la storia

venerdì 5 Aprile, 2024

Da perito chimico ad agricoltore 100% bio, Michele Giacomelli: «I campi per me tradizione e passione»

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Il giovane a Vigolo Vattaro ha trasformato la stalla del nonno in laboratori: produce composte, succhi, salse, pasta

Una storia in cui gli ingredienti fondamentali sono tre, ben amalgamati: tradizione, passione, tenacia. A mescolarli e dosarli sapientemente è Michele Giacomelli. Qui a Vigolo Vattaro è un «enfant du pays». Nonno allevatore, papà agricoltore e lui ha scelto di fare il contadino biologico 100% e ora il trasformatore di materia prima in prodotti conservieri. A Pasquetta ha inaugurato il suo laboratorio nuovo di zecca. La sua azienda si chiama Alp Berries («piccoli frutti», in inglese).
Michele, ci racconta in breve la sua formazione?
«Sono un classe 1996 e mi sono diplomato perito chimico alle Iti Buonarroti di Trento. Poi ho fatto il corso biennale a San Michele di avviamento per aspiranti agricoltori. Ho alle spalle un nonno che aveva una stalla, chiusa per i problemi legati alle quote latte, e un papà che fa agricoltura tradizionale, curando un vivaio di piante per piccoli frutti».
Non è scontato ereditare la professione dai genitori e magari innovarla. In lei cos’è scattato?
«La consapevolezza che l’agricoltura è tradizione. Ci ho aggiunto la mia passione e la gioia nel prendermi cura del territorio in cui sono nato e vivo, coltivando la terra».
Quanti ettari lavora?
«A cereali circa 5 ettari. Sono terreni in affitto, che prima erano prati dedicati allo sfalcio. E le serre di piccoli frutti».
Cominciamo dai cereali. Cosa coltiva?
«Grani antichi: orzo, grano saraceno, mais, orzo, segale, avena, farro. Anche girasole e canapa. Nel nuovo laboratorio ho installato un mulino a pietra, comprato in Austria».
Frutti e ortaggi?
«Fragole, ribes bianco, nero e rosso, lamponi, more e mirtilli. Produco confetture, marmellate e composte. Extra e con diverse gradazioni zuccherine. Più una ventina di ortaggi, che finiscono in giardiniere, creme, sottolii.
Come commercializza?
«Ho rapporti con ristoranti e agriturismi della zona e fuori. Sto prendendo contatti con un agente fuori Trentino e frequento fiere di Coldiretti e in futuro mercatini di Natale e specializzati. E punto molto sul turismo slow e sostenibile che sta prendendo piede qui sull’Altopiano».
Lavora da solo?
«Per la raccolta ho degli aiuti stagionali. Dopo il lavoro, mi danno una mano mia mamma, impiegata, mio papà, agricoltore, e mia sorella, che lavora in una struttura sanitaria».
Tempo libero, poco, immaginiamo…
«Vero. Ma ne vale la pena. Se ci credi, se fai ciò che ti piace, non pesa. E stringi i denti nei momenti più duri. A me piacciono tutte le stagioni e le attività legate alla stagionalità: semina, trebbiatura. L’unica cosa che mal sopporto è il caldo estivo».
Come è riuscito a concretizzare il sogno di avere dei laboratori propri di trasformazione?
«Grazie a un bando del Gal, il Gruppo di azione locale del Trentino Orientale».
Riassumendo, quali sono i nuovi laboratori che ha inaugurato lunedì scorso nell’ex stalla del nonno?
Innanzitutto il banco multifunzione per produrre nettari, succhi, sciroppi, pesti agrodolci, confetture. Poi il mulino a pietra: fa pochi giri, non riscalda, non ossida: le qualità nutrizionali si preservano. Il terzo è un laboratorio per fare pasta e biscotti. Un macchinario per impastare, la trafila in bronzo, l’essiccatoio: 35 ore a bassa temperatura. Infine uno spazio per la spremitura di semi oleosi, come quelli di canapa».