in guardia anche dalla politicizzazione dei servizi sociali. «Una società con meno disuguaglianze non è solo più giusta, ma cresce di più. Alcuni valori non sono di destra o di sinistra. Le istituzioni hanno una componente tecnica importante, ma negli ultimi anni quella politica entra spesso in modo eccessivo, condizionando servizi che non dovrebbero esserlo — continua— Non penso solo ai migranti: su molti temi della marginalità il dibattito è mediatico ed elettoralistico, dominato dal qui e ora, invece che politico e sociale». Per Komatz, il tavolo evocato dal vescovo non è dunque una soluzione pronta, ma un invito a riaprire uno spazio di responsabilità condivisa, in cui società civile e istituzioni tornino a interrogarsi sul modello di comunità che vogliono costruire, partendo dalle persone e dai bisogni più fragili.
A dare una lettura ulteriore della proposta è Stefano Robol, co-fondatore del «Bic del sociale» di Rovereto, esperienza che mette in rete volontariato, privato sociale, imprese e istituzioni per rispondere in modo innovativo ai bisogni emergenti delle comunità. Un modello che, secondo Robol, intercetta il senso più profondo dell’appello di Tisi. «Rispetto a chi ha bisogno, non c’entra essere laici o religiosi— dichiara— C’entra quello che noi, nel Bic, chiamiamo il capitale relazionale della nostra comunità, delle persone che vivono qui. Perché è nelle relazioni che riusciamo a sviluppare risposte, anche nelle relazioni di aiuto tra chi è più fortunato e chi lo è meno. Non è solo un problema di soldi: entrano in gioco anche il fisico, la salute, tante situazioni diverse».
La collaborazione diventa ancora più necessaria di fronte ai cambiamenti rapidi che attraversano la società. «Le diverse realtà fanno sempre più fatica a adeguarsi a trasformazioni molto veloci, che oggi sono accelerate anche dai cambiamenti globali e dall’intelligenza artificiale. Questo mette sotto pressione le strutture tradizionali e rende indispensabile una collaborazione forte tra pubblico, privato e sociale». Infine, Robol riconosce al vescovo Tisi una capacità di sguardo che va oltre il ruolo istituzionale. «È una figura particolare perché riesce ad andare oltre la dimensione religiosa. Guarda prima di tutto alle persone e alle loro esigenze. Questo gli fa onore, perché mette al centro la realtà concreta».
L'intervista
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