l'intervista
mercoledì 8 Ottobre, 2025
Il biologo evoluzionista Moro Mauretto: «I cugini di Ötzi? Potrebbero essere in Sardegna. Gli italiani veri non esistono»
di Davide Orsato
L'esperto e autore che affronta il tema delle origini degli abitanti del nostro Paese: «La traccia genetica dei roman? È un mito: ha fatto la differenza solo in Corsica»
Ötzi, la mummia ritrovata nel 1991 sul ghiacciaio del Similaun, è destinata a rimanere orfana. Un unico, conservata dal gelo delle Alpi: resta il corpo, ma non il patrimonio genetico, con tutta probabilità irreversibilmente scomparso. Lo testimonia uno studio di Nature, che ha provato come non ci sia nessuna prossimità tra il suo genoma e quello ricavato dai resti di 47 individui provenienti da 17 siti archeologici del Trentino Alto Adige. Ma, se invece di cercare i fratelli di Ötzi, ci accontentassimo dei cugini, molto alla lontana, forse qualcuno troveremmo… ma non in Alto Adige. Né in Trentino, né nel resto del Nord Est. Bisognerebbe arrivare fino in Sardegna. È la tesi di Giacomo Moro Mauretto, biologo evoluzionista, divulgatore con il popolare canale YouTube «Entropy for Life». Moro Mauretto è anche l’autore di «Italiani veri» (Mondadori), un libro con cui, con estrema chiarezza, ma senza rinunciare all’ironia, affronta il tema delle origini degli abitanti del nostro Paese.
«Italiani veri» è un titolo che suona quasi provocatorio. Quanto ha senso parlare di italiani?
«La verità è che la maggior parte dei popoli europei sono uguali. Non hanno nulla che li divida. Ci sono solo i confini, tracciati dagli uomini, a fare la differenza. Ma se guardiamo da un punto di vista genetico non c’è nulla di eccezionalmente diverso, ma una continuità. Persino quelle che consideriamo barriere difficilmente valicabili, in realtà sono state superate già nella preistoria. Le Alpi, l’Adriatico… oggi un abitante di Udine è più prossimo a uno di Lubiana che non a uno di Catania. E i liguri sono più vicini ai nizzardi che ai marchigiani».
Poi ci sono i sardi, come ripete spesso nel suo libro.«Ecco, quella è l’unica popolazione che esce veramente dal continuum italiano. Lo hanno dimostrato già gli studi di Luigi Luca Cavalli Sforza, lo hanno ulteriormente provato le ricerche di Svante Pääbo, lo studioso svedese che ha inventato la paleogenetica: gli attuali abitanti della Sardegna sono più vicini ai Greci… ma non quelli di oggi, quelli di 2500 anni fa. E, in generale, agli abitanti del Mediterraneo di quei tempi».
Nei suoi video si spinge oltre, ipotizza che non si siano mescolati per un fattore culturale…
«È un’ipotesi… il fatto è che sappiamo che in Sardegna sono arrivati i punici, poi i romani, e con loro dovrebbe essere arrivato anche il Dna “indoeuropeo”, cioè quello dei pastori delle steppe, che tanto ha dato al resto d’Europa. E invece non è successo. È possibile che ci sia stato qualche elemento culturale a impedirlo: forse anche religioso».
Parliamo delle Alpi… e del Trentino. Quest’estate, a Ledro, ha presentato le ultime novità sul popolo delle palafitte, uno studio condotto dal Muse. Qual è l’interesse di questo sito?
«Tutta l’età del bronzo è straordinaria. È un periodo per certi versi assurdo: non c’era la scrittura, che appariva al tempo in Mesopotamia, ma nel nostro territorio fiorivano civiltà avanzate e stravaganti… di cui non si sa nulla. Ledro è un esempio di questo: una piccola città costruita su palafitte, su cui si sviluppava una società in cui c’erano fabbri, allevatori di cavalli, agricoltori. Nello stesso periodo, in pianura, fiorivano le terramare: città create su isole “artificiali”. Facciamo ancora fatica a renderci conto di queste peculiarità».
E Ötzi? È davvero così eccezionale?
«A fare la differenza è lo stato di conservazione, che ha permesso un’accurata indagine non solo dal punto di vista genetico. La mummia del Similaun ci conferma la storia delle Alpi per come la conosciamo. All’epoca di Ötzi quest’area era abitata solo dai primi agricoltori di origine anatolica, a cui si sono aggiunte poi le componenti dei nomadi delle steppe e dei cacciatori – raccoglitori europei, che erano rimasti più a nord. Per questo motivo, Ötzi è più vicino ai sardi di qualsiasi altra popolazione che abita la penisola italiana».
Siamo abituati a pensare che la storia d’Italia inizi con i romani. Ma questo passato ha lasciato una traccia genetica sugli italiani?
«Solo in modo marginale. Con l’eccezione della Corsica, dove la popolazione è cambiata proprio durante questo periodo. La cosa curiosa è che siamo abituati a pensarci in continuità con loro. Ma se guardiamo alla vita di ogni giorno, è cambiato tutto. Nessuno oggi mangia ghiri, che all’epoca erano una squisitezza. E quasi tutti mangiano carne di pollo, che allora era un alimento esotico quanto il sushi».
Siamo in pieno inverno demografico. Gli «italiani» rischiano l’estinzione?
«Al di là della definizione di “italiani”, bisogna guardare la matematica: ogni Paese che ha un indice sotto i due figli medi per donna, è destinato a un pesante ridimensionamento della popolazione, con tutte le conseguenze, anche economiche, del caso. Non è un problema solo italiano, ormai lo stesso tasso c’è in tutta l’Asia, esclusa l’India e pochi Paesi, e anche nell’Africa del Nord. Le differenze ormai sono minime».
Si dice che il Trentino-Alto Adige sia messo meglio di altre regioni italiane.
«Se si guardano i dati il numero dei figli per donna nella regione è di 1,4 figli per donna, contro una media italiana di 1,2. Ma dal punto di vista matematico questa è una differenza irrisoria, che non cancella il problema. Un problema di cui, personalmente, non vedo possibili soluzioni».