L'inchiesta

venerdì 8 Marzo, 2024

Economia, solo il 17% dei vertici d’impresa in mano a una donna. Più preparate, ma la carriera non decolla e sono pagate 9.400 euro in meno

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Mediamente l'occupazione femminile è retribuita il 15% in meno di quella maschile. Nel mondo della finanza sale al 26%

Rappresentano il 51,9% della platea di laureati all’Università di Trento, eppure le donne sono ancora fortemente sottorappresentate nei processi decisionali in ambito economico. Ai massimi livelli delle società di capitale trentine, a prescindere dalla loro natura giuridica, lo spazio che occupano è un quinto di quello degli uomini. Amministratrici delegate, amministratrici uniche, consigliere, presidenti dei consigli di amministrazioni ricoprono solo il 17% delle cariche a disposizione nelle società trentine. Per raggiungere gli standard tracciati dall’Unione Europea per le sole società quotate – e cioè la presenza di donne almeno nel 33% di tutti i posti di vertice – nelle imprese trentine dovrebbero cambiare 3.000 posti.

Il divario ai vertici
Il registro imprese della Camera di commercio di Trento riporta che nel 2023 negli organi di amministrazione delle società di capitale trentine sedevano 3.691 donne e 17.262 uomini (il dato è aggiornato a settembre, ndr). Se si prende in considerazione lo spaccato delle società per azioni, le donne nei ruoli di indirizzo erano 261 e gli uomini 1.293; nelle Spa con socio unico, il rapporto era di 39 a 237; nelle società a responsabilità limitata 2.733 rispetto a 13.354. La situazione non è uguale a dieci anni fa. Nel 2013, su 16.784 posizioni negli organi di amministrazione delle società di capitale, solo 2.612 erano donne (il 15,5%). Significa che in un decennio circa 1.000 donne in più hanno raggiunto ruoli apicali nell’amministrazione delle società.

La fotografia generale
In Trentino il tasso di occupazione delle donne è del 65%. Nella maggior parte dei casi le lavoratrici hanno un contratto part-time (il 53,3% nel settore privato). Una condizione che contribuisce a marcare una differenza salariale rispetto ai colleghi uomini: i dati Inps dicono che nel settore privato, in provincia, il divario retributivo medio ammonta a 9.464 euro all’anno. Un gap che si traduce nelle pensioni in una differenza di ben 770 euro al mese. Un altro dato riguarda le imprese femminili attive a fine 2023. In Trentino erano 8.623, il 18,5% del totale delle iniziative economiche della provincia. Il divario di genere si ramifica in diversi aspetti della vita lavorativa e non. Non è un caso che il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum stimi che manchino 131 anni per colmare il divario di genere.

Il Gender Pay Gap
Un’ulteriore conferma del divario di genere nel mondo del lavoro arriva
dalla fotografia fornita dall’Osservatorio statistico sui lavoratori dipendenti dell’Inps rielaborati dall’Ispat (Istituto di statistica della Provincia autonoma di Trento) sul Gender Pay Gap. Si tratta di un indicatore che misura le differenze salariali tra uomo e donna e viene usato per il confronto.
In Trentino le donne guadagnano il 15,7% in meno rispetto agli uomini. Dal confronto con la situazione in altri territori, emerge che la provincia è messa meglio del Nord Est, ma peggio della media Italiana. Emerge anche che il Gender pay gap è più alto dove il tasso di occupazione femminile è maggiore. In provincia di Trento il tasso di occupazione delle donne è del 63,5% e presenta un differenziale contributivo elevato.

I settori
Un’altra variazione del gap è che oscilla nelle percentuali se si osservano lavoratori e lavoratrici impiegati a tempo parziale o pieno; nel primo caso il gap risulta del 10,1%, di oltre cinque punti percentuali in meno rispetto ai secondi. Per quanto riguarda i settori d’impiego, dove l’analisi si è concentrata solo su lavoratori e lavoratrici a tempo pieno, il differenziale retributivo è risultato quasi costantemente a favore della componente maschile. Le poche eccezioni riguardano quei settori dove l’impiego di donne è piuttosto contenuto, come nel mondo delle costruzioni. La distanza tra uomo e donna, nei salari percepiti, diminuisce nei settori meno retribuiti: nel comparto dei servizi di alloggio e ristorazione il Gender pay gap è del 13,8%. In opposizione totale ai settori dove i salari sono più elevati: nel mondo delle attività finanziare e assicurative il differenziale è pari al 26,5%. La forbice si allarga con l’età, le retribuzioni giornaliere medie delle lavoratrici non vedono un aumento sostanzioso con l’aumento di questo dato, mentre quelle dei lavoratori hanno una progressione evidente. Altre differenze sono state evidenziate analizzando la tipologia contrattuale di impiego: tra i lavoratori e le lavoratrici a tempo indeterminato il gap è del 14,1%, tra chi ha un lavoro stagionale il divario è del 15,2%, mentre tra chi ha un contratto a tempo determinato la differenza retributiva arriva quasi a dimezzarsi, toccando l’8,5%. L’analisi di Ispat è poi andata a sondare le qualifiche professionali, dall’analisi sono esclusi apprendisti, oltre che lavoratori e lavoratrici con qualifica indefinita, qui è emerso un gap abbastanza in linea: del 18,6% per gli operai, del 20,7% per gli impiegati e del 19% per i dirigenti. I quadri, invece, presentano un differenziale salariale relativamente più contenuto: 13,1%.

Nel confronto con gli altri territori, Ispat precisa che Eurostat fornisce il dato del Gender pay gap per i Paesi dell’Unione europea con riferimento alla retribuzione lorda oraria dell’insieme dei lavoratori, indipendentemente dal tempo lavorato. «L’indicatore, che per il 2022 è stimato al 12,7% in Ue, fa riferimento ai soli lavoratori delle imprese con più di 10 addetti – si legge nel report – Anche Istat a livello nazionale calcola un differenziale retributivo per genere utilizzando come dato di partenza il compenso per ora lavorata. Tale valore si attesta per il 2022 al 4,3%». Da qui, spiegano sempre dall’Istituto, la dimensione del gap statisticamente aumenta nel passaggio dalla retribuzione oraria a quella giornaliera e risulta massima se riferita a quella annua.