Cultura

lunedì 1 Settembre, 2025

Fero Valentini, l’uomo «selvatico» della val di Non si racconta in un libro: «Il miglior ristorante? È il bosco»

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In «Alchimista dei boschi», fresco di stampa, ha condensato decenni di esperienza da raccoglitore di erbe spontanee

È arrivato da pochi giorni nelle librerie di tutta Italia. Facile prevedere che diventerà un testo assai amato da chi ha a cuore la natura. Ancora più facile prevedere che il già popolare Ferruccio Valentini, Fèro per gli amici, òm dal bósch, l’uomo dei boschi, nato a Tuenno, tra le Dolomiti di Brenta, nel 1948, consoliderà una popolarità alla quale, va detto, guarda non sempre con piacere. Comunque sì, Fèro Valentini ha messo nero su bianco una vita secondo natura, come recita il sottotitolo di «Alchimista dei boschi», il suo primo libro (Ponte alle Grazie editore, 156 pagine, 16 euro). Il tutto accompagnato da 24 immagini, tratte da una ristampa anastatica dell’opera di Pietro Andrea Mattioli, un grande umanista, botanico e medico del Cinquecento. Senese di origine, per quasi un decennio residente in Val di Non. Il suo intento: sottrarre la medicina alle «tenebre infernali del medioevo» e condurla verso un nuovo splendore. «Non ho la stessa pretesa e ambizione del Mattioli, certo. Ma i suoi studi mi hanno affascinato e guidato verso nuove ricerche nell’ambito della fitoterapia. Secondo alcuni potrei addirittura essere la reincarnazione del Mattioli. Bah… una certa somiglianza forse c’è».

 

Vita selvatica
Di certo, il Mattioli non poteva aspirare a quel che è successo a Fèro: tre anni fa i The Pillow (Andrea Nonni e Alessandro Zattini) hanno realizzato un video, «L’uomo dei boschi che vive con le erbe che raccoglie». Fèro è riuscito a far passare alcuni dei messaggi che gli stavano a cuore, alcune delle sue conoscenze sulle erbe officinali e sulla paleobotanica. Quel video, ad oggi, è stato visto un milione e 200 mila volte. «Sul momento, confesso, mi sono un po’ spaventato».
Ora, invece, in 23 capitoli racconta la sua vita selvatica. Lui viene da una famiglia numerosa di contadini, allevatori e raccoglitori. Da anni ha abbandonato le comodità e le regole della vita come la si intende oggi. Ha lavorato in montagna: apicoltore, guardiacaccia, esperto di antiche stufe ollari, pastore, casaro, cacciatore (poi ha smesso…), scopritore di fossili. Ha lasciato, fin dall’infanzia, che fossero i boschi e le montagne a riempire le sue giornate, con le loro leggi, con i loro insegnamenti, a volte anche duri, ma che mai pongono limiti alla libertà e alla bellezza. «Sono un raccoglitore di erbe spontanee. Un lavoro, una vocazione più che altro, che ormai sembra perduta nei meandri del tempo, ma che nella Val di Non, è saldamente radicata nel sangue della gente, nelle tradizioni dei nostri antenati e, soprattutto, nel territorio stesso. Qui, la natura incontaminata ancora cerca di resistere e sopravvivere in simbiosi con l’essere umano che sa ascoltarla. Ci fornisce tutto il necessario».

 

Un supermarket tra gli alberi
Già. «Il supermercato del bosco» è il titolo di uno dei capitoli. Fèro Valentini racconta che da anni è proprio il bosco il suo supermercato. La natura gli fornisce tutto quello di cui ha bisogno. È uno scambio continuo quello tra lui e la terra. Raccogliendo erbe, piante, frutti, funghi, permette al suolo di mantenersi vivo e attivo. Alle colture spontanee di rinnovarsi, di crescere più forti e numerose l’anno successivo. «In cambio, la natura mi dà da vivere, da nutrirmi e da curarmi. Alcuni potranno pensare che sia una dieta monotona, per me è il miglior ristorante del mondo. Ci sono talmente tanti usi, ricette, sapori. Il bosco è il supermercato della natura, senza conservanti, senza surgelati, ma con i profumi, le storie, le particolarità di ogni singola pianta».

 

«Lasciare in pace la natura»
Fèro non tralascia certo, nelle pagine di «Alchimista dei boschi», le battaglie, gli scontri, le polemiche – specie attorno al «suo» lago di Tovel, amatissimo – con autorità varie, con chi in nome degli interessi economici e turistici mina quella ricchezza naturale cui lui è legato, da sempre. «A volte ho sentito qualcuno prendermi per un paladino dell’ecologia. Io voglio solo che la natura sia lasciata in pace. Si parla di salvare il mondo, che ipocrisia. È l’uomo che non potrà più vivere se non cambia il suo atteggiamento, non certo la natura. Senza di noi, la natura non solo continuerebbe la sua vita indisturbata, ma risorgerebbe, più rigogliosa che mai. Vedete, questo patrimonio, che è diventato tale proprio con lo scopo di preservarne la bellezza e l’autenticità, non ha fatto che rendere più ingordi i grandi proprietari e chi da loro trae profitto. Questo patrimonio è diventato terra di tutti, per nessuno di noi».
Certo, il rischio di diventare un personaggio eccentrico, folcloristico — paradossalmente: ad uso turistico — Fèro lo conosce bene. Però come non seguirlo quando ci invita ad andare nei boschi con lo spirito. Con il rispetto di quello che le terre selvagge sono e di chi le abita. «Non ci si può inoltrare in questi luoghi puri e portare la mentalità delle città. Bisogna dimenticarsi del lavoro, del telefono, delle strade segnate, persino del tempo. Il tempo è quello segnato dalle nuvole e dal silenzio. Solo così si può ascoltare la lunga storia che il bosco ha da raccontarci. Oggi non esiste quasi più la natura libera. Ci siamo impossessati di ogni pezzetto di terra e lo abbiamo rinchiuso in recinti. Siamo riusciti a imprigionare persino i boschi, oltre che noi stessi». L’alchimista i boschi vuole liberarli. Lo fa da una vita.