La storia
martedì 30 Settembre, 2025
Federico Fuser, maestro di sci e pasticcere. «Il mio panettone? È come una cima imbiancata di neve. Conta la condivisione, a tavola e in pista»
di Manuela Crepaz
La sua formazione è originale: laurea in Ingegneria a Trento e diploma in alta pasticceria a Treviso

Dalla neve al lievito madre: la vita di Federico Fuser, Federichino per gli amici, sembra scorrere su due binari solo in apparenza lontani. Originario di Treviso, è maestro di sci e pasticcere, ma anche ingegnere, telemarker, atleta, yogi. Abitando a San Martino di Castrozza da una vita, ha imparato fin da piccolo ad amare lo sport, la natura e le sue meraviglie: oggi vive la montagna con la stessa passione con cui accende il forno. La sua formazione è originale: laurea in Ingegneria a Trento e diploma in alta pasticceria a Treviso. Un bagaglio che oggi lo porta a stupire con il progetto Panettone di Fede (“Fede The Star Shaper”), lievitati artigianali che raccontano cura, qualità e un’energia contagiosa. Lo abbiamo incontrato per capire come riesce a intrecciare piste innevate e profumi di forno, scoprendo che le sue due passioni hanno molto più in comune di quanto sembri.
Sci e lievito: due mondi diversi Cosa la ispira di più quando passa dalla polvere di neve alla magia dell’impasto che cresce?
«Probabilmente la bellezza di stare in un contesto molto profumato. Il laboratorio è un luogo dove passo molto volentieri il mio tempo: ho cercato di renderlo un posto accogliente, perché sapevo che ci avrei trascorso tantissime ore. In più amo la musica, quindi avere la possibilità di lavorare in un contesto in cui creo qualcosa che mi piace — come i panettoni, con l’impasto che cresce — ascoltando la musica che amo e con delle bellissime finestre affacciate sulla natura… beh, questo mi ispira davvero tanto».
C’è un momento sulla pista da sci che le ha fatto pensare a un panettone perfetto? C’è un ricordo che collega queste due passioni?
«Un panettone potrebbe essere richiamato dalla vista di una cima imbiancata, soffice allo sguardo, come la neve fresca. Per me il panettone perfetto non è solo il risultato estetico, ma soprattutto ciò che riesce a trasmettere. I miei panettoni sono tutti frutto di uno stato di gioia contagiosa: il ricordo che mi lega di più è il chiacchierare di panettoni con i miei allievi o con i compagni di sci. Il panettone richiama emozioni, e poter condividerle è speciale. Capisci allora che il panettone perfetto è quello che emoziona: dipende dal mood con cui lo crei e, naturalmente, anche dalla qualità degli ingredienti, dalla loro storia e origine».
Se il suo panettone avesse un sapore che ricorda la montagna, quale ingrediente segreto o profumo ci mettereste dentro?
«Bella domanda. Per me il panettone richiama culturalmente l’inverno, anche se oggi viene apprezzato benissimo anche d’estate. Personalmente, però, lo lego alla stagione fredda: ci metterei dentro il profumo del gelo. Mi è capitato, facendo sci alpinismo all’alba, di respirare quell’aria così gelida e unica, che ha quasi un aroma tutto suo. Quanto al sapore, direi che il panettone è già buonissimo così com’è».
Quando ha iniziato a fare panettoni, pensava che avrebbe mai combinato l’arte della pasticceria con la sua vita da maestro di sci?
«La passione per i lievitati è nata da bambino: ricordo che a dieci anni già facevo qualche prova di panificazione nella cucina di casa. Poi, mentre studiavo all’università, ho deciso di frequentare le scuole serali professionali, spinto da questa grande passione. Intanto, pian piano, è cresciuto anche il lavoro di maestro di sci, quasi come se lo avessi sempre fatto, “da vite precedenti”. E così, un po’ alla volta, queste due strade si sono combinate quasi naturalmente».
Lo avrebbe mai pensato?
«Direi proprio di no: non l’ho mai immaginato. Le cose sono andate da sole, in modo fluido. Oggi sono davvero molto felice e grato alla vita per la fortuna di poter fare due lavori che amo profondamente».
C’è qualcosa che ha imparato sulle piste che le è servito nella cucina dei panettoni, o viceversa?
«Domanda particolare… Alla fine, che tu stia cuocendo un panettone o sciando, è sempre la vita: non importa dove sei, ma quello che fai. Se fai ciò che ti piace, inevitabilmente sei felice. Puoi trovarti in un posto bellissimo e fare qualcosa che non ti appassiona, e non essere felice; oppure essere in un luogo brutto, ma fare qualcosa che ami, e allora sì che sei felice. Sia lo sci sia i panettoni mi hanno insegnato proprio questo: non importa dove scii, l’importante è che scii; non importa dove fai i panettoni, l’importante è farli, e farli con gioia».
Se potesse offrire un panettone a uno dei suoi allievi dopo una giornata di sci, che tipo di panettone sarebbe e perché?
«Penso che, in base all’allievo, ci vorrebbe un panettone personalizzato. Non tanto per gli ingredienti o i sapori, ma per l’intenzione con cui lo dono. Ogni panettone ha un suo perché, una sua personalità, un suo stato d’animo. Come dicevo prima, i miei sono tutti prodotti in uno stato di gioia contagiosa, ma se nel regalarlo a qualcuno ci metto un’intenzione particolare, quell’enfasi passa nel dono stesso e viene trasmessa a chi lo riceve. Per questo credo che, in base all’allievo, cambierei l’enfasi del gesto, conoscendone la sensibilità».
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