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sabato 27 Aprile, 2024

Famiglie in difficoltà: 700 i nuclei seguiti in Trentino

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Tra separazioni e violenze, ecco il bilancio di Alfid

Tre gruppi di lavoro per un totale di 35 soggetti coinvolti in percorsi di cambiamento per uomini maltrattanti. A questi si aggiungono le 50 persone che hanno partecipato ai percorsi lo scorso anno. Aumentano le situazioni di difficoltà all’interno delle famiglie trentine e, allo stesso tempo, aumentano le richieste di aiuto. È questo il quadro che è emerso in settimana dall’ultima assemblea annuale di Alfid (Associazione laica famiglie in difficoltà), la onlus che dal 1982 si occupa di fornire servizi di consulenza e orientamento per le crisi familiari, dalla gestione delle separazioni fino alla genitorialità e alle problematiche legate alla violenza di genere. «Nel corso del 2023, Alfid ha lavorato con 700 nuclei familiari – ha spiegato la presidente Sandra Dorigotti – Si tratta di persone di tutti gli strati sociali e provenienze, oggi c’è una grande molteplicità di famiglie che si rivolgono a noi». Se, da un lato, sono ancora pochissime le famiglie arcobaleno, più incisivo è il dato relativo alle famiglie ricomposte, in cui uno o entrambi i membri di una coppia hanno alle spalle un precedente matrimonio con figli. Va detto che non tutte le famiglie che si rivolgono ad Alfid versano in situazioni di grave conflittualità, anzi queste costituiscono una minoranza, seppur consistente: «Circa due terzi dei nuclei incontrati sono costituiti da persone che non avevamo incontrato prima. Parte di queste coppie hanno situazioni meno pesanti, cui riescono a dare ordine nel corso di pochi colloqui. Il 10%, invece, presenta situazioni di difficoltà pesante» ha continuato Dorigotti. Oggi, la separazione non è più uno stigma sociale grande come lo era in passato e c’è una maggiore spinta verso la libertà individuale, tuttavia, la genitorialità rimane un tema che crea forti tensioni familiari. A tal proposito, accanto ai gruppi di lavoro con genitori separati, l’associazione ha proposto anche gruppi di parola per i bambini che possono confrontarsi con personale competente e con chi vive contesti simili al proprio. I percorsi più al centro dell’attenzione pubblica, però, sono quelli legati alla violenza di genere. «Noi lavoriamo con le donne ma anche con gli uomini maltrattanti – ha raccontato la presidente – Attualmente, proponiamo per lo più lavori a gruppo. Per ogni gruppo ci sono uno specialista uomo e una donna, formati su questo tema. Si svolgono percorsi della durata minima di dieci mesi con incontri settimanali. Il primo passaggio è il riconoscimento della violenza agita, poi si passa al senso di responsabilità e all’acquisizione di qualche metodo per allentare momenti di tensione». Alfid è stato uno dei primi centri a gestire questo servizio insieme a Fondazione Famiglia Materna. In questo tipo di progetto le vittime sono presenti con percorsi paralleli, i quali prevedono una periodica verifica del fatto che non stiano avvenendo nuovi episodi di violenza. Ai percorsi di cambiamento partecipano sia uomini che hanno pendenze giudiziari che uomini senza precedenti di tal natura, persone che hanno già agito violenza o che si sentono portatori di violenze. L’ottica principale è quella di protezione delle donne abbinata ad una rieducazione dei soggetti maltrattanti. «Aldilà dei numeri, porta soddisfazione vedere che questi percorsi stiano funzionando, non si passa dal giorno alla notte, ma il lavoro di riconoscimento in sé costituisce la base del cambiamento possibile», chiosa Dorigotti. Di recente, inoltre sono stati aperti un nuovo centro e una seconda casa rifugio a Rovereto, oltre a due sportelli a Cles e Cavalese, già operativi da inizio marzo. Il cambiamento, però passa anche dalla sensibilizzazione e dal lavoro congiunto con scuole e Università, con percorsi formativi che negli ultimi anni hanno coinvolto oltre 200 studenti. Apprezzata anche l’attenzione al linguaggio e l’uso del femminile sovraesteso in ambito universitario: «I centri antiviolenza sono nati dalla consapevolezza delle donne sulle disparità di genere, anche relativamente a modelli inconsapevoli. Essere più consapevoli delle radici profonde del problema è utile e l’uso di un linguaggio meno segnato in senso maschile può portare benefici. Positivo è anche il fatto che i giovani padri desiderino un rapporto più ravvicinato con i propri figli», il commento. Infine, una battuta sulla necessità di un cambio normativo nel terzo settore: «Siamo in attesa di una direttiva europea che renda più flessibili i margini di bilancio. I comuni ci chiedono di organizzare incontri formativi per cui impegniamo risorse ma non possiamo essere pagati».